Non si fermò mai a guardare cosa accadeva alle sue spalle, non lo fece sapendo perfettamente che quella ragazza era ancora dentro e avesse bisogno di lui.
Nonostante avesse il potere per bloccare tutto quel disastro, lui scappò e basta, come lei gli aveva chiesto.
«Vai» lo aveva pregato, gli aveva gridato quelle parole col terrore che le delineava i contorni del volto «Vai» lo continuò a supplicare, urlando di correre, non sapendo che l'uomo che amava poteva volare, con le lacrime che le rigavano le guance rosse per la rabbia e la disperazione. Aveva troppo sangue sulle mani e il viso pieno di lividi e ferite.
"Avrei potuto evitare tutto questo, ho sempre avuto il potere di farlo, ma non ho voluto cedere per il mio stupido orgoglio, e adesso pagherà lei." I morsi del senso di colpa affondavano nel suo cuore. Lei si era sacrificata per tutto ciò a cui teneva, aveva tentato di salvarlo da sé stesso. Malgrado lui le avesse rubato tutto, lei lo amava a tal punto che aveva tentato di ucciderlo perché non era più lui.Si svegliò di soprassalto, non riconoscendo subito il posto in cui si trovava. Il suo corpo era avvolto da una patina di sudore e un forte mal di testa lo attanagliava.
Sentendo gli arti pesanti, si tirò su a sedere e cercò di scendere dal letto; le lenzuola si erano attorcigliate intorno alla vita ed erano tutte ingarbugliate. Si liberò dalla loro calda stretta, che prometteva un lungo sonno, e raggiunse la porta del bagno, stropicciandosi gli occhi come un bambino. L'acqua scendeva bollente dal soffione della doccia, il vapore che appannava tutti i vetri. Passò una mano sulla superficie difronte a lui e si guardò allo specchio.
La cicatrice si notava appena, solo una striscia più chiara rispetto al colore naturale della pelle e lunga circa una decina di centimetri. La sfiorò leggermente con la punta delle dita e un brivido lo scosse violentemente.
«Fuggi!» La sua voce lo avrebbe perseguitato per ancora molto tempo, se non per sempre. Per la furia tirò un pugno sulle mattonelle di ceramica e osservò con interesse il sangue sgorgare dalle nocche spaccate. Non era riuscito a salvarla, non l'aveva trovata.
"Hai lasciato che mi prendessero e che mi torturassero, come hai potuto, come..." questa era la sua voce, quella che lo tormentava. E lo feriva, gli faceva male, tanto male.
«Basta vi prego, fermatevi» lei continuava a parlare, ma nessuno l'aveva ascoltata.
«Vai via Alex» le aveva detto il ragazzo. Non l'aveva assecondato e si era condannata.
Si chiedeva che cosa sarebbe rimasto di quella ragazza forte come un uragano e indomabile.
Si accasciò con la testa appoggiata sulle ginocchia.
L'acqua scorreva sulle sue grandi spalle, sui muscoli della schiena, ma niente poteva lenire il dolore al petto. Uscì il più velocemente possibile da quella casa piena di ricordi.
Le era scivolata via come sabbia tra le ali.Rigirò tra le mani un pugnale: era leggero, una lama a doppio taglio con un impugnatura personalizzata; stava passando uno straccio sul filo per pulirlo. Era un rituale che compiva sia all'inizio che dopo aver terminato il suo allenamento.
«Se li vuoi usare, dovrai sempre prenderti cura di loro» le aveva detto una volta.
Le aveva insegnato tutto ciò che sapeva, ma alla fine lei era riuscita a superarlo. Era una creatura impulsiva e aggressiva, un carattere opposto a quello del maschio.
Aveva detestato quelle differenze, non comprendeva la ferocia di lei, così affamata di vita.
Dopo quella famosa sera, Kaiden era cambiato: la calma e la compostezza del suo animo erano svanite e avevano lasciato spazio alla rabbia cieca.Si girò ancora una volta tra le mani il coltello e, infine, lo lanciò contro un manichino.
Veloce. Preciso. Impeccabile. Centrò in pieno il petto di plastica.
Era una routine quella di andare in sala allenamenti per sfogare la sua impotenza di anni prima: il rimorso lo consumava, gli disintegrava le cellule del corpo, lo lacerava da dentro e rendendolo un mostro.
"È solo quello che sei" il tormento aveva una voce, ed era la sua. Per colpa di lui erano morte delle persone, le sue mani erano irreparabilmente insanguinate. Smise di pensare e continuò a muoversi.
Ogni colpo era ineccepibile, si chiedeva come fosse possibile essere così perfetto.
"È la tua natura". Lei era presente ovunque. Gli ricordava i suoi peccati, i suoi errori.
Vendetta. La vendetta era così agognata da Kaiden, era la cosa che bramava di più oltre a rincontrarla. Si augurava che si trovasse in Paradiso, l'unico posto degno di lei, per tutto ciò che aveva sacrificato. Ma se da un lato sperava che fosse lì, d'altra parte lui non avrebbe più potuto vederla.
Il suo corpo prese fuoco: la furia, l'ira divampavano dall'interno, la vergogna e l'umiliazione che le alimentavano. Non esisteva possibilità di redenzione, doveva continuare a convivere con quel peso insopportabile.Si allontanò da quel posto che considerava casa e si diresse verso il bar all'angolo della strada.
«Il solito» disse velocemente al ragazzino che serviva al bancone.
Il barman lo osservò spaventato, ma distolse immediatamente gli occhi e annuì velocemente, intimorito dalla sua schiacciante presenza.
Sghignazzò vedendo la faccia del poveretto e bevve in un sorso il bourbon nel bicchiere.«Cos'è quel liquore?» gli chiese interessata.
«È bourbon, Alex. Mai provato?» le rispose alzando un sopracciglio.
«Non ho mai bevuto prima di incontrarti...» gli disse lei, guardandomi tutta rossa.
Lui la guardò da sotto le folte ciglia e chiese al barman un bicchiere per lei.
Lo guardò titubante, ma cercò di bere facendo una faccia disgustata e mandando giù tutto in un sorso.
Lui sorrise.Fissò il bicchiere vuoto e ordinò un secondo giro. La malinconia era tornata, e con essa la solitudine a fargli compagnia.
Strinse gli occhi alla vista del posto accanto al suo e si ricordò di quando Alex si era seduta la prima volta in quel bar, proprio lì. Ogni volta che ci tornava, si assicurava che nessuno ci si sedesse, come se quello sgabello fosse stato creato solo per lei. Pagò il conto e spinse la porta di uscita del bar.
Aria fresca gli investì il volto e fece ritornare un po' di lucidità nel suo spirito.
Mentre camminava per le vie, la pioggia cominciò a scendere, e si ritrovò vicino alla riva del piccolo lago della cittadina.
Si era tenuto vicino alla boscaglia che circondava l'acqua, l'odore dolciastro proveniente dalla pozza mescolato a quello della pioggia lo aveva portato ad abbandonare le strade segnate.
Qualcosa, o qualcuno, gli venne addosso e lo investì in pieno. Furioso con quel malcapitato, il giovane si girò pronto a tirare un pugno, che, però, venne fermato dalla mano dello sconosciuto.
Si tirò giù il cappuccio, che rendeva impossibile vedere il suo viso, e spuntarono dei capelli castani e gli occhi per cui aveva perso la testa e il cuore.«Come ti chiami ragazzina?» le chiese interessato.
«Alexandria» rispose con diffidenza.
«Piacere Alex, io sono Kaiden.»
«Alex» sussurrò incapace di reagire o anche solo di respirare.
«Ciao Kaiden» gli sorrise per la prima volta da quando era arrivata.
«Kaiden» disse incredula.

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Over the stars who listen
FantasiLe stelle indicano il cammino da prendere, proteggono, vegliano. Tutto è partito da un errore, ma è solo il destino che mette tutti alla prova. RIASSUNTO Alexandria è una ragazza senza paura. La sua vita prima dell'arrivo di Seth, quello che lei co...