16. Respira questo posto

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CORRETTO

Sono ormai minuti che camminiamo spalla contro spalla in un silenzio tombale. Sono io a interromperlo: «Cosa ci fai da queste parti, a quest'ora?»

Mi lancia un'occhiata e inizia a sorridere, col suo solito modo: «La vera domanda è cosa ci fai tu da queste parti, da sola, a passeggiare per il parco?»

«Non puoi rispondere ad una domanda con un'altra domanda» contesto «Comunque ero uscita per prendere un po' d'aria»

Mi sarei aspettata che continuasse a farmi delle domande per sapere cosa mi avesse portata ad aver bisogno di uscire di casa per tornare a respirare un po' di ossigeno, ma invece non mi risponde, continua a camminare con le mani in tasca e guardando dritto di fronte a sé.

Solo allora mi ricordo che noi due non possiamo essere altro che niente, e allora ogni mio dubbio sparisce e mi rassegno all'idea che non otterrò mai nulla di quello che mi sarei aspettata adesso.

E so che dovrei odiarti con tutta me stessa, così come mi sono costretta a fare per queste ultime settimane, ma allora perché non riesco a più a farlo di fronte ai tuoi occhi? Perché se le tue labbra si distendono in un sorriso, io vorrei sorridere di conseguenza?

Scuoto la testa per scacciare via quei pensieri: «Stai per caso organizzando un piano per uccidermi, Collins?» scherzo e riesco a farlo ridere.

«Non ti fidi proprio di nessuno, eh Anderson?» si blocca di colpo, voltandosi verso di me per posare i suoi occhi color ghiaccio su di me e continuare a donarmi quel sorriso smagliante, contornato da labbra carnose e rosee.

«Disse colui che non si fida di nessuno e non permette a nessuno di aiutarlo» ribatto, sicura di conquistare un punto a suo sfavore.

«Touché» entrambi sorridiamo compiaciuti, io per averla avuta vinta e lui per avermela data vinta.

Si volta verso un muro ricoperto anch'esso da rampicanti tra i cui rami sbucano fuori dei piccoli fiorellini colorati. E' molto simile a quello che ho cercato di scalare, con l'unica differenza che si trova a qualche metro da quello e nascosto tra le ombre di un vicolo poco frequentato e illuminato da una cadenza regolare di lampioni a luce calda.

«Siamo arrivati»

Mi avvicino a lui, per avere la sua stessa visione e capire se è serio o se mi sta prendendo in giro: «Non c'è nulla qui, Collins» gli faccio notare con tono contrariato.

«Questo lo dici perché non sai guardare in profondità nelle cose» si avvicina al tappeto di rampicanti e, come una tenda, lo scosta per rivelare un passaggio buio e forse stretto ma comunque attraversabile.

Mi avvicino, ma non troppo: «E questo dove porta?»

«Attraversalo e lo scoprirai»

Sono sincera, mi spaventa un po' camminare tra le pareti strette di questo passaggio. Mi volto a guardare Dylan, fisso gli occhi nei suoi come per ottenere la rassicurazione e l'incoraggiamento necessari per prendere coraggio e iniziare ad avanzare nel buio. Con grande sorpresa, i suoi occhi sono lì per darmi ciò che chiedo in silenzio e senza esitazione me lo concede, senza pretese, senza malizia, senza presunzione. I suoi occhi sono qui per dirmi che tutto andrà bene.

Stiamo comunicando con un solo sguardo.

Con un cenno del capo mi incoraggia ad avanzare verso l'oscurità e io, dopo aver annuito debolmente, mi muovo nella direzione del passaggio buio. Lui mi segue tra le pareti di pietra del corridoio, pieno di ragnatele e animaletti di ogni specie che mi hanno fatta rabbrividire un paio di volte e uscire un urletto strozzato dalle labbra.

Tu ed io... La nostra salvezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora