Silenzio

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"Il silenzio è il linguaggio di tutte le forti passioni. Dell'amore, dell'ira, della meraviglia, del timore."
— Giacomo Leopardi

Lo sportello della sua macchina si chiuse così rumorosamente che il boato continuò a riecheggiare a lungo nella notte. Aveva il volto nero di collera, contro se stesso, contro il suo piano andato in fumo e sembrava tenerci abbastanza da rimanerci male.
Shawn si appoggiò sconfortato contro la jeep nera e si contorceva frenetico le mani.
"Dai rimandiamo a domani" provai a dire, avvicinandomi a lui.
"Ma anche no, sono riuscito a farti uscire di casa dopo tutto questo tempo. Non ti farò rientrare dopo due minuti." Disse pensieroso "fammi ragionare, troverò una soluzione" continuò lui passandosi una mano tra i piccoli boccoli castani che cercava di rendere lisci.
Sapevo che non ci sarebbe stata una soluzione, era forse il karma, o il destino, o non lo so... ma ogni singola volta in cui credevo che le cose stessero andando nel verso giusto alla fine esse si rovinavano, ritorcendosi contro di me.
Seguii l'esempio di Shawn e appoggiai la schiena alla jeep, vicino a lui. Rimanemmo in silenzio a osservare quelle strade deserte, quei lampioni solitari, tristi, e quelle case che ci avevano visti crescere. Lo sentivo respirare profondamente, e in quella quiete il mio cuore batteva così forte da potersi sentire anche all'esterno, pronto a rovinare il momento.
Poi ad un tratto il mio vicino di casa, nonché amico, si rizzò in piedi e con aria trionfante urlò "prenderemo il treno!"
"Ma la stazione è dall'altro lato della città...e poi da quando i treni passano in piena notte?"
Shawn mi sorrise entusiasta, quasi avesse già programmato tutto nei minimi particolari.
"Hai delle bici?"
"Bici? Quelle di quando ero piccola, credo."
"Oddio non hai qualcosa della mia misura?" Disse lui indicandosi. In effetti era decisamente più alto di me di una trentina di centimetri circa, e aveva messo su anche un po' di muscoli. Non era più il ragazzino smilzo di due anni prima.
"Si Mendes, ho un monopattino." Dissi ridendo.

Mi avviai al mio garage e lo aprii, il più silenziosamente possibile, con le chiavi di scorta.
Shawn accese la luce e si mise a sollevare i teli che coprivano metà degli oggetti del mio garage. I miei genitori non amavano mostrarsi in pubblico, erano estremamente riservati e uscivano solo per fare la spesa o per qualche evento particolare.
Le loro biciclette erano state donate in beneficenza, lasciando solo le mie due piccole bici rosa, che Shawn aveva riportato al presente sollevando il telo bianco che le celava.
"No, mi rifiuto. Categoricamente. Sono un quarto di me. No. Assolutamente no." Brontolò Shawn esaminando le due bici con i nastrini colorati e i glitter.
"Oddio Shawn, smettila di frignare e accontentati" presi quella più alta e mi avviai per strada.
"Scusa perché a me quella più piccola se sono più alto di te?"
"Perché sei un bambino" dissi mettendomi in sella e sfrecciando via da Shawn ancora confuso davanti alla sua biciclettina.

Mi voltai indietro per controllare la situazione e lo vidi pedalare come un matto per raggiungermi. Era una visione decisamente imbarazzante, con le sue gambe che quasi toccavano il petto ad ogni pedalata e i nastrini colorati attorcigliati alle sue mani.
"Sei inguardabile così ." Dissi pensando alla scena vista poco prima.
"Non dire nulla Evans" mi rispose sorpassandomi, accompagnato da urla di gioia.
"Chi è il bambino adesso?" Mi urlò aprendo le braccia e portando indietro la testa.
"Sempre tu." Bofonchiai seguendolo.

La stazione era a circa dieci minuti in bici dal nostro quartiere. Le risate e la spensieratezza di poco prima avevano lasciato il posto ad un pressante senso d'imbarazzo.
Nessuno dei due parlava, concentrandoci a turno sul suono delle ruote sull'asfalto, sulle pedalate frenetiche, sulle spalle che avevamo di fronte.
Nessuna parola. Eppure mi pareva di parlare con lui. Mi pareva di potergli raccontare tutta la mia vita, di fargli percepire quella mia gratitudine immensa per quella notte folle.

Il silenzio rappresentava perfettamente quei miei due anni: era il silenzio che seguiva l'assenza.

Girammo a destra e davanti a noi si aprii la strada che portava dritta alla stazione. Una strada che io e Shawn spesso usavamo per sfidarci in gare amichevoli. Volevano essere più veloci dell'altro.
Quando si è piccoli si ha sempre quel desiderio di poter spiccare il volo, noi lo facevamo correndo. Inseguivamo i treni proprio come si rincorrono i sogni.
Erano due anni che non tornavo lì e fu questo che mi bloccò. In mezzo alla strada, ferma ad osservare tutto quel lungo viale.
"Stai bene?" Mi chiese Shawn, fermo a sua volta poco più avanti.
"Mi era mancato" sorrisi.
Scesi dalla bici e decisi di percorrere quel tratto a piedi. Shawn fece lo stesso.
"Ricordi quando ti ho battuto tre volte di seguito?" Ricordai ridendo.
"Si ma non ti vantare, la volta successiva avevo recuperato!" Urlò di rimando Shawn.
Gli diedi una spallata che non lo mosse di un centimetro.
"Ti devo ricordare quella volta in cui sei andato a sbattere contro un cestino dell'immondizia?"
"Ancora con questa storia Margot?! Ti giuro che era comparso dal nulla." E ridemmo insieme a lungo per concludere con un pesante sospiro.
"Shawn, mi spieghi perché dovrebbe esserci un treno a quest'ora?"
Shawn guardò la strada a lungo prima di rispondere.
"Non c'è nessun treno, volevo solo portarti qui" si fermò per un po' cercando di percepire qualcosa dal mio volto prima di continuare "volevo che tu ricordassi. Che ricordassi com'è essere felici. Che ti ricordassi di me."


Spazio me: holaaa, sono tornata da Roma e posso tornare a scrivere. Speriamo di riuscire a fare qualcosa. Spero vi piaccia 🥺

When the night comes|| Shawn Mendes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora