5- La nuova casa

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Nella casa di Zio Kevin non c'erano molti posti per dormire quindi Georgie e il bambino non potevano starci. Arthur, ora che aveva incontrato Georgie, voleva passare con lei più tempo possibile così propose di tornare nella casa dove crebbero da piccoli.

-Davvero? Oh, grazie Arthur!- esclamò Georgie felice di poter passare del tempo insieme a lui e di avere qualcuno su cui contare.

-Arthur non ci sono problemi, però stai attento, ok?- gli consigliò lo zio Kevin.

Georgie in un primo momento non capì a cosa dovesse stare attento ma poi comprese e disse subito:- Zio Kevin, non preoccuparti. Ci penserò io. Da Londra ho portato anche medicine e tante altre cose, è in buone mani

-Di questo ne sono più che certo. Beh, allora andate ragazzi miei

Salutarono lo zio e il trio si incamminò a casa con il carro di Arthur.

Era diventata sera. Georgie teneva in braccio il piccolo Abel e lo copriva con una giacca.

-Siamo arrivati- fece notare Arthur.

Georgie alzò lo sguardo e guardò la casa che le stava davanti. Gli occhi diventarono lucidi e i ricordi le passarono davanti agli occhi nitidi e splendenti come una volta.

Arthur scese dal carro e porse la mano a Georgie per aiutarla.

-Prendi prima il bambino, Arthur

Arthur fece come gli era stato detto poggiando il bambino sul pavimento e poi aiutò Georgie a scendere.

-Arthur... mi sembra come ritornare indietro nel tempo... Questa casa... sbagliai quella volta, vero?

-Di che stai parlando?

-Dovevo ritornare a casa con te, Abel e la mamma, ma non l'ho fatto e sono partita all'insaputa di tutti

-Georgie, no. Era comprensibile come ti sentissi. La mamma ti aveva cacciata di casa gridandoti parole orribili e Abel ti aveva detto che voleva sposarti, poi tu pensavi a Lowell e volevi ritrovare tuo padre. Era normale, ma qualcuno non lo capii e come sempre fece l'egoista. Comunque Georgie.. ora entriamo dentro

Georgie prese in braccio il piccolo Abel e Arthur scaricò le valigie e le portò in casa. Quando Georgie aprì la porta questa cigolò. Arthur entrò e si affrettò a illuminare l'ambiente.

In quella casa niente era cambiato. Le tende verdi, la fornace, il tavolo, le porte. Tutta la casa di legno era rimasta come una volta, solo che c'era da fare ovviamente un po' di pulizie. Altri ricordi raffiorarono nelle loro menti quando aprirono le stanze da letto. Quella di Abel e Arthur, quella di Georgie e la camera con il letto matrimoniale dei genitori. Sembrava che quella casa accogliente li stesse aspettando da anni.

-È tutto così familiare. Mi piacerà stare qui, come una volta

-Già- affermò Arthur, anche sapendo però che non poteva essere proprio tutto come una volta.

Georgie preparò una cena squisita dopo aver disfatto le valigie. Intanto Arthur si occupava del bambino come se fosse davvero suo figlio, e questo per Georgie fu la visione più bella che avesse mai visto. Arthur si divertiva a vedere le sue facce buffe oppure gli infondeva tenerezza quando Abel gli porgeva le manine, lo abbracciava o gli accarezzava la guancia ingenuamente.

-Ecco qua! La cena è pronta!- annunciò Georgie soddisfatta.

Si sedettero a tavola e iniziarono a mangiare la pizza, che tanto le piaceva da piccola quando la cucinava mamma Mary.

-Georgie ora che sei la figlia di un conte devi essere ricchissima, vero?- chiese Arthur volendo sapere come si trovasse con il suo vero padre.

-Sì. Ho portato molti soldi qui in Australia per migliorare un po' tutto nel caso ce ne fosse stato bisogno, e anche per i beni personali. A Londra abbiamo castelli e palazzi, tutti spettacolari

-Wow, immagino

-Ho portato tanti belli abiti pure

-E Abel quindi è cresciuto tra la nobiltà?

-Diciamo di sì ma io non l'ho voluto educare come i damerini dell'alta società. Voglio che cresca tra i prati e la natura e che un giorno diventasse forte come il padre

Arthur sentì una morsa nel petto. Il padre di cui parlava Georgie era Abel, non lui, e questo lo faceva soffrire. Non era mai stato egoista ma dentro di sè, in quel momento, voleva un po' che Geogie non pensasse più così tanto ad Abel, ma si concentrasse su di lui.

Era sempre stato "il secondo" e aveva sempre taciuto davanti a suo fratello più grande per come trattava Georgie. Lei aveva sempre visto di più Abel, e non lui.

Arthur aveva sempre provato gelosia per suo fratello e anche ora che era morto sentiva la sua ombra.

-Arthur... Arthur...- lo distolse Georgie dai pensieri -Stai sentendo?

-Eh? No, scusami Georgie...

-Non ti senti bene? Vuoi andare a letto?

-No, sto bene- rispose deciso.

Georgie annuì a testa bassa e Arthur si addolcì pensando di averla un po' spaventata per il modo brusco.

-Domani vuoi che porti io il bambino con me ai campi?- le chiese.

-Sì, grazie Arthur- gli sorrise.

Il sorriso di Georgie lo rendeva felice. Vederla sorridere per lui lo portava alle stelle. L'aveva sempre amata ma aveva sempre dovuto tacere per non rovinare l'affetto che lei provava nei suoi confronti. Si comportava da fratello perché lei pensava che fossero fratelli, non aveva mai potuto esprimere i suoi sentimenti. Aveva lottato contro Abel per non fargli dire a Georgie che non erano suoi fratelli. Abel era stato egoista molte volte, voleva rivelare in passato a Georgie le sue origini solo perchè pensava che così sarebbe stata libera di innamorarsi di lui. Però alla fine c'era riuscito e aveva portato al mondo anche un bambino, di cui il padre ora doveva essere Arthur, lui, sempre il secondo.

Mangiarono e subito andarono a mettersi a letto. Georgie dormì nel letto matrimoniale con il bambino mentre Arthur nel solito letto singolo della sua vecchia camera, dove un tempo c'era anche Abel.

La notte non chiuse occhio pensando a Georgie, l'aveva ritrovata e dormiva nella camera vicina con il suo bambino.
Anche se erano stati lontani non aveva perso l'amore che provava per lei e anche in quel momento voleva stringerla tra le sue braccia proprio come sognava da ragazzo.

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