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«Chi sei?»

Quei tratti decisi, irriverenti, la colpirono come uno schiaffo in piena faccia.
Era cosciente che quello sguardo sarebbe stato la sua rovina.
Le iridi ametista del ragazzo solcarono il volto di lei, che era come ipnotizzata e inchiodata a terra. Non aveva mai visto una cosa simile. Erano così irreali e meravigliosi.
Lentamente - con la delicatezza di un soffio - le scostò i capelli bagnati dal viso: il suo tocco era come lava ardente, eppure profondo e buio come l'oscurità. Si sentì bruciare fin dentro le ossa, che si sciolsero sotto di lui, e solo per lui. Il calore che emanava era diventato talmente potente da farla annaspare per qualche secondo, in cerca di un briciolo freschezza per alleviarlo. Accorgendosi del gesto, le tolse la mano dalla guancia e sbatté le ciglia per la prima volta da quando i suoi occhi si erano posati su Alex. Improvvisamente una folata di aria gelida e soffocante la investì a pieno, portandola a socchiudere gli occhi per un secondo, ed il peso del suo corpo sparì come era apparso. L'assenza di quel contatto la fece rabbrividire: aveva il bisogno di sentirlo, la sua mancanza le provocava la. Chiusura dello stomaco e una profonda tristezza.
Calde lacrime le scesero fino alle guance, dove fino a poco prima c'era la sua mano. Non c'era un vero motivo per cui piangere, ma il vuoto che aveva lasciato sembrava come incolmabile.
«Stupidi ormoni.» mugugnò, infastidita dalle emozioni che provava.

Rimase lì distesa per un po': il sole, ormai, era sorto completamente e i suoi tiepidi raggi la investirono appieno, senza però essere violenti.
Pian piano si mise seduta e continuò ad osservare il paesaggio. Le fronde degli alberi producevano una soave melodia di sottofondo con il cinguettio degli uccellini, e solo lo scorrere dolce dell'acqua riusciva a bloccare i suoi pensieri. "Così limpida, così pura..." Non ricordava cosa significasse; tutto nella sua vita era così complicato e doloroso, che se fosse successo a qualcun altro le avrebbe fatto pena. Ma la vita era anche questo: essere forti e combattere per se stessi, per non affogare, per non morire.

Si accovacciò ai piedi del letto e strofinò le mani sulla faccia, sfregando gli occhi.
L'incontro di quella mattina era stato particolare, intenso ed inaspettato. Ma sopratutto estenuante. Appoggiò la testa sul materasso e fissò l'intonaco del soffitto della camera, percorrendo con lo sguardo tutta la stanza. Si accorse di quanto spoglia fosse.
Non aveva lasciato niente di personale in giro, a parte qualche vestito qua e là: non che importasse, ma era abbastanza triste sapere di non appartenere neanche alla propria camera. Si alzò di scatto, e si incamminò verso la camera di Seth - ormai era pomeriggio inoltrato e dubitava che stesse ancora dormendo. Il ragazzone in questione, infatti, era disteso comodamente sulla poltrona a guardare la televisione e saltò su come un gatto quando si accorse della presenza di lei, il che accadde dopo cinque minuti. I suoi riflessi non erano molto allenati.
Inchiodandolo sul posto, Alex gli si avvicinò e gli tirò un cuscino prendendolo in piena faccia: era troppo buffo. Si trattenne più che potè dal non ridergli in faccia, ma aveva un'espressione unica. Non rideva così tanto da molto tempo. Come se si fosse ripreso da uno stato di trans, le saltò addosso e iniziò a farle il solletico sui fianchi.
«Smett...ti..la» non riusciva più a smettere di ridacchiare, tanto che le faceva male la faccia. Dopo un po' che non riusciva più a respirare, la lasciò stare e rimasero sdraiati sul pavimento del soggiorno.
«Mi era mancato tutto questo» disse lui guardando il niente «mi sei mancata tu» spostò i suoi occhi in quelli di lei, e capì che la sua sincerità era mista alla malinconia sincero.
Gli mise affettuosamente un braccio intorno alla vita e appoggiò la testa sulla sua spalla, ma rimase in silenzio: non avrebbe saputo dargli una valida spiegazione per la sua sparizione. Non riusciva a darla neppure a se stessa, ma non poteva restare.
Ma la sua mente era talmente incasinata allora, che non smetteva di pensare che, ciò che
era accaduto, avrebbe peggiorato soltanto la situazione. E perciò era scappata e si era nascosta, non si era resa conto che, così facendo, Seth avrebbe perso sia lei che Kaiden.
Si doveva essere addormentata sulla sua spalla ad un certo punto, perché avvertì il suo amico chiamarla, e così si voltò lentamente verso di lui. Si strofinò velocemente gli occhi col dorso di una mano, ma ciò che osservò non furono le immacolate iridi di Seth, bensì quelle ametista dello sconosciuto. Vedendole così da vicino, sembrava che una miriade di stelle vi fossero incastonate all'interno di quegli occhi così profondi. Il suo corpo non collaborava, mentre cercava di formulare qualche parola, la bocca rimasta chiusa e, a meno che lui non fosse in grado a leggere la mente, non poteva far altro che boccheggiare. Sbatté un paio di volte le palpebre, e la sua figura sfumò, davanti alla sua faccia incredula, diventando inconfondibilmente quella possente di Seth.
La stava guardando con un cipiglio ad aggrottargli la fronte: era un misto di preoccupazione e stordimento a causa della recente dormita.  Alex scosse velocemente il capo e si tirò su a sedere, passando velocemente le mani sui vestiti per togliere eventuali pieghe del tessuto.
Durante tutto questo, lui era ancora disteso sul pavimento che la guardava criptico.
«Chi è Rhys?» le domandò innervosito.
Eppure lei non stava capendo, e così lo guardai strano anche io.
«Non so chi sia, o di cosa tu stia parlando» bofonchiò in cerca della voce «non credo di conoscere nessun Rhys» continuò, corrucciandosi ancora di più. Fece poi un gesto con la mano come per scacciare quelle domande senza risposta. Come se fosse stata sommersa dalle sue stesse parole, un'ombra si abbassò su di lei, oscurando i suoi occhi, diventati così improvvisamente cupi e vuoti.
"Sarò mai pronta a lasciarti andare?" I suoi occhi lasciavano trapelare troppe domande, li distolse. Sbuffando sonoramente, si spostò i capelli dal viso e li legò in uno chignon disordinato; guardò distrattamente verso l'orologio e notò che ormai era già passata da un pezzo l'ora di cena. Passando con le dita il ripiano della cucina, si accostò al frigo, sperando di trovarci qualcosa di commestibile. Lo aprì e sbatté ripetutamente la testa sullo sportello.
«Ma com'è possibile che non ci sia niente qua dentro di decente?» si lamentò a gran voce. Ricevette solo un grugnito come risposta.
"Che grand uomo maturo. Seriamente." Tirò fuori la prima cosa che le venne in mano, ovvero una lattina di birra.
"A mali estremi estremi rimedi"  pensò, scolandosela in un solo sorso. Si mosse in cerca delle chiavi di casa e, dando un bacio veloce sulla guancia a Seth, uscì da quel posto.
Si incamminò verso il bosco sul retro, senza darsi pensiero di guardare indietro.

Avvertì un suono particolare, come un delicato richiamo: era così dolce, potente e silenzioso da incantarla. Gli alberi avevano incominciato a frusciare al passaggio della ragazza, il silenzio assoluto - e inquietante - del bosco, musica per le sue orecchie: contò anche lei quella melodia lenta e cantilenante. L'eco della voce le risuonava ovunque intorno, e finalmente si sentì in pace con se stessa.
Erano solo lei ed il vuoto in quell'istante.
Il canto l'accompagnava nel cammino, e non si rese neanche conto di essere entrata nel cuore di quel boschetto. Il Sole scese, ma, nonostante le lunghe e soleggiate giornate fossero apprezzabili, erano niente paragonate alla notte.
"La notte è così buia e profonda, ma le stelle riescono a screziare la sua oscurità. La fanno risplendere, brillare sopra di me. L'avvolgono con la loro luce bianca e pura, la rendono ancora più perfetta di quanto non lo sia già."
Alzò gli occhi al cielo e rimase così, incatenata a loro.

Si perse tra le stelle quella notte.

Over the stars who listenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora