Capitolo 10

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-Questo riso è la cosa più buona al mondo, ricordami poi di baciare i piedi di tua madre, Chiara- mugugnò Michele, mentre alla velocità della luce metteva in bocca l'insalata di riso e uova che aveva portato Chiara. Lei in tutta risposta rise. -Non esagerare-
-Te lo giuro. I miei genitori sono vegani, tesoro, non apriamo proprio questo discorso- le puntò la forchetta di plastica contro, ammonendola.
Greta spalancò gli occhi -io non saprei vivere senza carne, pesce e formaggio-
-Non vuol dire che io appoggi i loro temi di vita, insomma, loro preferiscono vivere una vita di merda a mangiare roba di merda, per poi morire come delle merde. Io sono dell'opinione che va provato tutto e se devo morire un giorno bene, ma se non altro avrò la soddisfazione di aver assaggiato tutto- concluse lui.
-Condivido- disse Luca.
-Non l'hai detto come l'avrei detto io, ma lo penso anch'io- aggiunse Chiara, che era la perfettina.
Lui la scimmiottò, facendo ridere tutti, compresa lei.

Dopo riso, birra e anguria ghiacciata decidemmo di giocare al gioco della bottiglia.
Io non amavo quel tipo di giochi, ma accettai lo stesso perchè eravamo in pochi, e conoscevo tutti, o almeno, credevo di conoscere.

La prima volta toccò a Filippo.
-Un bacio di dieci secondi con Chiara, che tra l'altro è l'unica non fidanzata e con cui non rischi l'incesto- comandò Michele. Lui, sebbene odiasse questo tipo di obblighi, non si tirò indietro.
Si alzò dalla sua postazione accanto alla mia ed andò a sedersi vicino a lei, dove con cautela le mise una mano sulla guancia e incollò le labbra alle sue. Vidi le lingue che s'intrecciavano e mi fece alquanto strano, considerando che quello era mio fratello.
Dopo i dieci secondi, contati in coro da tutti noi, lui fece per staccarsi, ma Chiara gli mise le mani sulle spalle, e lo tirò un'altra manciata di secondi. Quando si scollarono erano senza fiato, lei con le guance arrossate e lui con i capelli biondi scompigliati dalla veemenza di Chiara ed il respiro leggermente affannato.
-Maledizione, ci sai proprio fare!- esclamò lei, facendolo arrossire come un pomodoro.
Con la coda dell'occhio vidi Luca tirare leggermente Greta tra le sue gambe. Lei assunse un espressione pensierosa, e guardandomi tirò le sopracciglia in alto.
Prima mi aveva detto di come stavano discutendo in questo periodo ed ora?
Lei, comunque contenta, si accoccolò tra le braccia del suo ragazzo, che aveva lo sguardo fisso sulla bottiglia che girava.
Fil rimase accanto a Chiara, che aveva poggiato la testa sulla sua spalla.
-Leonardo, ti obbligo ad andare per dieci minuti nel bosco con Anna- disse Chiara, ammiccandomi con lo sguardo. Io le lanciai un'occhiataccia.
-Ma io ho la possibilità di scelta tra obbligo e verità, perchè devi scegliere tu per me?- protestò lui, con il viso di poco arrossato.
Cosa? Non ne lo aspettavo proprio.
-Perchè si. Andate su- rise lei, gesticolando con le mani.
Lui si tirò su, ghignando, e mi porse una mano, che io rifiutai categoricamente.
Di fronte agli altri non potevo cedere.
Filippo mi lanciò un'occhiata minacciosa, che mi fece solo ridere.

Ci incamminammo e due minuti dopo l'unica vista che avevo davanti era quella degli alberi, alberi ed ancora alberi.
-E' un po' inquientante, non trovi?- rabbrividii di poco.
-Cosa?-
-Questi alberi alti, il rumore delle foglie quando le calpesti, il suono dei nostri respiri- dissi. Mi vergognai, perchè appena dissi "nostri" lui si girò a guardarmi, facendolo suonare strano.
-Che intendi con "il suono dei nostri respiri?"- si fermò.
-Senti- mi fermai.
-Qui è tutto amplificato, non esiste un suono irriconoscibile- continuai.
Lui si sporse di poco, avvicinando la sua bocca al mio orecchio. Respirò profondamente, e mi passò un brivido sulle braccia, che lui coprì subito dopo con le sue mani grandi e morbide. Erano delicate, e la mia testa gridava il codice rosso. Nessun ragazzo mi era mai stato così vicino, in tutti i sensi.
Mi baciò dolcemente l'elice dell'orecchio, scendendo delicatamente verso il lobo. Sussultai e chiusi gli occhi, decidendo che per un paio di secondi potevo assaporare il rumore della sua bocca contro il mio orecchio.
-Perchè lo stai facendo?- susurrai, mettendogli una mano nei capelli biondi. Erano soffici, e potevo sentire il profumo di shampoo invernale che aveva sempre addosso.
-Perchè in questo momento è giusto così- sussurrò semplicemente. Mi staccai di scatto.
-No, non voglio restarci male quando finirà- misi le mani avanti, tornando con i piedi per terra.
-Finirà cosa?- chiese lui.
Aveva ragione. Come fa a finire una cosa che non è neanche iniziata?
Ma io sapevo che sarebbe comunque finita male, non ero destinata ad essere felice con un ragazzo. Avevo la testa in pappa quando lui era vicino a me.

La mia felicità dipende da me stessa, continuavo a ripetermi, non da una bocca che mi accarezza l'orecchio, o da delle mani che mi stringono come se stessero urlando: "puoi lasciarti andare, io ti reggerò", o da dei capelli che mi ricordavano le giornate in montagna, o dalla sua altezza che anzichè intimorirmi mi faceva sentire al sicuro, no.

La felicità dipende da me stessa.

Verso il ritorno lui cercò di prendermi la mano più volte, ma io la allontanai con qualche stupido pretesto, come scacciare un moscierino, sistemarmi i capelli, o raccogliere un bellissimo fiore con cui tenni occupate entrambe le mani fino a quando tornai a sedermi.
Michele sbuffò e passò una banconota a Chiara, appena tornai comoda nella mia postazione al sole caldo.

-Avete scommesso su di me?- sbuffai indignata.
Mentre Chiara disse -No- Michele disse -Si, e ci ho pure perso- sbuffò.
-Tesoro, io ho scommesso al fatto che non avresti ceduto al fascino-
-Io sono molto più di questo- si difese Leonardo.
Alzai gli occhi al cielo e lasciai perdere, dato che erano un gruppo di decerebrati. Chi più e chi meno. Però volevo bene a tutti.

-L'acqua è ghiacciata!- urlò Greta, appena mise un piede nel lago.
Con il passare delle ore il sole era diventato insopportabile, così ci spostammo con i teli in riva al lago.
Io non persi tempo e mi tolsi le scarpe, correndo poi verso l'acqua.
L'acqua era veramente fredda, ma non importava, o almeno, non importava quello. Importava più il fatto che non avessi portato il costume.
Chiara restò a riva, insieme a Filippo che non pareva molto contento di parlare con lei.
Ad un certo punto non sentii i piedi toccare terra e vidi tutto a testa in giù
-Lasciami per terra, Leonardo!- urlai, tirandogli dei pugni sulla schiena, riconoscendo il suo profumo.
Lui rise, facendo smuovere tutto il suo corpo. Un brivido mi percorse la schiena.
-Uno, due...- iniziò a contare.
-Giuro che se lo f...-
-Tre!- urlò.
L'acqua ghiacciata mi svegliò completamente. Il lago non era come il mare, che gradualmente diventava più profondo, il lago aveva un metro di acqua bassa sul davanti, e poi c'era lo sprofondo più totale.
Un po' come la vita: fin quando sei bambino è tutto una meraviglia, ma quando inizi a crescere, con le insicurezze, un padre che non è mai stato tale, una madre fragile che si finge forte, un fratello come unica spalla e degli amici che ti conducono sulla strada sbagliata e ti lasciano lì a marcire da sola, lì è un disastro. Lì c'è l'abisso. E pochi riescono a risalire.
Io in quell'estate avevo trovato delle persone che mi hanno lanciato la fune per poter tornare a galla. E francamente, la solitudine aiuta a pensare, certo, ma gli amici aiutano ad agire. E nella vita è quello che serve.

La Felicità Dipende Da Noi StessiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora