CAPITOLO 17

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"Ci sono certezze che hai ancor prima di vederle."

Ma per lui di cosa fossero fatte era un autentico mistero.

Erano invisibili al suo sguardo e non potevano di certo essere sfiorate o chiuse in uno dei tanti contenitori posti in alto su qualche mensola o sparsi in uno dei banconi del laboratorio del padre.

Lui si limitava a osservare, con quegli occhi da bambino troppo grandi per il suo viso, persone, lavori, oggetti, qualsiasi cosa pur di riuscire a comprendere, a dare una spiegazione alle innumerevoli domande che poneva a se stesso e che, il più delle volte, non avevano una risposta, avvolte come erano nella rete nebulosa del mistero.

Wayzz aveva aspettato ai piedi della figura posta davanti l'entrata che anticipava il quartiere legato al culto, con gli abiti che lo contraddistinguevano appartenente ad un'altra Tribù.

Lui, legato al quartiere della Tartaruga e al colore dei prati e delle foglie, o almeno così aveva detto la sua amica.

Il colore della natura.

Wayzz osservò, con gli occhi grandi e nocciola, la grande statua della Divinità della Coccinella, ammirando quanta dolcezza riuscisse a trasmettere e facendolo sorridere di cuore. Era giovane, aggraziata, amorevole e i suoi gesti non facevano altro che mettere a nudo la sua anima pura, una bellezza fatta di gesti genuini, proprio come i bambini che giocavano ai suoi piedi e che lei proteggeva con il suo mantello.

Ciò che accomunava le statue era il profondo rispetto di ciò che simboleggiavano, ma sebbene fosse solo una rappresentazione sulla pietra, Wayzz non potè fare a meno di notare quanto fosse molto diversa dall'uomo posto all'entrata del suo quartiere, con lo scudo in una mano e un libro nell'altra, a rappresentare quel senso di conoscenza profonda e protezione che contrastava con il dolce tepore che scaldava il suo petto.

Quello stesso tepore che aveva la voce di una bambina di sua conoscenza e che pronunciava chiaramente il suo nome da lontano. Wayzz fece scivolare il suo sguardo nella direzione da cui proveniva la voce chiara di lei, sorridendo alla bambina dai capelli cremisi che correva con l'abito rosso e pois neri e agitava il braccio in un saluto. Tikki era sempre così: sorridente, con le guance calde e gli occhi brillanti di felicità e, per un momento, Wayzz si chiese se la donna rappresentata fosse stata come Tikki.

Un raggio di sole a illuminare le vite di chiunque le stesse accanto.

Wayzz non aveva fatto altro che sorridere, tra spruzzi d'acqua, piccole maratone e sorrisi sinceri che sbocciavano tra le labbra, finendo col sdraiarsi sull'erba, poco dopo, insieme alla sua amica più cara, stirando le braccia verso l'alto per riuscire a prendere il sole con le sue piccole mani.

Come era difficile afferrare una stella in mani così minuscole.

L'espressione felice che sapeva di respiri affannati, di veli di rosso a colorare le gote e di animi pieni di gioia, lasciò spazio alla confusione e all'incomprensione, a occhi sgranati e rivolti unicamente a quell'amica che aveva poco più la sua età, l'unica che sembrava riuscire a vedere, a cogliere il sottile segreto che si celava tra le cose.

Era un autentico mistero anche lei.

Tikki l'aveva pronunciata così, senza difese, incantevole e fragile come un vetro, trasparente come l'acqua che scorreva placida sotto i ponti in muratura di Atlis e, per un breve momento, Wayzz si chiese se dietro a quella positività, che sempre la caratterizzava, spesso si celasse qualcosa di più.

«E questo chi te l'ha detto?» domandò Wayzz, incuriosito.

Tikki, accanto a lui, con le braccia lungo i fianchi e le guance rosee, aveva continuato a fissare il cielo limpido al di sopra di essi, quell'azzurro che si estendeva senza confini, inspirando profondamente l'odore dell'erba e piegando le labbra in un sorriso sereno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 10, 2020 ⏰

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