– Tu lo sapevi? – urlai contro Carter.
– Di che parli? – mi chiese spaesato, non comprendendo la mia rabbia.
Mi scapicollai fuori dalla tenda. Non potevo sopportare quella poca aria che si respirava tra le pareti di stoffa che ci dividevano dal resto del mondo.
Carter mi seguì con il volto carico di preoccupazione. Non riuscivo a capire se fingeva di non sapere a cosa mi riferissi o se effettivamente non aveva idea di quel che stavo dicendo.
– Lili era incinta. Lo sapevi? – chiesi, cercando di contenere la rabbia.
L'espressione che si dipinse sul suo volto mi arrivò come una pugnalata in pieno stomaco. Carter abbassò lo sguardo, mortificato.
Ma se in qualsiasi altro momento quella sua espressione avrebbe potuto farmi tornare indietro sui mie passi, in quell'istante fece crescere ulteriormente la mia furia. Non era solo rabbia, era qualcosa di più forte, qualcosa di peggiore.
Gli assestai uno schiaffo in pieno viso talmente forte che temetti che il suo suono avrebbe potuto svegliare gli abitanti del villaggio. E in effetti, così avvenne.
– Julia... – provò a dire.
– Non osare pronunciare una parola. Avresti dovuto dirmelo, avrei potuto salvata! – sbraitai.
Le parole mi si impastarono nella bocca, insieme alle lacrime che dalle guance mi scivolarono sulle labbra.
– Non sapevo cosa fare! Non ne ero neanche sicuro! – provò a giustificarsi alzando le mani in segno di resa.
– Avresti dovuto dirmelo!
Carter tentò di avvicinarsi a me, ma io feci alcuni passi indietro per evitare il suo contatto.
I suoi occhi si riempirono di dolore, ma non potei fare a meno di pensare che se lo meritasse.
– Ti prego, dammi la possibilità di spieg... – disse allungando la mano, afferrandomi il polso.
Io mi liberai dalla presa con uno strattone.
– Non provare a giustificarti. Non voglio sentire nulla di ciò che hai da dire. – risposi in un sibilo, prima di allontanarmi in fretta per immergermi nella vegetazione della giungla.
**********
Rimasi per ore seduta con la schiena contro la corteccia dell'albero di Lili.
Non avevo fatto altro che piangere e urlare. Avevo preso a pugni quell'albero, avrei voluto che non fosse mai esistito. Avevo le nocche scorticate e rosse di sangue, ma non riuscivo a smettere. Fu solo quando quel dolore divenne troppo forte da riuscire a sopportarlo che caddi sulle ginocchia restando abbracciata all'albero.
Avrei voluto uccidere Dorian, avrei voluto strappargli dalle orbite quegli occhi tanto chiari da sembrare trasparenti.
Quando le lacrime si asciugarono, rimasi sola con il rombo del mio cuore che non mi dava tregua.
Pensai a Carter e mi si strinse un nodo in gola. Non potevo sopportare il fatto che mi avesse taciuto una cosa tanto importante. Avrei potuto fare qualcosa.
Forse. O forse non avrei potuto fare nulla.
Quando sentii il suono di un ramo che si spezzava, mi alzai in piedi, pronta ad allontanarmi in fretta se avessi visto arrivare Carter.
Ma invece, da dietro una cascata di rami verdi, apparve Jack.
– Come ti senti? – mi chiese con dolcezza.
– Bene.
– Ti va di fare due chiacchiere?
– Se sei qui per dirmi quanto Carter sia un bravo ragazzo e non si meriti la reazione che ho avuto, non abbiamo nulla di cui parlare. – sbottai.
– Voglio solo mostrarti la cosa da un punto di vista differente. – rispose con tranquillità.
Sospirai e mi portai le mani tra i capelli.
– Non ha importanza da quale punto di vista si guardi. Se una cosa è sbagliata, è sbagliata e basta.
– Non credo di pensarla come te. – affermò, sistemandosi una ciocca di capelli bianchi dietro ad un orecchio – Prova a metterti nei panni di Carter, cosa proveresti se ti trovassi a confronto con una donna che ha subito le stesse crudeltà di tua madre?
– Rabbia. – risposi d'istinto.
– Non credo che lui abbia provato rabbia, io credo che si sia sentito confuso.
– La sua confusione ha ucciso Lili. – replicai con gelo.
– No, Lili ha ucciso Lili. Non sei stata tu e non è stato Carter. È stata Lili, spinta dal dolore di tutto ciò che era stata costretta a subire. Credi davvero che se avessi saputo la verità fin dall'inizio, sarebbe potuto cambiare qualcosa? Io non credo. Credo piuttosto che saresti stata ancora più accondiscendente nei suoi confronti e questo non l'avrebbe aiutata. Così come non l'avrebbe aiutata il pugno di ferro. Lili si sarebbe potuta salvare solo se lei avesse voluto essere salvata. Non si può nuotare controcorrente.
Quelle parole, probabilmente, furono perfino più dolorose dell'attribuirsi una colpa. Forse era qualcosa che già sapevo nel mio profondo, ma era stato di gran lunga più facile avere qualcuno da odiare, perfino se quel qualcuno era stato Carter e soprattutto me stessa.
– Credo di avere qualcosa di cui scusarmi. – ammisi.
– Lo credo anche io. Ma non avere timore, Carter non ti biasima per la reazione. – rispose Jack con gentilezza, circondandomi le spalle con il suo braccio.
Una volta fuori dalla giungla, notai subito Carter poggiato contro la parete annerita di una vecchia casupola. Aveva le braccia incrociate e una gamba piegata, con il piede pigiato contro il muro. I capelli corvini gli ciondolavano davanti agli occhi colmi di dispiacere.
Quando mi notò avvicinarmi, le sue pupille si illuminarono di speranza. Assunse una posizione più tesa e fece per iniziare a parlare, ma io lo bloccai subito.
– Mi dispiace Carter, avrei dovuto...
– No, ti prego. Non dire nulla, sono io che devo scusarmi. – mi interruppe prendendomi le mani tra le sue.
Le mie braccia vennero percorse da brividi che si diramarono in tutta la schiena, riscoprendomi di pelle d'oca. Carter non poté fare a meno di accorgersene e di sfoderare, forse involontariamente, quella sua espressione di seducente strafottenza.
Alzò prima un sopracciglio, poi lo sguardo. Incontrò i miei occhi e gli sfuggì uno di quei sorrisi per i quali sarei potuta morire.
– Perdonami. – dicemmo all'unisono.
– Non hai nulla di cui farti perdonare, dolcezza. – disse, piegando un angolo della bocca in un sorriso divertito.
– Dolcezza? Fai sul serio? – chiesi con l'intento di sfotterlo.
Carter scoppiò in una fragorosa risata e mi strinse in un abbraccio. Il mio viso si ritrovò a contatto con i suoi forti pettorali e potei sentire il suono del suo cuore che batteva come un tamburo.
Alzai il viso verso di lui e lasciai che mi baciasse. Fu il bacio più dolce e delicato che mi avesse mai dato. In quel momento, mi sentii per la prima volta nell'esatto punto in cui mi sarei dovuta trovare.
– Cosa succederà adesso? – chiesi, tornando seria.
– Quello che aspettiamo da tempo: la vendetta.
– Che vuoi dire?
– Voglio dire che abbiamo convocato un nuovo consiglio: dobbiamo attaccare gli Assaltatori prima che gli arrivi la notizia della nostra offensiva a Beehive.
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NECTAR
AdventurePROTETTA DA COPYRIGHT PERCHÉ DEPOSITATA REGOLARMENTE! [IN REVISIONE] A causa dell'inquinamento globale, la terra comincia a ribellarsi alla presenza della specie umana. Dopo Tsunami, tornadi, terremoti, esplosioni nucleari, carestie, epidemie e guer...