Capitolo Diciassette

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17.

«Interessante presa di posizione» mormora, e quelle semplici parole bastano a farmi sorridere.

«Ma sai chi comanda, vero?» Annuisco. «Quindi sai pure che da oggi in poi ti atterrai alle mie regole.» Annuisco di nuovo, lui che sorride lentamente come a volersi gustare il momento.

«Perfetto. Adesso però sciogli questi nodi.» In silenzio obbedisco, lo sguardo basso. È come se glielo dovessi.

«Tanto per informarti, le regole sono due. La prima prevede che tu non dica nulla di tutto ciò che riguarda me e le attività svolte in questa stanza. Non puoi parlarne neanche col tuo psicologo. Pensi di potercela fare?»

«Sì, Signore» dico piano, lentamente, cercando di digerire bene la cosa.

«La seconda regola invece, è non dimenticarsi mai la prima.» A queste parole lo guardo, ma in realtà sto cercando di reprimere un sorriso.

«Sbaglio o c’è qualche analogia con “Fight Club”?»

«Zitta, è una mia invenzione» ma in realtà si vede che non fa sul serio.

«Senti un po’, ti sei informata riguardo il BDSM in questi giorni?»

«Per la verità… no, Signore.» Accidenti, avrei dovuto farlo! Potevo ritagliarmi un briciolo di tempo e fare qualche ricerca su internet e invece… ho preferito fare la stupida e adesso eccomi qui, con l’unica conoscenza di quanto possa essere gigantesca la mia ignoranza. Brava Larisa, brava! Continua così!

«Non è successo niente, Six. Avrai modo d’informarti» mormora, ma chissà perché quando mi chiama “Six” ho un tuffo al cuore. Sono davvero arrivata a questo pur di averlo accanto? Preferisco non rispondermi.

«Ora che sei consapevole di cosa faccio, è bene che tu venga a conoscenza delle regole principali di questo rapporto. E cioè SSC. Sano, Sicuro, Consensuale. Ti spiego meglio» e detto ciò prende un profondo respiro prima di lanciare un’occhiata alla gemella, che a quanto pare è ancora seduta sul tavolo nella stessa posizione di prima. Deve avere una gran pazienza… Quando Landon torna a fissarmi quasi mi manca il fiato. Ma lui non lo nota, è perso nelle spiegazioni, quelle spiegazioni che non ho cercato.

«Com’è un po’ ovvio che sia, per sano si intende che le persone coinvolte siano mentalmente equilibrate. Detto questo, garantisco il mio equilibrio mentale ed essendo stato tuo psicologo fino a poco tempo fa, garantisco anche il tuo. Del resto i problemi che hai avuto sono dovuti tutti ad una mancata conoscenza di te stessa. Fin qui è tutto chiaro?»

«Sì, Signore.»

«Bene. Per sicuro invece si intende che non devo procurarti lesioni gravi, indesiderate da te o che possano creare sospetti nei tuoi familiari o in un eventuale fidanzato. Ciò significa che non ti colpirò mai in faccia né sul collo. Essendo estate… cercherò di fare il possibile per non darti noie. Al massimo eviterai di andare al mare per qualche giorno. Domande?»

«No, Signore.»

«Okay. Infine, la questione della consensualità. Questa è più difficile.» Lo osservo sospirare, i fianchi poggiati contro la cassettiera, a pochi centimetri dal mio corpo. Ma non si muove, si limita a posare le mani sul bordo ticchettando silenziosamente le dita sul legno.

«Adesso che sai bene cosa faccio, e mi hai dato modo di capire che sei perfettamente a conoscenza di quello che ti farò, ho bisogno di capire fin dove posso spingermi. Con ciò mi riferisco al fatto che non posso darti cinquanta frustate, perché probabilmente non riusciresti nemmeno a sopportarle. Come faccio a sapere fin dove posso spingermi? Non lo so, e non essendo io a conoscenza dei tuoi limiti perché non abbiamo mai lavorato insieme, e non essendone neppure tu a conoscenza perché questa è la tua prima esperienza, è bene trovare una parola che una volta pronunciata mi faccia fermare di colpo. Una safe word, una parola di sicurezza.»

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