14. Permettiti di essere debole

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CORRETTO 

A fine giornata, dopo aver aspettato invano che arrivasse una risposta al messaggio inviato al numero sconosciuto, sono costretta a recarmi verso la biblioteca per dare ripetizioni a Collins.

Prima di ciò, però, trascino i piedi verso il mio armadietto per prendere i libri necessari per le ripetizioni. Li sistemo accuratamente dentro alla borsa a tracolla e mentre riprendo a camminare in direzione della biblioteca, estraggo il telefono dalla tasca posteriore dei jeans che mi fasciano le gambe per mandare un messaggio a mia madre e ricordarle che mi attarderò qui a scuola.

Arrivo davanti alle porte della biblioteca e pensare di trascorrere almeno due ore lì dentro con Dylan, mi fa sospirare pesantemente.

Una volta al solito tavolo al centro della biblioteca, mi lascio andare sulla sedia e inizio a messaggiare con Matt, lamentandomi della mia punizione. Non me ne rendo conto, ma passano interi minuti e di Dylan ancora nessuna traccia.

"... Oggi sarò presente alle ripetizioni" . Le sue parole rimbombano nella mia mente mentre mi guardo in giro, alla ricerca del suo volto tra quello dei pochi ragazzi che si sono attardati qui a scuola per continuare a studiare.

Per un attimo penso persino di fuggire dalla scuola e raccontare che non si è presentato, ma dopo averci riflettuto inizio a pensare che sia una pessima idea.

E poi vorrei tanto sapere dove sei sparito, Collins. Eri qui a scuola fino a stamattina, che è successo nel frattempo? Anche se ci dovessi mettere buona parte delle ore che ci sono state messe a disposizione per le ripetizioni, io ti troverò questa volta e scoprirò in quali altri luoghi ti rifugi per consumare i pensieri, così come le sigarette che fumi.

Cammino a grandi falcate per i corridoi svuotati dalle figure dei ragazzi, pensando a dove iniziare a cercarlo. Il primo luogo che mi viene in mente è proprio il tetto e mentre salgo i gradini in cemento, sgretolati là dove il tempo ha lasciato il segno che l'ultima volta mi hanno condotto alla mia condanna, inizio ad immaginarlo con i gomiti piantati sul muretto, il peso sostenuto in una sola gamba e le dita affusolate che portano meccanicamente la cicca di sigaretta alle labbra carnose. Le guance che si incavano e il gli occhi nascosti tra folte ciglia si strizzano per via dei raggi solari picchiare sulla pelle chiara.

Mi rimprovero mentalmente per aver pensato una stupidaggine del genere. Chi sono io per pensarlo? Che importanza ho nella sua vita per immaginarlo immerso in un attimo di intimità e avvolto dalla nube dei suoi pensieri?

Nessuna, è questa la risposta perché voi due altro non siete che nulla. Nulla è quello che vi lega e nulla è quello che devo pensare quando la mia mente pensa a lui.

Una volta aperta la porta in ferro facendo presa sul grande maniglione, non ci metto molto ad accorgermi che lui non è qui. Una folata di vento mi scompiglia i capelli mentre avanzo lentamente verso il muretto che pone il confine tra il pavimento e un salto nel vuoto di almeno venti metri. I raggi del sole battono sulla pelle scoperta e mi riscaldano in breve tempo. Poggio i gomiti sul muretto e chiudo gli occhi, respiro a grandi polmoni l'aria che si infrange sul mio volto.

E seppur duri solo un breve istante, in quell'istante mi sento viva, torno a percepire il mio corpo, i polmoni che si gonfiano e riempiono d'aria, le mani accarezzate dalla brezza, qualche ciocca di capelli che mi colpisce in fronte e la più importante: per un breve istante sono sicura di sentire i battiti risuonare dentro alla gabbia toracica.

Dopo qualche altro minuto, decido che è tornato il momento di tornare a cercare il ragazzo a cui devo fare ripetizioni. Stavolta mi dirigo verso gli spogliatoi, sperando di trovarlo qui e difatti sembro esserci riuscita, perché sento delle voci provenire dall'interno e rimbombare tra le pareti per giungere alle mie orecchie.

Tu ed io... La nostra salvezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora