Un metro sotto terra

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Mi ritrovai ad un metro sotto terra, in un Bunker fatiscente completamente tappezzato da pelli di animali di vario tipo appena scuoiati.

C'era una forte puzza di carne putrefatta e di morte.

Da ogni angolo di quella stanza cupa e fredda trasudavano solo morte, sangue e desolazione.

Iniziai a guardarmi affannosamente attorno, in cerca di una via di fuga da quella trappola infernale dove ero stato attirato con l'inganno.

Ad un tratto mi ritrovai a girovagare per l'intera superficie di quel posto macabro, quando all' improvviso andai a sbattere contro uno spigolo di metallo freddo come una lastra di ghiaccio e appuntito come la punta acuminata di un coltello da macellaio.

Mi trovai davanti ad un enorme bancone chirurgico dove erano sparpagliati un numero incalcolabile di strani oggetti di tortura, molti dei quali avevano strane forme irregolari e terrificanti tracce di sangue.

Ogni cosa in quel Bunker lasciava pensare che quello potesse essere una sorta di laboratorio segreto di un pazzo e maniaco conciatore di pelli animali.

Ad un certo punto sentii sbattere una porta in lontananza con rigorosa forza, quasi con astio.

Adesso non ero più solo.

C'era qualcun altro insieme a me.

Un brivido di terrore mi scosse e attraversò ogni singola particella del mio corpo.

Non sapevo più cosa fare e soprattutto non sapevo dove nascondermi.

Tremavo come una foglia.

All'improvviso iniziai a sentire anche il rumore di passi lenti e regolari, quasi come se fossero scanditi da un metronomo, che si facevano sempre più vicini.

Improvvisamente l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio su di me.

Liberata la testa da tutte le paure, le ansie e le insicurezze, riuscii finalmente a trovare una piccola botola che portava ad una piccola stanza buia e puzzolente, piena di moscerini e insetti di ogni genere.

Ero immerso nel buio più totale.

Quasi per istinto mi infilai la mano nella tasca del jeans grigio chiaro che indossavo, ormai incrostato di fango, e tirai faticosamente fuori il cellulare.

Accesi la torcia la quale illuminò parzialmente lo stanzino dove mi ero andato a rifugiare e quello che vidi fu a dir poco vomitevole.

Enormi carcasse umane, scuoiate e private della loro pelle, penzolavano appese al soffitto come carne da macello.

Allora capii la fine che mi aspettava.

Ben presto anche io avrei fatto compagnia a quelle carcasse deturpate e senza vita.

I passi si fecero sempre più veloci e vicini.

In pochi secondi la botola si spalancò e mi ritrovai faccia a faccia con quell'energumero di tre metri con occhi iniettati di sangue e un sorriso beffardo e compiaciuto sul volto.

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