Le stelle indicano il cammino da prendere, proteggono, vegliano.
Tutto è partito da un errore, ma è solo il destino che mette tutti alla prova.
RIASSUNTO
Alexandria è una ragazza senza paura. La sua vita prima dell'arrivo di Seth, quello che lei co...
I loro occhi erano tenuti tra loro da un legame invisibile, non potevano più allontanarsi, non potevano più fuggire. L'uno era un libro aperto agli occhi dell'altro: le loro pupille cercavano parole silenziose negli sguardi, le iridi talmente intrecciate che percepivano a malapena lo scorrere del tempo. Alex si abbandonò all'oblio e alla pace che solo lui le prometteva, così, senza ripensamenti, si lasciò finalmente andare. Gli mostrò senza paura le sue ferite cosicché lui le curasse, mentre il maschio le chiese in silenzio di fare lo stesso. Era tanto sopraffatta da quelle sensazioni, al punto che non si rese conto dei pochissimi centimetri che li separavano. I respiri si stavano fondendo in uno solo e la femmina riuscì finalmente a sentire il suo profumo di mare e gelsomino. Quello starebbe stato la fragranza che le avrebbe dato alla testa. La Ragione e il Buon Senso l'avevano abbandonata da un po' e si trovò a trattenere il fiato mentre i suoi occhi bruciavano sotto l'intensità delle iridi viola. Cercando di riprendere un po' di aria, mosse leggermente la bocca e questa sfiorò inaspettatamente le sue labbra. Una serie di brividi incontrollati le scossero la colonna vertebrale e un'ondata di lava bollente le sciolse le ossa: era una sensazione talmente potente che la fece indietreggiare di scatto, tanto che perse l'equilibri rischiando di cadere nel vuoto sotto di loro. Fortunatamente il ragazzo misterioso aveva i riflessi pronti e la afferrò prima di scivolare, circondandole con un braccio la vita e con la mano la testa. Ora il suo odore la avvolgeva completamente e Alex inspirò avidamente la sua essenza, mentre le sue labbra le sfioravano la fronte e le sue parole ad accarezzarle i capelli, togliendole così il fiato. «Devi stare più attenta Alex» sussurrò «Alex, ascoltami, ti prego». Capì che non si riferiva al fatto di scivolare. La ragazza sussultò alla supplica: si capiva che non era una persona che amava chiedere - tantomeno supplicare. «Chi sei?» gli chiese balbettando, mentre tentava di rallentare i battiti del suo cuore furioso. «Non è importante adesso» continuò, accarezzando e giocando con i capelli setosi di lei. Insicura come poche volte nella sua breve vita, riprese a parlare con fatica: «Sì che lo è» espirò l'aria che stava trattenendo «sei Rhys, non è vero?» alzò finalmente gli occhi ed incrociò direttamente quelli di lui che non avevano mai abbandonato la sua figura. La stava osservando senza apparenti emozioni, ma si percepiva una punta di curiosità in lui, che cercava chissà cosa nel suo viso. «Non dovresti conoscere il mio nome... come fai a ricordartelo?» il suo sguardo le stava scavando dentro una voragine e Alex non aspettava altro che cadere. Trovando per miracolo le parole, continuò agitata «Ho tirato ad indovinare. A essere sincera non so neanche come io abbia fatto» si passò nervosamente le mani tra i capelli, tirò le punte per la frustrazione e toccò accidentalmente le sue mani che non si erano staccate un attimo dal suo corpo. «Mmh interessante... dimmi cos'altro riconosci di me, Lexi» sospirò sul suo volto. «Non farti strane idee, non ti ho mai visto in vita mia prima di qualche giorno fa» rimase turbata dal nomignolo che le evocava lo sguardo caldo di sua madre. «Non rammenti proprio niente quindi... » doveva aver pensato ad alta voce perché, dopo aver pronunciato quelle parole, si era irrigidito visibilmente. «Di cosa stai parlando?» non era la prima volta che le sembrava di dover ricordare, ma non sapeva mai cosa: l'ombra che era andata ad oscurare quegli occhi unici le stava facendo paura, però non voleva dimostrare l'effetto che aveva su di lei. Un fulmine cadde improvvisamente vicino ai due e la femmina sobbalzò sul posto: il cielo si era annuvolato e l'elettricità si sentiva nell'aria per l'arrivo di un temporale. Alex si girò per continuare la conversazione con Rhys, ma di lui non era rimasto niente, era scomparso. Kaiden, la sua sfuriata, il lago, la tempesta, tutto era passato in secondo piano al pensiero di aver solo sognato quel bellissimo ragazzo. Si voltò più volte in cerca di un suo movimento o un segno che denotasse la sua precedente presenza, ma non trovò niente. Sconsolata e persa nella sua mente, si diresse verso casa: l'aspettativa di dover attraversare il bosco da sola le risollevava un po' l'animo, si sarebbe potuta godere i rumori del bosco e del suo silenzio, le canzoni che cantavano gli alberi e il movimento delle foglie. Ben presto si accorse di essere tanto lontana da casa e - in preda ad un' ansia che di solito non mi apparteneva - si appoggiò ad un albero per prendere un attimo di fiato e osservare in giro. La minaccia del temporale sembrava essere passata e il nero delle nuvole aveva lasciato il posto a quello della notte. Purtroppo quella sera le stelle non erano visibili come sempre ed uno strano senso di angoscia le appesantiva il petto. Tornò a muoversi, mentre quel groppo che aveva in gola si faceva man mano più pesante, fino a che non intravide la mia casa. Immobile difronte alla sua abitazione, o quello che ne era rimasto, guardava scioccata la scena. L'edificio era a pezzi: tutte le finestre erano state frantumate, la porta era scardinata e giaceva sul portico. Entrò lentamente sorpassando tutti i cocci rotti e si rese conto che l'interno era ancora peggio dell'esterno: il tavolo di legno chiaro in mezzo al salone era ridotto a dei ciocchi per la brace, i mobili erano strappati e portavano segni di artigli, la cucina era stata staccata dalla parete ed era strano che i muri riuscissero ancora a stare in piedi. Cercando di non cadere in quel vortice che era il panico, si voltò in direzione delle camere. 'Ti prego fa che non sia successo qualcosa a Seth, ti scongiuro'non sapeva nemmeno a chi fosse rivolta quella richiesta, ma pregò che qualcuno la stesse ascoltando. «Ti prego, ti prego... » mormorò sommessamente «fa che lui stia bene, per piacere.» Una volta entrata nella stanza del ragazzo, guardò il macello che aveva davanti. Pure la sua non era da meno. Nel non vedere alcun tipo di segni di colluttazione o di un rapimento, trasse un respiro profondo, cercando di fare mente locale. Niente sembrava mancare, come se lo scopo di quel disastro non fosse stato portato a termine, e trovò persino il cellulare che non si ero preoccupata di prendere quella mattina. In un tentativo disperato dettato dall'ansia, cercò di chiamare Seth, che rispose dopo qualche tentavo. «Alex?» disse titubante - come se non credesse di aver ricevuto una chiamata da parte sua -«perché mi hai chiamato? Hai avuto la decenza di avvertirmi della tua partenza? Oh, ma che pensiero dolce da parte tua» ridacchiò strascicando le parole come se fosse ubriaco e solo in quel momento mi accorsi dei rumori di sottofondo provenienti dalla sua linea. «Seth dove diavolo sei» la ragazza non si preoccupò di risultare scorbutica, in quel momento aveva solo bisogno di sapere che il suo amico - suo fratello - stesse bene, nonostante sentisse il suo cuore ammaccarsi per le sue parole. 'Pensava che lo stessi abbandonando' non voleva crederci, la rabbia e il senso di colpa già l'opprimevano senza che lui si intromettesse. Nessuno sapeva quello che aveva passato, quello che era stata costretta a fare e nessuno poteva giudicarla per le sue azioni. Mangiandosi le parole e borbottando di continuo, Seth le diede il nome di un bar in paese - che ricordava a malapena - e lasciò la casa dicendogli di aspettarla lì. Il cielo scuro era ancora nuvoloso per il brutto tempo di qualche ora prima e nell'aria permeava un silenzio opprimente, quasi innaturale. Si strinse di più nel cappotto che aveva acciuffato prima di uscire, mentre un vento gelido si abbatteva forte nella sua direzione, socchiuse un po' le palpebre, gli occhi che lacrimavano per il freddo pungente, e continuò ad avanzare in direzione della cittadina. Ma non ebbe neanche la possibilità di appoggiare il piete a terra che qualcosa, o qualcuno, la sollevò rudemente dal terreno. Tutto iniziava a vorticare pericolosamente, la sensazione era quella di venire sbattuta in qualsiasi direzione e nessuna. Non urlò sapendo di vivere in un posto isolato e anche per non mostrare al suo aggressore la paura che le attanagliava lo stomaco. D'altro canto, però, iniziò a scalciare come un'ossessa e lasciò cadere "sbadatamente" il suo anello: era stato il primo regalo di Kaiden e - nonostante tutto quello che le era capitato - non aveva mai trovato il coraggio di buttarlo via o di depositarlo in un cassetto. Separarsene le stava consumando il cuore, ma era cosciente che quello fosse l'unico modo per far capire a Seth che le era successo qualcosa. Smise di lottare, di tentare di liberarsi e si lasciò cullare dalla familiare oscurità.
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