52.

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Eravamo tutti seduti intorno ad una tavola arrangiata con dei vecchi pezzi di legno mezzi bruciacchiati. Io, Carter, Samshara, Jack, Billy e Cody -due ragazzoni con il viso ricoperto di acne- e perfino Piros e Michel.

– Dobbiamo entrare a Beehive e salvare Liam. – dissi.

Forse in questo modo Lili riuscirà a perdonarmi.

– Abbiamo già mandato una squadra, non c'è modo di entrare. – rispose Samshara.

– Invece un sistema esiste. – si intromise Jack – Volevo aspettare che fosse tutto sicuro per dirvelo, ma non possiamo più aspettare. I Ribelli all'interno di Beehive stanno scavando un tunnel sotterraneo.

Qualcuno si è salvato! Era la prima cosa che riuscii a pensare in quel momento.

Poi, come tutti gli altri, iniziai a percepire l'eccitazione per quella notizia.

– A che punto sono? – Chiese Carter sollecitando Jack ad andare avanti.

– Non saprei, i contatti con i Ribelli si sono interrotti.

– Aspetta, aspetta. Hai avuto contatti con loro? Come? – Samshara si era alzata in piedi e aveva poggiato i palmi delle mani sul tavolo traballante.

– Io-Io-Io sono riuscito a contattarli. – si intromise Piros che, quando non era troppo eccitato, riusciva ad articolare le frasi con più precisione – Ho hackerato un vecchio portatile situato nei-nei-nei quartieri poveri e sono riuscito a mettermi in contatto con un Ribelle.

– A che punto erano arrivati quando si è interrotta la comunicazione? – domandò Michael.

Piros, colto dalla timidezza, si portò un braccio davanti al volto per nascondersi. Non conosceva Michael e la sua domanda diretta lo aveva messo in soggezione.

– Piros, è importante. – insistette Carter con delicatezza.

– Ave-ave-avevano raggiunto i trenta metri di profondità e stavano cominciando a scavare in orizzontale. – rispose tutto d'un fiato.

– Quanto tempo è passato? – chiesi con gentilezza, sperando che Piros si fosse scordato del nostro ultimo incontro.

Il timido signore, prima mi lanciò un'occhiata di rimprovero, poi tornò a nascondersi dietro la manica larga della sua vecchia maglia piena di buchi.

Non si è scordato.

– Piros? – lo sollecitò Carter.

– Un mese. – bisbigliò.

Ci voltammo tutti verso Jack, aspettando sue indicazioni.

L'anziano signore dalla barba e dai capelli bianchi, teneva lo sguardo incollato alle sue mani poggiate sul tavolo. Borbottò qualcosa intanto che rifletteva sul da farsi.

– Con i mezzi dei quali dispongono, un mese non è abbastanza perché siano riusciti ad aprirsi un varco fuori dalle mura. – disse dando voce ai suoi pensieri.

– Dobbiamo iniziare a muoverci, Liam è in pericolo e gli Assaltatori si stanno velocemente preparando all guerra. E anche Beehive. – ribatté Samshara.

– Dobbiamo partite subito e sperare che il tunnel sia pronto. – suggerì Carter dando man forte all'amica.

Jack piegò la testa portandosi le mani tra i capelli. Sospirò profondamente poi annuì con forzata decisione.

– Se non riusciamo a riprendere il collegamento con i Ribelli, non abbiamo altra scelta. Piros, sicuro che non ci sia modo? – chiese il medico.

Piros tirò fuori da sotto la maglietta il suo portatile mezzo scassato e lo poggiò sul tavolo. Tutti i presenti alla riunione si appostarono alle sue spalle, curiosi di poter osservare sullo schermo i movimenti esperti dell'hacker.

La facciata del desktop era divisa in due parti: da un lato era aperta una pagina sulla quale Piros cercava di riprendere contatto con gli abitanti di Beehive, mentre nell'altro lato ara aperto un file che conteneva una strana immagine: una serie di linee verdi che formavano un alveare.

– Non esiste più contatto. Non posso-so-so fare nulla.

– Cosa è quello? – chiesi indicando l'alveare.

Piros si voltò nella mia direzione e per un momento credetti che non mi avrebbe risposto, ma sorprendentemente trovò il coraggio di parlarmi.

– Quello è l'Alveare. Dove eri rinchiusa a Bee-Bee-Beehive. – rispose con ovvietà – Ho hackerato i loro sistemi di sicurezza e sono riuscito a tracciarne un pro-pro-profilo.

Samshara lo strinse in un abbraccio tanto forte da far cadere a terra gli occhiali che scivolarono via dal naso di Piros.

– Tu sei un genio! – gli disse urlando – Cosa aspettavi a dircelo?

– Sam. Sam, lascialo andare. – l'avvisò Carter, notando l'espressione terrorizzata dell'informatico.

– Sei in grado di disattivare i loro sistemi di sicurezza? – chiesi con dolcezza.

– Solo per qualche minuto. – rispose, per la prima volta senza balbettare.

– Ragazzi? – Jack richiamò la nostra attenzione – Questa missione non servirà unicamente a salvare Liam. Dobbiamo anche evacuare i quartieri poveri della città e far esplodere l'Alveare distruggendo tutti gli Automi.

– Io sono pronta. – Affermò Samshara con estrema convinzione.

– Anche io. – disse Carter, seguito dai due ragazzoni di nome Billy e Cody e da me.

Avevo trovato il modo per sdebitarmi e, nonostante fossi terrorizzata, non mi sarei tirata indietro.

– Ci sto anche io. – annunciò Michael.

Mi voltai di scatto e lo fulminai con lo sguardo.

– Scordatelo. – ribattei – Tu resterai qui, al sicuro.

– Non esiste un posto sicuro fino a quando esisteranno cose come Automi e Pungiglioni. Voglio dare il mio contributo, vengo anche io. – sostenne.

– Non esiste, Michael. Tu non vai da nessuna parte. – ripetei con più decisione, sperando di intimorirlo.

– Abbiamo bisogno di più aiuto possibile. – si intromise Jack – Michael potrebbe restare fuori dalle mura per aiutare la gente che evacueremo.

– Non posso rischiare di... – a quelle parole mi si bloccò la voce in gola.

...di perdere anche te.

– Julia, sarò prudente. Te lo prometto. – Mi giurò Michael, prendendomi per le spalle.

Rimasi in silenzio per qualche secondo, poi abbassai la testa in segno di assenso.

– Bene, prepariamo il piano. – esortò Carter.

NECTARDove le storie prendono vita. Scoprilo ora