cinque

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«Angie, sei in casa?» la chiamò Noa entrando nell'appartamento e lasciando cadere la borsa per terra. Non si tolse nemmeno le scarpe, i suoi sandali di cuoio ticchettarono sul pavimento mentre la voce di Angelika le rispondeva dalla cucina. La bionda la raggiunse, trovandola seduta a tavola con dei piatti comprati dal negozio vegano sotto casa.

«Non avevo voglia di cucinare.» si scusò la cugina, senza che Noa l'avesse incolpata di nulla. Lei di cucinare non ne era nemmeno capace, perciò fu felice di sedersi a tavola e servirsi. Angelika di quel che Noa aveva scoperto quel giorno non sapeva nulla, ma da come guardava la cugina comprendeva che qualcosa era successo.

«Ho trovato chi ha donato la lettera al museo - rispose la bionda senza che l'altra ponesse la domanda - Si chiama Anna Weinberg, più di questo non so.»

Angelika fu sorpresa da quella novità, tanto che rimase con un pezzo di pane stretto tra le labbra, dimenticandosi di continuare a masticare. «È grandioso! - esclamò - Potrebbe portarci direttamente alla persona che stiamo cercando.»

Noa annuì e un po' si rabbuiò. Non lo faceva apposta, quella maledetta paura l'attanagliava ogni volta che pensava a quando sarebbe arrivata alla fine, quando non ci sarebbe stato più niente da scoprire. Non le piaceva indagare, non le erano mai piaciuti i misteri ma si accorse che per quanto non volesse trovarsi avvolta da quella coltre di enigmi e segreti, non poteva far altro che continuare. E, se ci pensava, non solo il motivo che l'aveva spinta ad andare a Berlino era un mistero, ma la città stessa e... Ölle. Sì, lui era forse il mistero più irrisolvibile.

«Ce ne potrebbero essere a centinaia in tutta la Germania, di Anna Weinberg - sospirò Noa dopo aver deglutito - Forse non ci porterà a nulla.»

Angelika lasciò cadere le spalle, sconsolata dal comportamento della cugina. «Troveremo quella donna, Noa, non avvilirti ogni volta - la incoraggiò - Sicuramente qua in giro ci deve essere un elenco telefonico. Partiamo da Berlino, non fasciamoci la testa prima del tempo. Magari saremo fortunate e nel caso non la trovassimo possiamo sempre cercare in biblioteca, magari è presente in qualche memoria.»

Noa le sorrise e pensò che Angelika tra i libri si trovava bene, come un leone nella savana. Anche a Noa leggere piaceva, ma non poteva dire di avere la stessa passione della cugina. Finì quello che aveva nel piatto e allontanò di poco la sedia dal tavolo, senza però alzarsi; i suoi genitori le avevano insegnato che era d'obbligo aspettare che tutti avessero finito di mangiare, prima di potersene andare.

«Credi davvero che riusciremo a trovare quella persona, Angie?» domandò Noa, togliendosi finalmente le scarpe e rabbrividendo quando i suoi piedi nudi sfiorarono le piastrelle gelate del pavimento. Il sole stava tramontando e il cielo era di un forte arancione, che si andava a mescolare con un azzurro limpido. Angelika non rispose, si alzò e ripose i piatti nella lavastoviglie.

«Sai, è che sono preoccupata - continuò Noa con il suo monologo, senza che la cugina la interrompesse - La nonna non la prenderà bene, qualunque cosa sia. È come me, lei, non le piace che le si nascondano le cose. La mamma probabilmente se ne fregherà, non le è mai importato granché delle cose che contano per papà, ma la tua, di mamma? Tu ci hai pensato a tua madre, Angie? Perché lo sai com'è fatta anche lei, va subito in ansia per tutto. E tuo padre la segue a ruota, perché lo sai...»

«Lo so, Noa, lo so - la fermò Angelika - Ma tuo padre te l'ha detto, che se non te la sentivi potevi non partire.»

Noa aggrottò la fronte, infastidita da quelle parole. Si sentì in colpa, perché gliel'aveva promesso a suo padre di cercare, di continuare dove lui si era fermato. E ora Angelika glielo rinfacciava ed era il suo metodo per spronarla, ma questo Noa non lo capiva. Lei i sotterfugi non se li spiegava, era troppo ingenua.

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