12. Perdonami

628 17 8
                                    

CORRETTO

Cammino velocemente e con molta determinazione verso la camera di mio fratello, il quale è chiuso lì dentro da quando è tornato da scuola. Non ha aggiunto una parola e non ha nemmeno pranzato, lasciandomi da sola seduta al tavolo della cucina insieme a mia madre ancora in preda ad un'emicrania da post sbornia.

Per quanto tu non sia in vena di parlare, fratello, io ho la necessità di scoprire come sei venuto a sapere di ciò che è successo a scuola.

Busso delicatamente alla sua porta e mi accomodo solo dopo aver ricevuto il suo permesso. E' disteso sul suo letto, le spalle contro la testata del letto e sopra alle ginocchia il suo portatile, sulla cui superficie si trovano ancora attaccati quegli sticker che insieme abbiamo attaccato anni fa. Sorrido al ricordo di noi due, seduti sul pavimento di questa camera, che litigavamo per chi dovesse attaccarlo prima.

Alex si toglie le cuffie che gli coprivano le orecchie e mi rivolge la sua più totale attenzione: «Sorellina, che ci fai qua?»

Mi siedo ai piedi del suo letto, dopo aver messo da parte tutti i cuscini che giacciono sulla superficie in maniera disordinata: «Volevo parlarti»

Alex sospira mentre riporta la sua attenzione sullo schermo del computer: «Dobbiamo farlo per forza adesso? In verità non mi sento molto in vena di parlare» dice con aria stanca.

Anche se non vuoi darlo a vedere, so che vedere nostra madre ridotta in quello stato ti ha destabilizzato. Hai paura che il nostro equilibrio già precario finisca per crollare definitivamente, tanto da non poter più essere risollevato?

Ti stai rinchiudendo dentro al tuo silenzio di riflessione, come facevi un tempo, e so per certo che questa condizione perdurerà per tutto il tempo necessario che ti ci vorrà per digerire la notizia. E se tu dovessi avere paura che il nostro equilibrio sta venendo messo alla prova per l'ennesima volta, io ho paura di perderti tra le note assordanti del tuo silenzio. E se non ci sei tu accanto a me, chi c'è?

Mi ci vuole un grande impegno a non pensare a quelle maledette parole che ronzano per la mia testa e così prendo la rincorsa: «Sarà una discussione breve, tranquillo. Volevo solo chiederti come sei venuto a sapere di quello che mi è successo a scuola»

Il suo sguardo verde smeraldo, il cui colore è accentuato dagli ultimi raggi solari che filtrano dalla finestra sopra al letto, si schianta nel mio. Rimane in silenzio per qualche istante, poi le sue labbra non troppo carnose si muovono lentamente: «Un messaggio»

Arriccio il naso: «Un messaggio? Inviato da chi?»

«Non lo so» si mette meglio a sedere, alzando di qualche centimetro il cuscino incastrato tra le sue spalle larghe e la testata. Si sistema le ciocche di capelli castani ricaduti sulla fronte mentre aggiunge: «E' un numero sconosciuto» si sporge verso il comodino per prendere il suo telefono e dopo aver preso il messaggio, lo volta verso di me.

Lo prendo tra le mani e leggo svariate volte il messaggio, come ad essere sicura che sia vero.

«Mi ha avvisato di quello che ti era successo, di quello che stavi per fare»

«E tu hai creduto ad un numero sconosciuto?»

«Non ero sicuro di quello che avesse scritto, anzi, pensavo fosse uno stupido scherzo. Ma quando te ne ho parlato, tu mi hai dato la conferma» risponde fermamente, gli occhi segnati dal ricordo delle nostra discussione.

«E non hai curiosità di sapere chi sia questa persona?»

Alex alza le spalle e incurva le labbra verso il basso: «Cosa mi cambierebbe? Se questa persona mi ha inviato un messaggio del genere era perché voleva mettermi al corrente dei pensieri di mia sorella e di cui io non me n'ero reso conto»

Tu ed io... La nostra salvezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora