CAPITOLO 3

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Silenzio.

Ecco cosa predominava nella stanza oltre alla luce che attraversava i vetri delle finestre, rischiarando gli interni ed i diversi ripiani di libri accuratamente ordinati per argomento. Il silenzio, la luce e l'odore di libri riempivano la stanza dell'unica persona che disponeva di tutto quel tesoro e che adesso era seduto su una sedia di legno scuro decorata da diversi intagli, facendo alludere esser opera di un mastro artigiano; il rumore di pagine sfogliate ruppe ancora una volta la quiete, riecheggiando nella stanza e alle orecchie dell'uomo intento ad accavallare la gamba sinistra sulla destra, portandosi una mano alla guancia, facendo leva sul proprio gomito poggiato sul bracciolo, mentre i suoi occhi color malva scivolavano tra simboli e segni contenuti all'interno delle pagine del grimorio che aveva catturato completamente la sua attenzione, quasi a voler decifrare i pezzi di un tortuoso puzzle che non conosceva. Aveva trovato quel libro in uno dei tanti ripiani alti, impolverato e quasi dimenticato dal mondo stesso; nonostante l'amore che aveva per i manuali, sapeva di non possedere una conoscenza tale, seppur colto, da interpretare tutto il contenuto del libro che scaturiva in lui brama di conoscenza: con eleganza, catturò tra l'indice e il pollice un nuovo foglio, pronto per essere girato. Un bussare timido alla porta lo distolse dalla lettura impegnativa che stava togliendo parte del suo tempo e della sua pazienza: alzò la testa, osservando l'enorme portone scuro rivelare una donna più avanti negli anni, con i capelli argentei raccolti accuratamente in una crocchia e le mani, in trepida attesa, stringevano l'enorme gonna violacea, alzata di pochi centimetri, e trasmettevano tutta la tensione che la donna provava al suo cospetto, in contrasto con l'espressione impassibile dipinta sul volto.

«Sono arrivate le pratiche della tribù del pavone, mio signore»

«Molto bene.» fu la risposta sibillina che diede lui «E quelle inerenti alla Tribù del Gatto Nero e della Tartaruga ?»

«Non ancora.»

Uno sbuffo infastidito si levò nella stanza che non sfuggì alla donna che osservava il suo signore levare gli occhi al cielo, atteggiamento che manifestava tutto il suo disappunto. Era stato chiaro al riguardo: una volta ogni due settimane avrebbero dovuto presentare le pratiche riguardanti le Tribù che popolavano Atlis.

Come poteva amministrare l'economia del paese se non aveva tutti i dati completi?

«Sono arrivate altre farfalle, mio signore. Mi sono permessa di aggiungerle alle altre»

L'uomo si voltò ancora una volta verso la donna, sgranando i suoi occhi alla novella appena data, allontanandolo con la mente dal malumore della " pillola amara" che aveva digerito poco prima.

«Che colore sono?»

«Bianche, mio signore»

Un altro minuto di silenzio.

L'uomo si morse la guancia interna, osservando la donna ancora ferma al suo posto e che non distoglieva l'attenzione da lui: c'era qualcos'altro che voleva sapere, qualcosa di meglio, provando un senso di vergogna nel porre l'unica domanda che avrebbe potuto far balzare il suo giovane cuore. Forse la domanda era scritta in pieno volto o forse era troppo evidente il suo senso di insoddisfazione ma la donna si affrettò a rispondere all'unica domanda che lui non pronunciò.

«Ѐ ancora in città, mio signore»

Ancora una volta, sentì i suoi occhi spalancarsi per la meraviglia mettendo in risalto il colore particolare che lo caratterizzava, dove il senso di profondo affetto che lo legava ancora a qualcosa o qualcuno in città, fu letto ben chiaramente dalla donna di servizio: chiuse il libro poggiandolo sul tavolo, congedando la governante qualche secondo più tardi, inspirando a pieni polmoni e piegando le labbra in quello che era un sorriso, lasciando che la sua mente vagasse tra i ricordi e i pensieri. Si alzò dall'enorme poltrona, fermandosi davanti l'immenso vetro, rimanendo a fissare l'esterno senza guardarlo veramente: lasciò che le mani si unissero dietro la schiena e che si stringessero a vicenda, prima di vagare con la mente a quel qualcosa che agognava da tempo.

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