Capitolo XI

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Quando Trafalgar Law si era svegliato aveva quasi perso un battito nell'accorgersi che non sentiva più le gambe.
Poi si era dato del coglione e altrettanto aveva fatto nei confronti di Shachi, che col suo corpo gli aveva schiacciato i nervi degli arti inferiori per tutta la notte e quello era il motivo per cui non li percepiva più.
Si era districato dalla stretta dei fratelli ancora profondamente addormentati e appena libero aveva distintamente avvertito il sangue circolare nei propri polpacci e questi essere colti da un fastidioso formicolio vagamente doloroso.
Forse erano davvero un po' troppo cresciuti, loro tre, per poter giacere nello stesso letto avvinghiati in quel modo, ma nonostante tutto non se ne pentiva.
Era servito a rincuorarli vicendevolmente e poi a riscaldare il corpo di Law.
Il medico, infatti, per la prima volta dopo giorni sentiva di avere una temperatura corporea pressoché nella norma.
Scendendo dal materasso dopo aver scavalcato Penguin con un po' di difficoltà, si era accinto a raggiungere il proprio armadio per procurarsi almeno un paio di maglioni onde evitare di disperdere quel calore che quel giorno gli era stato gentilmente concesso da fratelli e malattia.

"Buongiorno, capitano!" La voce entusiasta di Bepo l'aveva colto alle spalle poco distante da lui.

"Buongiorno, Bepo." Law, leggermente sorpreso che il Visone non l'avesse ancora abbracciato, l'aveva raggiunto per le coccole mattutine senza tentennamento, conoscendo la propria cabina a memoria, supponendo che fosse ancora sdraiato ai piedi del proprio letto.
Effettivamente lì si trovava, ma, dopo che il giovane comandante l'aveva toccato e ancora l'orso non aveva mosso un muscolo, Law gli aveva passato le mani sul viso e aveva teso l'orecchio, sospettando di un fatto.
E questo si era rivelato fondato, giacché si era reso conto che il proprio navigatore era ancora tra le braccia di Morfeo, tanto da star leggermente russando.

Il chirurgo non aveva saputo se ridere o scuotere il capo a quella constatazione. Tra tutti i visoni di Zou lui si era certamente accaparrato il più insolito, ne era certo. D'altronde sospettava che non fosse abilità comune dei Mink dormire in maniera senziente o, per essere più precisi, essere affetti da una forma di sonnambulismo che permetteva una comunicazione logica e razionale durante il sonno.

Law si era rimesso in piedi.
Non aveva idea di che ore fossero, ma se i suoi fratelli stavano ancora dormendo doveva essere non più tardi della mattina, poiché anche se stanchi, si premuravano sempre di essere attivi e produttivi molto prima di mezzogiorno.

Si era diretto verso la porta, inciampando in una delle pigne di libri sul pavimento, che risultavano essere l'unico vero e ignoto ostacolo alla sua cieca camminata. Di fatti non erano oggetti fissi di cui avrebbe potuto rammentare la posizione, ma si muovevano sul suolo della sua stanza in base ai suoi frenetici ragionamenti e alle sue ricerche, nonostante fosse un mistero come arrivassero sul pavimento dalla sua scrivania o dal suo letto.
Mentre imprecava sottovoce una maledizione contro a se stesso, poiché era colpa sua se aveva appena pestato il povero mignolo del piede contro quella sbilanciata torre di conoscenza, si era chiesto in che stato versasse la sua cabina.
Sperava non risultasse troppo disastrata e, seppur in disordine, avesse una parvenza di eleganza, perché giusto la sera prima aveva ospitato nientemeno che Sengoku il Buddha e non voleva aver fatto brutta figura.
Certo ora il vecchio marine era il suo nonnino, per quanto ancora dovessero entrambi abituarsi a quel nuovo rapporto e l'utilizzo di quell'appellativo era perlopiù ironico, ma accogliere il soldato in una discarica era l'ultimo dei desideri di Law.
D'altronde, sebbene amasse poggiare i piedi sulla tavola mentre era seduto e rivolgesse il dito medio alla gente come fosse un saluto, si reputava un uomo piuttosto raffinato e ci teneva al giudizio altrui sotto questo punto di vista.

Si era appuntato mentalmente di mettere a posto la propria stanza nell'eventualità in cui ce ne fosse stato bisogno, conscio di non potersi dedicare a molte altre attività nel proprio stato di salute, mentre si recava verso la sala ricreativa.
Quando con le dita aveva percepito che la parete che stava tastando non era più di freddo metallo, ma era costituita da un legno liscio e massiccio, aveva capito di essere giunto a destinazione.

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