Capitolo 26 di Dylan Foster

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In questo momento vorrei prendere i lembi delle coperte e tenderli verso il basso per raggiungere Violet e dirle che, se affrontate in due, le paure non sono implacabili. Sondo la sua espressione, le rughe d'espressione distese, il naso piccolo e il volto pulito, costernato da due occhi gonfi che restano meravigliosi perché simili a quelli di korai antiche. Sono ancora stupito dal fatto che si sia confidata perché per me non è mai stato semplice fidarmi di un semplicissimo conoscente, ma mi sento a posto con me stesso da quando ha trovato la forza per parlarmi a cuore aperto: è stato un gesto bellissimo che non ha prezzo; più ci penso e più divento matto perché, tra tutte le persone presenti nella sua vita, mai avrei pensato potessi essere io quello a cui avrebbe rivelato i suoi pensieri. Certo che non è stato affatto piacevole mandare giù ogni confessione su David e infatti mi sono sforzato con una difficoltà infinitesimale per evitare di esprimere tutto il mio disprezzo nei suoi confronti. Ascolto senza proferire parola perché quello che vorrei dirle già lo sa e non ha bisogno di qualcuno che glielo ripeta, quindi mi limito a stringere i denti per il suo bene, per il momento.

«Perché non parliamo?» le propongo ad un certo punto, fissando i capelli castani che le carezzano il collo e le ricadono sul seno; il suo petto non smette di vibrare ad ogni suo singolo respiro. Violet apre gli occhi in uno sfarfallio di ciglia e d'improvviso i vestiti mi stanno più stretti del solito. Mi perdo tra i pensieri mentre lei resta in silenzio e miliardi di parole mi s'incagliano nel cervello.

«Tanto non dormirò fino a quando non sarò sola» mi comunica, girandosi su un fianco e portandosi le gambe al petto, che poi cinge con le braccia. Tira su con il naso, evidentemente arrossato, e con le ciglia lunghissime, bagnate completamente.

«Allora passeremo la notte in bianco»

Lei alza appena il capo, mi guarda con cautela prima di sbottare con una calma impressionante: «Nessuno ti ha invitato a restare»

«Nessuno mi ha invitato ad entrare, in realtà. Eppure...»

«Fa' come vuoi, non mi importa più nulla» e si gira dall'altra parte, dandomi le spalle come una bambina capricciosa. Sospiro divertito e avvilito nello stesso tempo, prima di mettermi in piedi, recuperare l'ennesimo pacco di fazzoletti e passarglielo.

«Non mi sento bene» si asciuga il viso, che poi viene inondato nuovamente dalle lacrime. Più piange e più mi sento un fallito per non essere in grado di dirle ciò che dovrebbe sentirsi dire. Il problema è che è dannatamente difficile consolare qualcuno e tenere a bada la propria rabbia nello stesso tempo. «Devi lasciarlo» parlo d'un tratto, maledicendomi mentalmente subito dopo perché avrei fatto meglio a stare zitto. Mi aspetto una delle sue solite risposte, ma lei sembra comprendere la disperazione nelle mie parole. Annuisce, mi guarda negli occhi e poi rivela: «Lo a-amo...», con una sincerità che mi ammazza. Percepisco addosso una viscida sensazione di disadattamento che provo a cacciare via, senza ottenere alcun risultato. Gli occhi sono imbottigliati dalle sue parole che mi marchiano a fondo nell'anima come un ago infilato nella pelle. Non ho le forze per replicare altro e mi chiedo soltanto come faccia una ragazza così bella e intelligente ad amare un uomo che le spezza il cuore in due senza farsi alcun problema. I suoi passi felpati, o forse il suo profumo dolciastro, mi destano e i miei occhi la guardano trascinarsi nel bagno con le mani che non smettono di tremare. Aspetto che faccia girare la chiave nella toppa prima di avvicinarmi ad essa e restare in silenzio. Violet singhiozza sconsolatamente e ripete scioccamente qualche parola, perdendosi tra mille singulti che improvvisamente son coperti dallo scroscio dell'acqua. Lei non è nata ieri, ma io sia nato prima: mi abbasso e cerco di vedere dallo spioncino cosa sta succedendo. E' seduta sul bidet con la schiena inclinata e la testa poggiata sulle braccia, incrociate sulla lavatrice. I capelli le coprono il viso ed io scommetterei tutto l'oro del mondo che ha aperto la fontana per evitare che potessi ascoltare qualcosa.

Come mondi paralleliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora