Capitolo I

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Quella sera, il chiasso per lui solitamente piacevole prodotto a cena dal suo equipaggio, era insopportabile.

Trafalgar Law aveva smesso di mangiare già a metà della prima portata, colto da un malessere che, nonostante le sue doti mediche, non sapeva bene a cosa fosse dovuto e non riusciva a definirne i sintomi.
Lo stomaco gli si era chiuso dopo un improvviso bruciore, di questo era sicuro e un senso di nausea era seguito alla momentanea incapacità dell'organo di accogliere e digerire il bolo alimentare.

Poi, un senso di claustrofobia gli aveva causato un leggero affanno, che abilmente aveva nascosto ai suoi nakama, non volendo farli distrarre dalla loro spensieratezza.
Ma proprio questa, origine del baccano che riempiva la sala da pranzo del loro sottomarino, gli stava martellando la testa, complicandogli ulteriormente l'analisi del proprio stato fisico che stava tentando di eseguire mentalmente.

Gli erano sfuggiti gemiti sofferenti, più e più volte, che aveva tentato di reprimere come meglio poteva.

Dal canto loro, gli Hearts avevano notato che il loro capitano non aveva toccato il secondo, di pollo e patate arrosto, ma non se n'erano preoccupati, abituati all'appetito inesistente di Law.
Solo qualcuno gli aveva consigliato di assaggiarne almeno un po', affinché seguisse un'alimentazione regolare e non casuale, come era solito fare, ma non ricevendo nemmeno uno sguardo di considerazione, oltre un mugolio non ben definito, aveva pensato che il loro dottore fosse immerso in una delle sue riflessioni infinite, ed era perciò tornato a chiacchierare con gli altri, rinunciando ad obbligare Trafalgar a mangiare.

La serenità dell'equipaggio era perdurata finché non avevano adocchiato Law, seduto a capotavola, prendersi la testa tra le mani, stringendosi i fini capelli neri, tanto da sembrar starseli strappando, come colto dalla disperazione.

Ed allora si erano resi conto che i versi soffocati che inconsciamente avevano udito e non considerato erano gemiti del loro Captain.

I più lontani erano scattati dalla sedia pronti a raggiungere quell'estremità della tavolata, che già era stata accerchiata dagli altri compagni, i quali tentavano di capire cosa fosse preso al loro adorato capitano.

Law non aveva retto all'ennesima fitta cerebrale ed il nuovo capogiro e se non fosse stato per il tavolo che gli sorreggeva i gomiti e conseguentemente il capo ed il busto, si sarebbe accasciato su se stesso.
Ogni rumore lo torturava ed ora anche il profumo della cena che stavano consumando lo disgustava.
La claustrofobia, inspiegabile, era sempre più opprimente e non lo rendeva più in grado di riempire totalmente i polmoni, nonostante gli alveoli sembrassero svuotarsi totalmente e collassare ad ogni espirazione tremante.

"Capitano?"

Finalmente aveva sentito i richiami dei propri nakama dopo aver percepito uno di loro accarezzargli i capelli, rendendosi conto di quanto gli si fossero avvicinati.

Aveva aperto lentamente gli occhi, che prima erano serrati e si era ritrovato a fare una smorfia di dolore all'aumentare della nausea e dello stordimento, causato dalla luce che andava nuovamente a colpirgli le pupille.

Aveva voltato il capo a sinistra ritrovandosi il viso corrucciato di Shachi a pochi centimetri dal proprio sofferente e spaesato.

"Law, cos'hai?" aveva domandato per l'ennesima volta il rosso leggermente sollevato dal fatto che ora, ne era certo, il suo capitano lo potesse sentire.

L'interpellato aveva dato una rapida occhiata attorno a sé, deglutendo per l'ottundimento e l'imbarazzo.
Aveva attirato l'attenzione di tutti i suoi amici e questi, difatti, l'avevano attorniato colti dalla preoccupazione.

Aveva atteso ancora qualche attimo prima di rispondere, cercando di riprendersi e quasi si era spaventato quando, effettivamente, il suo malessere era andato via via scemando rapidamente.

"Scusate, mi sono sentito male" si era reso conto di avere la voce piuttosto roca e gutturale.

Cogliendo il tempo passato che lui aveva usato per spiegarsi, Ikkaku aveva voluto interessarsi ulteriormente.
"Significa che adesso stai meglio?" si era inginocchiata accanto la sua sedia in velluto rosso, incrociando le braccia sopra il decorato bracciolo in mogano.

"Sì, mi è passato all'improvviso."

"Però hai gli occhi lucidi, Captain. Sei sicuro di star bene?" Penguin lo fissava intensamente, così come tutti gli altri.

Non voleva attivare i loro poteri da mamme chioccia, che già rivelavano nelle situazioni più banali, quindi aveva deciso di battere in ritirata.
Non intendeva nemmeno rovinar loro la serata e, sicuramente, andare a coricarsi nella propria cabina gli avrebbe giovato, almeno alla testa, mentre loro avrebbero potuto continuare a festeggiare chissà cosa.

"Andrò a riposare e domani vi romperò le palle come al solito, tranquilli."

Qualcuno aveva sorriso a quell'affermazione per poi riportare presto gli angoli della bocca nella loro posizione naturale.

Seppur la voce di Law fosse risultata più normale, a nessuno era sfuggito il tremore nei suoi arti mentre era intento ad alzarsi e poi dirigersi vero l'interno del loro sommergibile.

Trafalgar pareva aver percepito i sentimenti dei suoi nakama, ancora immobili attorno al suo posto, così si era fermato sull'uscio della cucina, voltandosi con un ghigno.

"Avanti, lo sapete che i miei linfociti sono delle checche. Sarà il solito raffreddore che mi mette K.O per una settimana."

Seppur qualcuno avesse voluto ribattere, che era proprio per la sua salute cagionevole che si preoccupavano tanto al minimo sintomo, si erano convinti delle parole del loro capitano, nonché dottore di bordo.

D'altronde era noto a tutti che le difese immunitarie di Trafalgar Law fossero rimaste destabilizzate dal Piombo Ambrato ed alla presenza del più debole germe si poteva scommettere la propria testa che lui l'avrebbe contratto.

Certo nessuno poteva immaginare che quella volta non si trattasse dell'influenza di turno, ma proprio della malattia che gli aveva inibito il sistema immunitario.

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