Schizofrenia

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Si gettò a terra, schivando il colpo.
Prese il coltello e si girò di scatto, con le spalle al muro.
-Finalmente sei tornata...
Cassandra guardò suo padre.
-Che stai facendo? Cosa ti salta in mente?!
Lui rimase a guardarla, con odio.
-Che c'è? Vuoi sbarazzarti di me?! Dopo tutto questo tempo?!
Attese qualche secondo.
Poi, lui sussurrò una parola, all'inizio in modo incomprensibile, poi iniziò a ripeterla sempre più forte.
-Tu sei pazza... Capisci? Sei completamente pazza! Ti è stata diagnosticata da piccola. Una forma di Schizofrenia infantile. Restavi spesso immobile, chiusa in una stanza, a parlare da sola... e raccontavi a tua madre delle "voci" che sentivi...
Continuò a guardarlo.
-Eri completamente pazza! Non sembravi mostrare alcuna emozione! ...Tranne la rabbia... Avevi spesso degli scatti nervosi... Ho detto a Delma di lasciarti in un ospedale, o saresti peggiorata, ma lei ti volle tenere con se! Ma tu... piccola bastarda... Tu l'hai uccisa! Quando sono tornato era già troppo tardi! E tu... sai che hai risposto?
Gli tremava la voce.
-"Mamma non si sveglia, che succede?" ...quando ti ho chiesto cosa le avevi fatto... non hai mostrato nessuna emozione... hai detto: "volevo solo giocare"
Cassandra scosse il capo.
-No, tu stai mentendo! Vuoi solo liberarti di me! Se fosse vero, perché mi hai tenuta con te?!
Lui ricaricò l'arma.
Gli tremavano le mani.
-Hai ragione, ti avrei dovuto uccidere anni fa.
Prima che potesse sparare un un'altro colpo, Cassandra gli si lanciò contro, infilzò il coltello nel suo avambraccio e lo fece cadere a terra tirandogli la gamba in avanti.
Lui urlò, impugnò di nuovo la pistola e le sparò contro, lacerandole una manica della maglia.
Le tirò un calcio, e cadde a terra.
Cassandra si rialzò a fatica, a poca distanza dal muro.
"Non posso morire. Non ora.."
L'uomo davanti a lei sparò di nuovo, e questa volta lei non fu abbastanza veloce.
Girò la testa, per schivare il colpo, ma non ci riuscì in tempo.
Sentì il proiettile affondare nella sua pelle, farsi strada tra le sue carni, lacerandole tessuti e muscoli.
Il liquido scarlatto iniziò a fuoriuscire dalla ferita, colandole lungo la guancia.
Ma non sentiva dolore, vedeva tutto, vedeva il suo volto che veniva lentamente sfregiato, ma non provava nulla.
Cadde a terra, ritrovandosi a fissare il soffitto.
Morire... è davvero così? È così... indolore?
No.
Dopo neanche un secondo la vista iniziò ad appannarsi, seguita da una fitta al volto.
Tentò di urlare, e appena aprì la bocca sentì il taglio sulla guancia sinistra spalancarsi.
Il proiettile non l'aveva ferita gravemente, era solo una guancia lacerata. No?
"Non morirò. Non oggi."
Si rialzò di nuovo.
Barcollò in avanti, e si appoggiò al muro per non cadere.
Guardò suo padre, che la osservava con disgusto e... puro terrore.
Gli occhi di Cassandra luccicarono di follia, e scoppiò a ridere improvvisamente.
Piegata in due dalle risate ritornò a guardare suo padre.
-Credevi davvero di uccidermi? Così facilmente?
Rise di nuovo, continuando a barcollare verso di lui.
Suo padre indietreggiava, gli tremavano le mani, e quando tentò di nuovo di spararle mancò di molto il bersaglio.
Il proiettile andò a conficcarsi nel muro a un metro da lei.
Cassandra raccolse il coltello.
-Oh mio caro paparino... che succede? Non vuoi giocare? Eppure io ho appena iniziato!
Il padre inciampò, cadendo all'indietro, afferandosi la caviglia.
Cassandra prese la pistola del padre, e la lanciò lontano.
Si allontanò un attimo, andando a prendere dei chiodi da ferramenta in cucina, e gli fissò le mani e i piedi al pavimento, ascoltando le sue strazianti  urla mentre tentava di liberarsi.
Raccolse poi il suo coltello, iniziando a fare leggeri tagli lungo le braccia del padre, per renderli poi sempre più profondi, e iniziando lentamente a rimuovere la pelle.
Quando gli ebbe scorticato le braccia, prese la pistola e colpì con l'impugnatura la sua bocca, sentendo i denti frantumarsi.
Le grida erano sempre più forti.
Fece lo stesso con le dita dei piedi e delle mani, rompendogli le ossa una ad una, falangi, carpo, metacarpo, metatarso.
-Ti ricordi di tutte le volte in cui mi hai offesa? Mi hai insultata, picchiata, demoralizzata fino al midollo? Bene, adesso non accadrà piu!
Gridò lanciando via la pistola, e afferrando il coltello insanguinato.
Gli tagliò via la lingua.
Fece poi un taglio poco profondo lungo la sua gola, evitando di tagliarli la giugulare.
-Non puoi più parlare, chiedere aiuto. Finalmente niente più insulti!
Scoppiò a ridere ancora.
-Manca qualcosa in questa casa sai? L'ho sempre pensato. E ora ho finalmente trovato un modo per renderla più accogliente e bella!
Affondò il coltello nella sua pancia, aprendo via via una ferita sempre più grande.
Iniziò a sfilare via l'intestino dell'uomo dal suo corpo, nello stesso modo con cui lo farebbe un bambino che gioca al tiro alla fune.
Piantò i chiodi nel muro del soggiorno, e ci appese l'intestino del padre come uno striscione lungo tutta la parete.
Uno striscione sanguinolento di circa due metri che colava il sangue lungo il muro.
Strappò via i polmoni, non curandosi del fatto che la sua vittima fosse già morta, e li appese sulla porta che portava alle scale del piano di sopra.
Stessa cosa fece con il resto degli organi. Li appese sullo stipite di ogni porta della casa, tranne quella della sua camera.
Prese poi il suo cuore, che sembrava pulsare inutilmente, e lo infilzò con una rosa.
Una rosa che aveva tinto poco prima di inchiostro nero.
Il fiore davvero meraviglioso.
Ne infilò una anche lungo la trachea del padre, facendo in modo che la corolla scura spuntasse dalla sua bocca.
Appena ebbe finito, ammirò soddisfatta la sua opera, ma fu subito attraversata da un'altra fitta di dolore.
Si andò a guardare allo specchio del bagno, tremante.
Si guardò riverstita di sangue, e con quell'orribile ferita aperta.
Prese ago e filo, e si guardò di nuovo.
"Questo volto non mi appartiene più... sono solo una sfregiata."
Iniziò a far affondare l'ago nella pelle, facendo fuoriuscire ancora sangue. Contò cinque punti prima di doversi chinare a vomitare.
"Che ho fatto... Che ho fatto... "
Si guardò di nuovo, provando quasi lo stesso ribrezzo che provava il padre verso di lei.
Verso quella figura sanguinolenta che si trovava davanti a lei, con gli occhi che luccicavano di follia.
Gridò, colpendo lo specchio e mandandolo in frantumi, e ferendosi le nocche.
Era tutto inutile, non sarebbe tornata come prima.

Si ritirò poi nella sua camera, portando il coltello da cucina con sé.
Si sdraiò, sentendo le palpebre pesanti.
Prima di addormentarsi, guardò la sveglia digitale sul comodino.
14:05
Erano da poco scoccate le due di notte,e lei non si era mai sentita così stanca.






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