27.

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Uno dei tanti villaggi dei Ribelli si trovava in una radura al centro della giungla. Ognuno di questi, era contrassegnato da un numero e collegato agli altri tramite una fitta rete di passaggi sotterranei scavati negli anni; viaggiare da un luogo all'altro restando allo scoperto era fin troppo pericoloso. I villaggi erano in tutto otto, e quello in cui io e Lili venimmo portate da Carter e Samshara era contrassegnato dal numero "3".

Tante piccole casupole di legno e pietra costeggiavano una schiera di banani alti e rigogliosi. Ogni balcone era decorato da delle cascate di fiori colorati, tante piccole fiammelle incorniciavano la stradina polverosa; mi sembrava impossibile che quel luogo così verde, così vivo, potesse esistere sullo stesso pianeta di Beehive.

La gente camminava a passo svelto per le vie illuminate, chi con dei pesanti ciocchi tra le braccia, chi con cesti ricolmi di frutta e chi con casse di legno piene di armi. Il cielo si era schiarito portando via con sé tutto il freddo notturno del del deserto. Nell'aria aleggiava il profumo di carne arrostita e di verdure grigliate, il mio stomaco non potè fare altro che brontolare. I bambini del villaggio erano intenti ad intrecciare dei cesti, contribuendo così ai lavori del villaggio. Nella grande stalla che occupava una gran parte del piazzale d'erba del villaggio, i maiali riposavano beati sotto i primi raggi del sole. Non me ne sarei mai voluta andare, avevo appena trovato un piccolo Eden.

Lili, tra le braccia di Carter, era ancora delirante. Ad ogni suo lamento tornavo con i piedi per terra, distoglievo lo sguardo da qualsiasi cosa stessi ammirando e ricominciavo a chiedermi quanto mancasse prima che un medico la curasse.

Samshara spalancò la porta di una di quelle graziose casupole e subito dopo apparve un uomo sulla settantina, capelli bianchi, barba lunga e gentili occhi languidi.

– Forza, forza! – disse facendoci segno di entrare.

Carter appoggiò Lili su un divano di stoffa grigia e si tirò indietro affinché l'anziano signore potesse visitarla.

– Cosa le è successo? – chiese scoprendo la ferita sulla spalla.

– È stata attaccata da un giaguaro. Ha perso molto sangue, non sapevo cosa fare per fermare l'emorragia... così ho scaldato la lama del mio pugnale sul fuoco e ho tentato di far cicatrizzare la ferita. – dissi tutto in fretta, con il terrore di aver commesso un errore.

– Ottima idea. Ma è infetta, vedi? – mi avvicinai e vidi che, alla pressione del dito, la ferita buttava pus e sangue.

– Jack, abbiamo i medicinali? – chiese Samshara.

– Me ne è rimasta giusto un'ultima scatola. – disse, aprendo una credenza di vetro e tirando fuori una confezione di antibiotici – Ma questi non basteranno. La ferita deve essere disinfettata e la ragazza ha bisogno di molto riposo.

– Nessun problema, ce ne occuperemo noi. Grazie Jack! – disse Carter, risollevando Lili dal divano.

Ci spostammo nella casa affianco e lasciammo la ragazza in una stanza, aspettando che i medicinali cominciassero a fare effetto. Samshara si stava occupando di sistemarle delle pezze bagnate sulla fronte e dietro al collo, quando io e Carter uscimmo dalla stanza per lasciarle spazio di manovra.

– Cosa è successo agli altri? Stanno bene? – chiesi, riferendomi ai Ribelli che mi avevano aiutata a scappare dalla città.

– Non ne ho idea. — rispose lui – Piuttosto, dimmi, come è andata?

Gli raccontai tutto, dal momento in cui sentii le sirene suonare, alla morte di Thiago. Gli raccontai dell'agonia nel deserto e dell'attacco del giaguaro.

— Ti ho cercata dappertutto, sai? Qualche giorno prima della tua fuga, Elia mi ha mandato ad avvisare i villaggi. Poi sono tornato indietro sperando di incontrarti, ma di te non c'era traccia. Non sai quanto sollievo mi da averti finalmente trovata.

Mi sentii improvvisamente arrossire ed era strano, anzi stranissimo, perché non mi era mai capitato. Carter, notando il mio imbarazzo, accennò un sorriso facendo comparire le due fossette agli angoli della bocca.

– Ho detto qualcosa che no va? – mi stuzzicò, tenendo un sopracciglio alzato.

– Oh! No, no! Non mi fraintendere! – mi affrettai a dire – Solo, ecco, mi fa piacere.

– Come vuoi... – rispose ancora sorridendo – Dobbiamo parlare di cose serie.

– Cosa?

– Ho mandato una squadra alla ricerca dei tuoi fratelli. – disse.

Avrei voluto saltargli addosso e ringraziarlo in milioni di lingue, ma rimasi immobile cercando di trattenere l'eccitazione.

– Quanto ci vorrà prima che facciano ritorno?

– Un paio di settimane, non di più.

– Un paio di settimane! Mi spiace, non posso aspettare così tanto tempo, può succedere di tutto! Più persone si mettono alla loro ricerca, più aumenta la possibilità di trovarli. Devo andare subito. – risposi.

– Non puoi andare via di qui. – mi ammonì.

– Ah no? Non vedo delle mura a bloccarmi la strada. – ribattei seccata.

Carter cambiò improvvisamente espressione, sembrava infastidito e allo stesso tempo ferito.

– Hai per caso idea di quante persone abbiano rischiato e perso la vita per aiutare te? – disse – Come puoi anche solo pensare di voltare le spalle al loro sacrificio mettendo a rischio la tua vita in un'impresa che non puoi affrontare?

Non seppi cosa rispondere. Aveva ragione, lo sapevo. Improvvisamente mi sentii una sciocca, ma il desiderio di uscire a cercare la mia famiglia non era svanito.

– Tu resterai qui ad aspettare che altre persone che sanno quello che fanno svolgano il loro compito. Tu non sai con chi avresti a che fare, gli Assaltatori non sono come Keller. Mi sono inteso?

– È il mio compito. È un mio dovere. – sibilai.

– Il tuo compito è quello di badare a Lili. Lascia questa missione a chi è in grado di portarla a termine. – Concluse, prima di uscire dalla casa sbattendosi la porta alle spalle.

Dopo qualche minuto di rabbia, decisi che avrei aspettato le due settimane. In fondo i Ribelli facevano queste cose da una vita, conoscevano gli Assaltatori meglio di quanto avrei potuto conoscerli io e, probabilmente, i miei fratelli avevano più possibilità di sopravvivenza con i Ribelli piuttosto che con me.

Avrei aspettato due settimane. Non di più.

NECTARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora