Capitolo 3

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Uscii dall'acqua buttandomi sul telo steso per terra, e indossando gli occhiali da sole mi rilassai per un'ora.
I giorni passavano così: bagno, sole, riposino, bagno, sole, merenda.
Era un circolo che andava avanti sin da quando papà ci portava al mare dicendoci che eravamo la sua gioia e che non ci avrebbe mai lasciato.

Beh, ironia della sorte: alcune cose non cambiano, ma altre si. E a volte è meglio.

-Ehi, distruggi nasi!- sentii alle mie spalle, mi girai e vidi il ragazzo dello sportello.
Il suo naso era tornato quasi normale, e a dirla tutta mi dispiaceva, sembrava esser così fiero di sé che aver un pizzico della sua autostima mi sarebbe bastato per tutta la vita.

-Ciao- risposi semplicemente. Il cattivo umore era tornato, per colpa dei pensieri invadenti sull'uomo che mi aveva rovinato l'infanzia.
-Come te la passi?- chiese, sorridendomi, con la palla da volleyball stretta tra il gomito ed il fianco snello, coperto da un colorito caramellato, che io riuscivo a prendere solo verso agosto. La vita era ingiusta.
Poi mi soffermai su ciò che aveva detto e alzando un sopracciglio abbassai di poco gli occhiali da sole: l'aveva detto sul serio?
Che razza voleva dire?
-Cosa? -
Lui rise, mostrando una fossetta sul lato destro del sorriso smagliante.
-Niente, lascia stare.-
Michele, il ragazzo con gli occhi elettrici di ieri sera si avvicinò.
-Ehi, ragazza misteriosa! Vuoi farti una partita con noi?- mi chiese, indicando con un pollice il campo da pallavolo alle sue spalle.
-No, non credo. Non ho vog-
-Ma dai! È per divertirci!- mi bloccò, insistente.
Lo fissai dal basso, pensandoci.
Avevo frequentato anni di pallavolo, durante la mia infanzia, ma come avevo detto: il passato lasciamolo al passato.

-Ma figurati se una come lei vuole venire a giocare, Michele! Lasciamole prendere il sole fino a diventare un pulcino bruciacchiato- mi stuzzicò il ragazzo dello sportello, innervosendomi, come suo solito.
Quando apriva bocca mi faceva solo irritare. Aveva un modo antipatico di dire le cose, come se solo lui capisse tutto.
Forse non sapeva che il mondo non gira intorno a lui.
Mi alzai, e infilandomi la maglietta gli diedi una spallata - il campo è quello giusto?-
Li sorpassai, ottenendo un -Si!- eccitato da Michele, e un ghigno dal ragazzo con gli occhi neri.
Mi aveva provocato di proposito, ed io da brava tonta c'ero caduta in pieno.

Alcune ragazze sedute in panchina mi guardarono con aria superficiale, mentre altre con un bel sorriso accogliente stampato in faccia.

-Ragazzi, lei gioca con noi, si chiama...- iniziò Michele, poi si grattò il collo, in segno di nervosismo, come per ricordare un informazione che in realtà non sapeva minimamente.
Risi -Anna-
Il ragazzo dello sportello saettò il suo sguardo verso di me, ed io non capii, anzi, mi venne soltanto più ansia.
Una ragazza con dei bellissimi ricci si presentò -io sono Greta-
Un'altra mi sorrise -Chiara-
Ed altre fecero smorfie che dovevano sembrare sorrisi.
-Okay, finito l'appello, le squadre sono casuali, cominciamo-

La partita cominciò ed io ero in squadra con Chiara, Michele, un ragazzo riccio, e due ragazze che avevano chiamato in quel momento, dato che eravamo a corto di persone, dato che alcune ragazze in panchina "non potevano rischiare di spezzarsi un'unghia o peggio di prendere l'abbronzatura solo al viso, data l'esposizione al sole in modo sbagliato".

Il ragazzo dagli occhi pece era in sotto rete, di fronte a me. I suoi occhi brillavano, e non avevo mai visto niente di simile. Come potevano esistere degli occhi così neri affiancati a capelli così biondi?
Non capivo.

Provò a schiacciare due volte, ma feci il muro due volte di seguito, la gente mi guardava sorpresa, e se all'inizio ridacchiavano tra di loro per la mia goffaggine nelle rincorse, dopo mi guardavano ammaliati, per un qualcosa che non sapevo, ma che m'infastidiva, ed anche parecchio. Odiavo essere fissata dalle persone.

Il primo set pareggiammo, il secondo vinsero loro, per un punto, mentre il terzo noi. Ero al limite delle forze, era mezzo giorno, ed il sole batteva incessantemente sulla spiaggia, e sulla testa.
Se non mi fossi buttata in acqua sarei morta senza fiato.

-Ragazzi mi devo fare un tuffo- diedi voce ai pensieri. Ci furono vari - vengo anch'io- e quando si formò un bel gruppo, ci tuffammo tutti insieme.
Non mi dispiaceva, forse sarebbe iniziata un'amicizia, magari diversa da quella che avevo avuto in passato, che aveva contribuito a lacerarmi dentro.

Appena mi buttai in acqua mi parve di ritornare a vivere. La salsedine scorreva tra i miei capelli e la sabbia appiccicosa che avevo sulle gambe per colpa dei bagher fatti a terra per non far cadere la palla, scivolava via, come un brutto ricordo del passato. Chiusi gli occhi e quando tornai alla realtà tirai i capelli indietro con entrambe le mani.

Michele mi mise un braccio intorno al collo - e brava la nostra Anna. Sai che vuol dire battere Leonardo?- mi chiese.
-Ci hai stupito, davvero- disse subito dopo Greta.
-Niente di particolarmente interessante- disse con voce roca "Leonardo".
Alzai un sopracciglio.
-Se volessi ti potrei stracciare in meno di mezz'ora-
-Speraci, tesoro-
Alzai gli occhi al cielo.
-Maschilista egocentrico-
Lui rise -domani, alle nove. Ti aspetto al campo. Vediamo se sarai davvero capace di battermi- disse, fissandomi con i suoi occhi contrastanti.
Lo guardai con aria di sfida -perfetto- dissi
-perfetto- ripeté lui.
-Oh, questa non me la perdo- rise Michele.

Dopo una fantastica doccia mi riposai un po' sul comodissimo letto che la zia mi aveva gentilmente offerto, leggendo qualche pagina di un libro che avevo comprato mesi prima ad un mercatino dell'usato. Non avevo mai avuto del tempo in più per potermi rilassare, mi faceva così strano in quel momento potermi stiracchiare e stringermi sul leggero e morbido lenzuolo giallo.

Sentii delle risate provenienti dalla camera di mio fratello e poi un -ti schiaccio!-
Bussai leggermente e appena accostai la porta vidi il ragazzo riccio che oggi aveva giocato nella mia squadra per la partita seduto sul letto, con le gambe incrociate ed il joystick in mano. Accanto c'era mio fratello, che talmente divertito non si era neanche accorto di me. Il riccio gli diede una leggera gomitata e lui mise in pausa.

-Dimmi- mi guardò.
-Niente sentivo delle voci- sorrisi. Per mio fratello era sempre stato difficile farsi degli amici veri, non riusciva a fidarsi del tutto di una persona, e questo lo portava spesso a rimanere da solo. Con i suoi occhi azzurri, i capelli biondi e il fisico slanciato e magrolino aveva sempre avuto molte corteggianti, ma lui non le guardava neanche, era interessato alla sua vita, <e non voglio sprecare neanche un minuto di tempo dietro le ragazze ed i centri commerciali> parole sue.
Forse sarà stato il fatto che parte del suo tempo l'aveva dovuto sprecare ad aiutare mamma e me, che da piccola non riuscivo a governarmi da sola. 

Lui mi fece un occhiolino -quando esci chiudi la porta-

La Felicità Dipende Da Noi StessiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora