Capitolo Tredici

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13.

Sono passati circa tre giorni da quella sera, e ancora non so cosa fare. È sabato e guardo il display del telefono come nell’attesa di qualcosa, qualcosa che però non arriva. Alla fine ho sbagliato, lo so, non avrei dovuto metterlo alle strette. Che poi, a dirla tutta io neanche la voglio una relazione. Che cavolo mi è preso? Stupida. Stupida, stupida, stupida! Mi picchietto la fronte coi pugni, ma neanche questo dolore serve a cancellare il mio sbaglio. Non mi resta che una cosa sola da fare: togliermelo dalla testa. Non ho idea di come si faccia, ma stando alle parole del mio nuovo psicologo, il dottor Bradshaw, dovrei provare ad uscire con qualcun altro. Sì, ma chi? Guardo il display del cellulare per l’ennesima volta eppure… stavolta ho come un’illuminazione.

«Evander!» salto in piedi quasi urlando quel nome, Mr Bean che balza giù dal letto con un miagolio arrabbiato. Poveretto, l’ho svegliato. Senza preoccuparmi più di tanto per lui comunque, arraffo il cellulare e compongo il numero di Evie. Risponde al secondo squillo.

«Larisa?»

«Ehilà, ciao Evie! Vedo che ti ricordi di me!» Sono talmente entusiasta di sentirlo che quasi mi sfugge il suo tono sbrigativo.

«Certo che mi ricordo. Come mai hai chiamato?»

«Per la verità… Pensavo di uscire con te.» Oddio, ma questa? Da dove m’è uscita? Quasi vorrei mozzarmi la lingua a morsi se non fosse che lo sento ridere, un suono basso, leggero. Sicuramente ha di nuovo la mano davanti alle labbra.

«Beh direi che si può fare. Non adesso, ma si può fare.»

«Sei a lavoro, vero?» Lo sento sospirare, poi salutare qualcuno. Merda!

«Purtroppo sì, ma stacco tra un paio d’ore. Che ne dici se ci vediamo stasera? Non so… cinema?» Cinema? Da quant’è che non ci vado? Sarà un bel po’ di tempo. L’ultimo film che ricordo di aver visto risale a più di sei mesi fa.

«Ci sto! Passi a prendermi tu?»

«Certamente. Magari andiamo a mangiare anche qualcosina insieme, che ne dici?»

«Dico che è un’ottima idea!»

«Bene allora. Ci vediamo alle otto. Ciao, piccola.»

«Ciao» e riagganciamo, io col cuore che batte forte nel petto. Quand’è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha chiamata “piccola”? Neanche me lo ricordo. Con Evie è tutto così facile, immediato, tutto a portata di mano. Con lui non ci sono regole e non ci sono facciate da mantenere. Sorrido. E per la prima volta in tre giorni, so che è un sorriso sincero.

«Insomma, vuoi stare ferma si o no? Guarda che non posso aggiustarti i capelli se ti giri in continuazione!»

«Non dirlo a me, parla con Caroline!» Sbuffo sonoramente, Marcus che cerca di farmi i boccoli mentre Caroline e Marika guardano in ogni anfratto del mio armadio alla ricerca di qualche abito per la serata.

«Senti bellezza, qui non c’è assolutamente niente. Dove diavolo è finito il tuo fiuto per i vestiti alla moda?»

«Lascia perdere Caroline, si vede che crescendo ha perso anche quel vizio lì.»

«Vizio? Ti sembra che comprare vestiti alla moda sia un vizio?» Oh no. Marika e Caroline che litigano, no… In meno di un minuto sono già pronte ad azzannarsi verbalmente, io e Marcus che le separiamo e cerchiamo di farle ragionare.

«Non m’interessa! Io non mi faccio dire da una mezzatacca bionda cosa devo pensare!» Prendo un profondo sospiro, mamma che decide di entrare proprio in quel momento con un bel vassoio di biscotti. Sì, perché mia madre fa sempre i biscotti quando i miei amici vengono a casa, pure se non ho più tredici anni.

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