CAPITOLO 7

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La tribù della Tartaruga.

L'uomo di pietra posto di guardia a quel quartiere non mentiva.

Finalmente era giunto a destinazione.

" Non dare nell'occhio"

Quella frase si ripeteva nella sua testa, quasi come un mantra, mentre osservava l'enorme statua ferma da chissà quanto tempo, studiando quanto fosse diversa da quella rappresentante la sua tribù che incuteva un certa soggezione: quella di fronte a lui traboccava di conoscenza, invitando quasi lo stesso spettatore a provare ammirazione nei confronti di quell'uomo fermo per l'eternità.

Inspirò profondamente l'aria, stringendo i pugni, quasi a darsi coraggio, prima di attraversare l'enorme porta, ignorando quello che sarebbe accaduto di lì a poco: i suoi occhi si illuminarono alla vista dell'immensa distesa di verde, ricordante un bellissimo prato; eppure era quel verde a identificare il culto della gente del posto, oltre al loro carattere aperto, diverso da quello più freddo e distaccato della sua tribù.

" Non dare nell'occhio"

Ripeté a sé stesso inspirando ancora una volta, mantenendo lo sguardo fiero e sicuro e buttando un piede dopo l'altro, fissando un punto non definito davanti a lui, senza incrociare il suo sguardo con quello delle persone che non nascondevano la loro curiosità sul perché uno come lui si trovasse lì.

" Non dare nell'occhio? Gran bel tentativo" rimproverando a sé stesso il fallimento.

Come poteva non dare nell'occhio un uomo vestito di viola in mezzo a tutto quel verde?

" Gran bel tentativo genio!" si ripeté ancora una volta mentre la mano destra si adagiava al petto, quasi a sorreggere qualcosa posta sotto la sua giacca violacea.

I suoi passi erano fini ed eleganti e anche il suo portamento era impeccabile: altro punto dolente che non gli permetteva di mescolarsi con la gente comune senza risultare vistoso.

Non dare nell'occhio, eh? Ci sei riuscito alla grande!

Accidenti a tutti quei curiosoni!

Iltragitto non gli sembrò così lungo come prima d'ora, mentre la sua mente vagava al ricordo di quella mattina, quando siera alzato molto presto per terminare alcune pratiche inerenti alla Tribù dell'Ape e della Volpe, che non era riuscito a completare in tempo il giorno prima: la notte era sopraggiunta e lui doveva lottare tra i vari dati riportati sul foglio ed i suoi occhi stanchi che giocavano brutti scherzi. Socchiuse gli occhi, portando due dita alla radice del naso, sentendo la stanchezza sopraggiungere, assaporando già quel sonno ristoratore che gli avrebbe permesso di recuperare buona parte delle energie.

I corridoi erano ancora vuoti, nessun via vai di uomini e donne al suo servizio: soltanto le varie decorazione violacee che impreziosivano le pareti bianche dell'enorme palazzo di cui ne era il padrone. Una porta si palesò al suo cospetto, conoscendo già cosa si celasse dietro quelle ante dato che lui era solito passarvi buona parte della giornata: poggiò le mani sulle ante, spalancandole verso l'interno ed essere investito dal profumo di lavanda che producevano gli unici fiori presenti in quella stanza, ma ben presto si accorse di qualcosa, qualcosa di strano: uno dei cassetti di un mobile era stato lasciato mezzo aperto. All'inizio, l'idea di essere stato poco accorto e di averlo lasciato aperto la scorsa notte balenò nella sua testa mentre si avvicinava all'oggetto di arredo, recuperando da una delle tasche interne di una giacca lunga la chiave; ma quando fece per richiuderlo, notò qualcosa che mai avrebbe potuto pensare: il cassetto era stato manomesso, quasi aperto con forza, e dato che lui era l'unico a possederne la chiave, poté capire perfettamente la gravità della situazione, sentendo il suo respiro diventare irregolare, il cuore perdere diversi battiti ed i suoi occhi malva spalancarsi, oscillando tra la paura e la volontà di fare chiarezza. D'istinto si voltò verso la camera, osservando i vari oggetti ancora intatti, rasserenandosi solo quando capì che non erano stati presi di mira; espirò lentamente, cacciando l'aria che fino a quel momento aveva trattenuto, tornando con lo sguardo sul cassetto semiaperto: era stato un attacco mirato, deciso.

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