Capitolo 2

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I capelli ondeggiavano tra l'aria fresca di una sera d'estate, e mentre mangiavamo in terrazza capii che non mi mancava niente, in quel momento ero al completo.

Stuzzicai ancora mio fratello, tirandogli un leggero calcio da sotto il tavolo e lui mi lanciò un'occhiata truce.
-Che c'è?- gli chiesi, mentre la mamma sparecchiava. Tutto il pomeriggio aveva tenuto uno sguardo duro e non aveva ceduto ai miei piccoli dispetti quotidiani.
Noi due siamo sempre stati legati, e a discapito di molte cose ci siamo amati come solo due fratelli possono. Per lui farei di tutto e lo proteggerei sempre, nonostante sia il più grande tra i due.

-Niente- si alzò, e portò i suoi piatti nel lavello. Sbuffai. Odiavo quando mi diceva "niente", perchè, a parte il fatto che non era vero, io lo conoscevo meglio delle tasche dei miei pantaloni preferiti, e sapevo perfettamente quando qualcosa non andava. Ed ora era così, qualcosa lo turbava. Ma quella volta supposi che non me l'avrebbe rivelata tanto facilmente.

-Io esco, faccio tardi non ti preoccupare- diede un bacio sulla fronte alla mamma e solo dopo avermi scompigliato leggermente i capelli uscì.
Ero preoccupata di cosa poteva esser successo, quindi lo seguii. Si dirigeva verso il mare, che con il tramonto di quella sera era stupendo. Mi tenni a qualche passo di distanza e con la giacca di jeans sulle spalle continuai ad essere testarda come mio solito.

Dopo una decina di minuti eravamo vicini ad un campo da pallavolo, ed ad un pontile, da dove proveniva musica e delle luci colorate. Non mi piacevano le feste, ma quella non lo sembrava.
Sembrava più un piccolo paese radunato lì, quella sera.

Quando Filippo si girò, non me ne accorsi, tanto accecata dal bagliore delle luci al neon, ma quando feci caso al suo sguardo arrabbiato, confuso e deluso, fu come uno schiaffo in faccia.
Si avvicinò a grandi falcate -cosa ci fai qui? Perchè mi seguivi?-
-sono venuta a vedere la festa- sorrisi amaramente, sapendo che stavo dicendo una bugia.
-Ma seriamente, Anna? Te l'ho insegnato io come dire bugie ed ora credi di potermi fregare?-

Mi sentii colta alla sprovvista e quindi confessai la verità -è tutto il giorno che sei strano, non capivo cos'avevi e tu di solito me lo dici sempre, quindi ho pensato di scoprirlo da sola-

-Non mi serve la babysitter, Anna! So occuparmi di me stesso.- s'infuriò
-Smettila di dire il mio nome! Mi dispiace, okay? Non volevo ferirti!- mi arrabbiai anch'io, nonostante fossi nel torto.
-Non pensi che se non te lo voglia dire ci sia un motivo? Tornatene a casa- se ne andò, piantandomi in asso lì, da sola.
Sbuffai, calciando un bastoncino di legno per terra.

Ormai non sarei riuscita a prendere sonno, quindi decisi di fare una camminata per riflettere un po'. 

Eravamo sempre stati sinceri, non c'eravamo nascosti nulla per nulla, perchè cominciare ora? Quale poteva essere il suo segreto?
Mentre pensavo e pensavo andai a sbattere contro un ragazzo di spalle che iniziò ad imprecare

-si può sapere che cavolo ti dice la tes- quando si girò rimase a fissarmi. I suoi occhi azzurri emanavano un'elettricità tale da mantenere viva un'intera città.
-Ehi, sei nuova? Non ti ho mai vista qui-
-Scusa, non ti avevo visto- evitai le domande e feci per rincamminarmi ma mi bloccò un polso.
Come un flash tolsi il polso dalla sua mano possente di scatto e lo guardai negli occhi
-Non toccarmi mai più-
-Scusami. Io sono Michele, tu?-
-Michele, muoviti, devi battere tu!- urlò qualcuno. Il ragazzo di questa mattina si mise di fianco a lui, squadrandomi. Aveva il naso gonfio, ma se non altro meno di prima.
-Ehi, distruggi nasi!- mi sorrise amichevolmente. Feci un cenno della mano, prendendo qualche distanza di sicurezza. All'ombra i suoi occhi sembravano dei pozzi talmente profondi da poterci rimanere incastrata dentro, se ti perdevi ad osservarli per un po'.
-La conosci?- chiese Michele.
-No- lo guardò duramente. Rimasi interdetta da come cambiò il tono di voce, e lo sguardo s'incupì ancor di più, diventando quasi spaventoso.
-Ti stanno chiamando, tocca a te battere- disse poi.
-E tu?-
-Il coach mi ha messo in panchina, ho tirato un pugno a Marco e gli è uscito un po' di sangue-
-Coglione- sbuffò una risata Michele.
-Attento a come parli- gli diede una pacca sulla spalla. Lui alzò le mani in segno di resa e se ne andò.

Io, che ero rimasta ad assistere al teatrino inscenato sul momento, scelsi di andarmene.
-Aspetta!- mi chiamò il ragazzo dagli occhi profondi.
-Che c'è?- mi girai solamente, continuando a camminare.
-Come ti chiami?-
Gli sorrisi, poi me ne andai.

Filippo rientrò molto tardi, ma ero sicura di una cosa: non aveva bevuto.
La mattina dopo a tavola ci fu un silenzio assordante.
-Questa mattina penso di uscire con Rosa- disse mia madre, spezzando la tensione che si era creata.
-Chi è Rosa?- chiedemmo in coro io e mio fratello. Ci guardammo e scoppiammo a ridere, come sempre, all'unisono. Buon segno.
Da quando eravamo piccoli, parlare in coro ci faceva sbellicare dalle risate, ma con il passare del tempo abbiamo imparato a contenere le risate.
-Un'amica che la zia mi aveva presentato un po' di tempo fa-
-Fai bene, prenditi del tempo per te stessa- le sorrisi. Filippo mise la sua mano su quella di mamma, seguita dalla mia.
-Te lo meriti- aggiunse lui.

Lei annuì pensierosa e ci sorrise -come farei senza di voi-
-Semplice, non faresti!- urlai io mentre correvo su per le scale. Sentii la mamma ridere e fu una gioia immensa per me.

Mi lavai, misi il costume ed aspettai in sala che scendesse anche Fil.

Appena scese l'abbracciai forte -non mi piace litigare con te- dissi contro il suo petto.
-Neanche a me- rispose.

Alla fine lo avevo fatto per il suo bene, e per il mio, perchè senza di lui io non ero davvero me.

-Andiamo?-  disse. Annuii e ci incamminammo verso la spiaggia, con gli asciugamani in mano e la crema solare sulla pelle.

Avrei passato così la vita. Tra l'acqua gelida e la salsedine che tira i capelli. L'abbronzatura che inizia a farsi vedere ed i denti sbiancati dal sole, dalle infradito sempre ai piedi, e dalle cosce scoperte al mondo, senza pudore. Mi piaceva talmente tanto, l'estate.
Avevo provato ad iscrivermi a nuoto, per sostituire nei giorni invernali la mancanza del mare, ma era stato come rimpiazzare una torta con una barretta energetica.

La Felicità Dipende Da Noi StessiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora