Capitolo 1

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Alzarsi la mattina era una vera tortura e Alex non sapeva come facesse sua madre ad essere già sveglia e pimpante alle sei. Lui alle otto meno un quarto sembrava un morto vivente che andava in cerca di cervelli. Nemmeno il suo cornetto alla nutella riusciva a farlo svegliare un po'.

Alex finì la colazione in fretta e furie e mettendosi la giacca militare uscì di casa non prima di aver urlato un ciao alla madre. La sua fortuna era quella di abitare vicino scuola così poteva svegliarsi tranquillamente tardi, ma era anche una sfortuna perché doveva andarci a piedi, ed era una delle cose che odiava di più visto che ancora mezzo addormentato rischiava di essere investito più volte dalle macchine. Per fortuna riuscì ad arrivare in classe sano e salvo. Si sedette al solito posto e guardò confuso il banco affianco al suo. Xavier di solito era uno dei primi ad arrivare a scuola. Allora perché non c'era? Guardò anche davanti a se e notò con dispiacere che mancava anche Aline. Che fine avevano fatto quei due? Non potevano di certo lasciarlo da solo per l'intera giornata! Non era mai capitato che nessuno dei due non si presentasse a scuole. DI solito quando uno dei due gemelli stava male l'altro andava lo stesso a scuola. Possibile che fossero entrambi ammalati? Oppure avevano deciso di saltare scuola e non l'avevano avvisato? Impossibile! Quei due non avrebbero mai saltato scuola per una stupidaggine. I pensieri di Alex furono bloccati dall'ingresso in aula del professore che iniziò a spiegare. Dei gemelli niente.

Alex vide entrare i due ragazzi alla terza ora e li guardò malissimo. Stavano entrambi benissimo. I due notarono subito il broncio del ragazzo e lo raggiunsero velocemente. Era l'ora della ricreazione quindi la maggior parte dei ragazzi era fuori a mangiare in santa pace. Aline si avvicinò ad Alex e gli lasciò un bacio sulla guancia per poi sedersi sul suo banco lasciando cadere a terra la borsa che usava come zaino. Xavier invece andò direttamente a sedersi al suo posto, cioè il banco vicino al muro, muro al quale il ragazzo si appoggiò per poi accavallare le gambe. Alex si prese un momento per guardare di nuovo i due ragazzi. Erano di una bellezza fuori dal normale, avevano entrambi i capelli neri che risaltavano sulla loro carnagione quasi olivastra e gli occhi più belli che Alex avesse mai visto. Erano un misto tra il viola, il verde, il celeste e il grigio. Alex si era innamorato di quegli occhi cangianti dalla prima volta che aveva visto i due ragazzi al suo secondo anno di liceo. Nonostante Aline lo avesse salutato con un bacio sulla guancia, cosa che non faceva spesso, era comunque arrabbiato con loro perché non l'avevano avvisato.

-cosa c'è Alex?- gli chiese Aline notando il suo sguardo truce.

-perché non mi avete avvisato?-

-perché è successo tutto all'ultimo secondo e siamo riusciti ad arrivare solo adesso, non prendertela con noi!- gli disse Xavier dandogli uno schiaffo sulla coscia facendo saltare Alex.

-XAV!- gridò infatti il rosso guardando male l'amico.

-che c'è?- chiese l'altro divertito. Amava far saltare in aria Alex schiaffeggiandolo, amava anche fargli il solletico, ma li non poteva visto che la ricreazione stava per finire e non voleva che Alex non gli rivolgesse la parola per il resto della giornata.

-lo sai che mi da fastidio quando lo fai- gli disse il rosso massaggiandosi la povera coscia che era piena di lividi per colpa del moro.

-siamo perdonati?- gli chiese Aline per cambiare argomento.

-si, si, ma la prossima volta avvisatemi è stato orribile stare senza di voi per due ore intere- rispose il ragazzo scivolando piano sulla sedia. Xavier lo guardò sorridendo e con l'intenzione di dargli un altro schiaffo sulla coscia, ma proprio in quel momento suonò la campanella con l'ingresso del professore della terza ora.

Per fortuna di Alex le successive due tre ore passarono velocemente grazie alla compagnia di Xavier e di Aline. Senza di loro si sentiva veramente perso. A fine lezione si ritrovarono tutti e tre nel cortile della scuola. Alex seduto sul muretto con difronte i due gemelli che erano entrambi molto più alti di lui.

-davvero non potete uscire?- chiese il rosso sconsolato. Era da quando erano diventati amici che chiedeva ai due ragazzi di uscire il pomeriggio o la sera, ma entrambi avevano sempre detto di no.

-Alex lo sai benissimo che i nostri genitori non ci permettono di uscire, non è colpa nostra te lo abbiamo detto come sono fatti- gli disse Aline.

-ma non potete nemmeno venire a casa mia?- chiese ancora Alex speranzoso.

-Alexander non insistere- fu l'unico commento di Xavier che guardò male il rosso che alla fine si arrese. Guardò l'orologio che aveva al polso e scese velocemente dal muretto. Doveva tornare a casa a cambiarsi se voleva arrivare in tempo.

-ci vediamo domani allora- disse salutando i due ragazzi e incamminandosi con aria triste verso casa. Era di nuovo arrabbiato con i gemelli. Sapeva che non era colpa loro, ma non sopportava il fatto di poterli vedere solo a scuola. Voleva stare con loro come tutti gli amici stavano insieme, cioè uscire, divertirsi e perché no cercare di far capire a quel testone di Xavier che provava qualcosa per lui. Ma il suo ultimo pensiero era qualcosa che doveva assolutamente rimanere segreto anche perché non sapeva se Xavier fosse gay, cosa che Alex sperava segretamente, e non voleva assolutamente rovinare la sua amicizia con i ragazzi.

Mentre apriva la porta di casa si accorse che la madre era già andata via e alzò gli occhi al cielo al pensiero della ramanzina che stava per arrivare non appena fosse entrato all'interno del palazzo. Corse velocemente in camera e si mise la divisa completamente marrone. Alex preferiva mille volte vestirsi con colori diverse, ma non poteva farci niente se le divise dei cacciatori di fate erano marrone scuro. Si perché Alex come sua madre Scarlett, sopranominata Diavolo rosso, e i suoi nonni erano cacciatori di fate. Alex non aveva mai avuto intenzione di diventare un cacciatore, anche perché a lui le fate erano sempre piaciute, ma i suoi nonni materni l'avevano praticamente costretto e lui non aveva potuto dire di no. Scarlett aveva cercato in tutti i modi di fare in modo che il figlio non entrasse a far parte di cacciatori, utilizzando anche l'allergia del ragazzo per la lavanda che era la componente principale delle armi contro le fate, ma non aveva ottenuto niente, solo che il figlio utilizzava armi diverse per non far attivare l'allergia. Secondo i cacciatori le fate erano esseri che dovevano assolutamente essere uccisi, anzi estinti dall'intero mondo. Alex non approvava per niente la loro scelta. Le fate non avevano mai fatto male a nessuno, e soprattutto gli uomini non dovevano uccidere quelle magnifiche creature solo perché invidiavano il loro potere. Si perché Alex ne era più che sicuro. I cacciatori avevano iniziato ad uccidere le fate solo perché invidiosi del loro enorme potere.

Alex riuscì miracolosamente ad arrivare al palazzo, un vecchio castello in disuso che era diventata la base dei cacciatori dopo che 19 anni prima delle fate avevano fatto saltare in aria la base principale, prima della mezz'ora di ritardo.

-Alexander sei in ritardo- era stato il capo della sua divisione a parlare e il ragazzo ingoiò un groppo alla gola.

-mi dispiace, mi sono trattenuto un po' di più a scuola- cercò di scusarsi il rosso grattandosi dietro la nuca.

-non farlo più e aiuta i tuoi amici nella ronda- Alex annuì e sistemandosi la cintura con due coltelli, che non voleva assolutamente usare, si avviò verso la torre più alta dove lo stavano aspettando i suoi compagni di ronda. Li odiava tutti, tutti tranne uno: John. John come lui non aveva alcune intenzione di uccidere le fate, ma lo faceva solo per avere un tetto sotto la testa visto che non aveva nessuno. Era solo due anni più piccolo di Alex, però erano alti uguali.

-Alex- fu proprio il ragazzo l'unico a salutarlo mentre gli altri lo guardavano storto. Nessuno lo aveva mai accettato li. Lo vedevano come qualcuno che aveva quel posto solo perché figlio del Diavolo rosso, cosa vera, ma ad Alex dava fastidio essere etichettato solo come il figlio di Scarlett. Anche lui aveva un nome. Molti per deriderlo lo chiamavano addirittura diavoletto, cosa che lo faceva andare su tutte le furie.

-iniziamo questa ronda o dobbiamo rimanere qui tutto il tempo?- chiese il ragazzo sospirando. Nessuno gli rispose, ma tutti iniziarono a scendere le scale.

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