Capitolo 10

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Alec si svegliò lentamente. Aprì un occhio, poi l'altro e un sorriso sorse spontaneo sulle sue labbra. Ridacchiò piano, guardando Presidente che, appollaiato sul suo petto, lo massaggiava e gli faceva vibrare la cassa toracica a suon di fusa.
"Buongiorno!" biascicò assonnato, grattandogli un orecchio. "Stai comodo?"
Il piccolo gatto rispose ronfando ancora di più, strusciando la testa sulla sua mano ed aumentando l'intensità del massaggio.
Alec rise, poi stiracchiò in alto le braccia, emettendo un lungo sospiro rilassato. Contro ogni pronostico, aveva dormito come un bambino e si sentiva davvero bene.
Mosse cautamente il piede e non sentì nessuna fitta propagarsi per la gamba, alzò e riabbassò piano la testa sul cuscino e anche questa non diede segnali di dolore. Sorrise soddisfatto. Ah! Se i suoi fratelli e quel medico zelante avessero potuto vederlo in quel momento! Era certo che non fosse niente di grave e, ora, gli sarebbe tanto piaciuto sbattergli in faccia un gongolante "Ve l'avevo detto! Ve l'avevo dettooo!".
Accarezzò un'ultima volta Presidente, prima di toglierselo delicatamente di dosso e posarlo sul cuscino di fianco al suo, poi si diede una bella spinta e si alzò di colpo.
Fu una pessima idea. Davvero davvero pessima.
La testa iniziò a girare vorticosamente e il piede prese a pulsare al ritmo del suo cuore impazzito. Si sedette di peso sul materasso e un conato risalì prepotentemente dal suo stomaco.
Ok, forse non era vero che non era proprio niente.
Inspirò ed espirò per un numero imprecisato di volte prima che il senso di nausea diminuisse.
Si accasciò lentamente all'indietro, continuando a respirare a fondo, nel tentativo di calmare il suo cuore imbizzarrito e, con la coda dell'occhio, vide Presidente scrutarlo attentamente.
"Ti prego, non dirlo a nessuno!" sbuffò con un sorriso, girando piano la testa verso di lui.
Il gatto miagolò, come per rassicurarlo che il suo segreto era al sicuro, ed Alec allungò una mano per accarezzarlo e ringraziarlo.
La porta della sua stanza si spalancò di colpo e sbatté violentemente contro il muro, facendo scattare l'avvocato che, spaventato, si mise seduto sul letto.
Neanche questa fu una mossa azzeccata, dato che la sua testa tornò a girare come se fosse sulla giostra delle tazze rotanti.
"Che diavolo.." gemette, portandosi una mano al viso, con la vista momentaneamente annebbiata.
"Ops.. Mi dispiace. Mi è scivolata." esordì una voce roca, in cui non c'era nessun segno di pentimento.
Alec alzò lo sguardo, mettendo a fuoco Magnus che, con le mani sui fianchi, i capelli sparati in tutte le direzioni e mezzo nudo, lo guardava dall'uscio della porta.
"S-signor Bane.. ehm.. bu-buongiorno.." balbettò il giovane, stupefatto, tentando di non concentrarsi troppo sugli addominali in bella mostra dell'uomo.
"Sì sì, ciao ciao! Lui dov'è?" chiese Magnus, sventolando una mano e non degnandolo della minima attenzione, mentre scrutava attentamente la stanza. "Ah-ahhh!" disse poi, localizzando il soggetto del suo interesse.
Si diresse a passa di marcia verso di lui ed Alec, di riflesso, indietreggiò sul letto. Lo fece per allontanarsi da una possibile minaccia, non certo per non avere così vicino quella pelle tentatrice, invitante e caramellata.
Magnus afferrò Presidente e riservò un'occhiataccia all'avvocato. "L'ho cercato ovunque prima di rendermi conto che poteva essere con te!" lo rimproverò.
"Oh.. Mi scusi! Non ne avevo idea."
Magnus stava per ribattere, ma fu interrotto da Presidente che sgusciò via dalla sua morsa per balzare elegantemente tra le braccia di Alec, iniziando poi a strusciarsi sul suo petto, sotto lo sguardo attonito dei due uomini.
"Per tutti i diavoli!" esclamò risentito Magnus, incrociando le braccia al petto. "Ho capito che ti sei innamorato di lui, ma non potresti essere meno spudorato?" brontolò verso il gatto.
L'intera situazione, pensò, sarebbe anche potuta essere divertente, con l'avvocato adorabilmente a disagio, se quest'ultimo non fosse stato il suo nemico giurato e il suo bimbo peloso non fosse passato chiaramente dalla sua parte anziché graffiarlo senza pietà. Cavandogli anche un (bellissimo) occhio blu, magari.
"Ehm.. da bravo micio-micio, v-vai dal tuo padrone." mormorò impacciato Alec, rosso come un pomodoro, tentando di staccarsi gentilmente il gatto di dosso.
Magnus glielo prese dalle mani senza tante cerimonie, ma il piccolo felino non sembrò gradire affatto quella separazione così brusca e gli artigliò il braccio, brontolando nervoso.
"Presidente, te l'ho già detto mille volte, non si graffia papà!" lo rimbeccò Magnus, guardandolo male.
Il gatto girò la testa verso Alec, come per chiedergli aiuto, e questi ridacchiò divertito.
"Per favore, non lo tratti male. L'ha graffiata solo perchè si è spaventato." lo giustificò con un sorriso, allungando una mano per accarezzarlo e rassicurarlo.
"Non ti intromettere Iceberg!"
"E' Alec!" si indispettì il giovane, alzando gli occhi sull'uomo. "Non Alexander, Iceberg o il cielo solo sa quale altro insulto partorito dalla sua mente. Mi chiamo Alec, per l'angelo!"
"Che c'è? Ti sei svegliato con la luna storta, Alexander?" chiese Magnus, ironico.
"Lo sa, il suo atteggiamento è incredibilmente immaturo." continuò battagliero Alec, ignorando l'ormai familiare brivido che gli scuoteva il corpo. "Cos'ha? Cinque anni?"
"Veramente.."
"Che cattiva influenza per il ragazzino." borbottò Alec, scuotendo la testa, pienamente consapevole che quella frecciatina l'avrebbe fatto arrabbiare, nonostante avesse appena finito di fargli la predica su quanto fosse puerile.
"Non osare.." reagì prontamente Magnus, irrigidendosi.
"Mi corregga se sbaglio, ma non dovrebbe essere un esempio per lui, anzichè dargli un ulteriore pretesto per essere infantile?" chiese Alec, sostenendo lo sguardo dell'altro. "Continuare ad essere così dispettoso, appellando un altro adulto con nomignoli sgraditi od offensivi, non solo non è un comportamento corretto, ma è anche controproducente. Dovrebbe insegnargli l'educazione, non praticare del bullismo verbale, che il ragazzino potrebbe tranquillamente emulare in qualsiasi momento!"
Detto ciò si alzò dal letto, afferrò le stampelle e si diresse verso il proprio bagno personale. Non fu un procedimento facile, anzi fu piuttosto doloroso, con il piede e le tempie che continuavano a pulsare freneticamente, ma strinse i denti e fece finta di nulla. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farsi vedere vulnerabile.
Magnus fissò, sbalordito, prima quell'uscita di scena plateale e poi Presidente Miao che saltò via ancora una volta dalle sue braccia per andare ad accomodarsi sul cuscino di Alec.
"Ti pare possibile?" gli chiese, indicando la porta che l'altro aveva appena sbattuto dietro di sè.
Il gatto socchiuse gli occhi e Magnus si sentì stranamente colpevole sotto quello sguardo fisso e penetrante.
"Che c'è?" chiese l'uomo, a disagio. "Ehi non ho iniziato io!" si difese. "L'hai visto no? Ha dato di matto per un semplice soprannome e.."
L'occhiata ammonitrice di Presidente lo seguì anche quando iniziò a fare avanti ed indietro per la camera, mentre continuava a borbottare tra sè e sè.
"Per Lilith, è permaloso da morire! Si offende se gli do del ghiacciolo, però non si fa problemi a sparlare di mio figlio. E'.. è pazzesco!"
Presidente emise un brontolio sommesso e la coda iniziò ad agitarsi sul cuscino.
Magnus si fermò di botto dal suo andirivieni. "Va bene, va bene! Dopo gli chiedo scusa! Contento?" concesse, esasperato.
Il gatto si acciambellò, emettendo un sospiro soddisfatto, e Magnus scosse la testa, incredulo. Gli si avvicinò e gli grattò un orecchio, sorridendo. Come quel piccolo despota peloso fosse riuscito a farlo pentire delle proprie parole, semplicemente guardandolo, lo sapeva solo lui.
La sua attenzione fu improvvisamente attirata dai voluminosi fascicoli posati sulla sedia al di là del letto.
Diede un'occhiata veloce alla porta del bagno, da cui proveniva il suono di uno scroscio d'acqua, e si diresse poi verso quella documentazione che lo stava chiamando a sè come una sirena incantatrice.
Prese il primo fascicolo, lo aprì e lesse avidamente le prime righe. Sbuffò contrariato quando si rese conto che quello che ci stava scritto era molto più complicato da capire del previsto. Doveva leggersi quelle carte con calma, per scartare tutti quei bla bla bla inutili, ma non c'era tempo! Il rumore della doccia era cessato, non aveva idea da quanto perchè non ci aveva prestato attenzione, e questo significava che doveva rimettere a posto tutto, prima che l'avvocato..
"SIGNOR BANE!!! POSI IMMEDIATAMENTE QUEL FASCICOLO!!!" urlò improvvisamente Alec, a pieni polmoni.
Magnus, per lo spavento, fece cadere le carte, che si sparpagliarono per il pavimento, ed alzò lo sguardo colpevole sull'altro, pronto a giustificarsi per quello che stava combinando.
La sua mente però non fu affatto collaborativa e, anzichè formulare rapidamente una scusa plausibile, partì per la tangente quando vide Alec mezzo nudo e non ancora completamente asciutto dalla doccia che aveva appena fatto.
Immagini nitide e peccaminose iniziarono a vorticargli in testa, mandandogli in subbuglio gli ormoni.
Dannata castità! Gli bastava vedere un po' di pelle esposta di un bel ragazzo e si eccitava come un adolescente!
Per sua fortuna, il giovane era troppo concentrato su quello che aveva fatto, per notare tutto ciò.
Alec avanzò barcollante ed arrabbiato verso di lui, gettò a terra le stampelle, si sedette di peso sul letto ed iniziò a raccogliere i fogli disseminati per il pavimento, borbottando parole incomprensibili.
Magnus abbassò lo sguardo, pronto ad aiutarlo, ma si bloccò notando la schiena del giovane a pochi centimetri da lui. Si poteva essere attratti da un'imperfetta pelle bianca disseminata da una miriade di cicatrici? A quanto pare sì.
Magnus la toccò, ipnotizzato, ed Alec si alzò di scatto non appena sentì il tocco leggero dell'altro.
"Cazzo!" esclamò l'avvocato, subito dopo, quando la vista gli si annebbiò momentaneamente di nuovo, facendogli portare le mani al viso.
"Stai.. stai bene?" chiese Magnus, osservandolo.
Gli sarebbe piaciuto avere un tono fintamente preoccupato, davvero, ma il suo interesse ora si era concentrato tutto sul petto di Alec. Due pettorali sodi e torniti, combinati a degli addominali scolpiti, reclamavano ferocemente i suoi occhi e Magnus non se la sentiva proprio di non dargli la giusta attenzione. Anche qui c'erano delle cicatrici che facevano capolino sulla pelle, ma erano in quantità minore rispetto alla costellazione presente sulla schiena.
"No che non sto bene!" abbaiò Alec, riservandogli un'occhiata glaciale. "Mi fanno male il piede e la testa e, quel che è peggio, lei stava leggendo della documentazione riservata! Che cazzo! Gliel'ho detto ieri sera che non erano affari suoi, ma no! Lei deve sempre fare di testa sua!"
"Senti Alexan.." iniziò Magnus, interrompendosi immediatamente quando l'altro gli lanciò un'occhiata di fuoco. "Senti Alec, non è come pen.."
"Oh no! No! No!" lo interruppe Alec, scuotendo la testa "Non ci provi neppure a trovare una ridicola scusa per il suo comportamento riprovevole!"
"Per Lilith, non ti sembra di esager.."
"Lo sa che potrei passare dei guai se si sapesse che un perfetto sconosciuto ha ficcato il naso su documentazione coperta da segreto professionale?" si alterò ancora di più l'avvocato, mentre si alzava per fronteggiare l'idiota che gli stava davanti. "Ma tanto a lei che gliene importa? Piomba nella vita delle persone, stravolgendogliela. Non le interessa di quello che gli viene detto o raccomandato e va avanti per la sua strada, incurante dei danni che potrebbe provocare. E' egoista e prepotente. Provoca per il puro gusto di irritare il prossimo e sputa offese con una leggerezza tale da far rabbrividire."
"Io ti ho stravolto la vita? IO?" urlò Magnus, affrontandolo a muso duro. "Sei tu che hai sconvolto la mia, quando hai mandato Jace a prendere mio figlio?"
"Non è suo figlio!" puntualizzò Alec, inviperito.
"Oh! Perchè sarebbe tuo? Davvero?"
"Biologicamente.."
"Biologicamente un cazzo! Dov'eri in tutti questi anni? Dove diavolo sei stato per otto anni?" chiese tagliente Magnus, ad un centimetro dal naso dell'altro.
"Non sono affari suoi." sussurrò gelido Alec.
"E invece sono affari miei, Iceb.."
"Coff coff.."
Magnus ed Alec girarono simultaneamente la testa e si ritrovarono davanti Hodge, fermo sull'uscio della porta, che si era appena schiarito la gola, nascondendo il fantasma di un sorriso dietro al pugno che si era portato alla bocca.
Il maggiordomo alzò un sopracciglio, per la vicinanza e la "mise" dei due, ma non fece commenti.
"Buongiorno signori." li salutò. "La colazione è pronta e il signorino Lightwood vi sta già aspettando." li informò, girandosi per andarsene, non prima di aver lanciato loro un'altra occhiata eloquente.
Alec intercettò lo sguardo del suo dipendente, abbassò il proprio sul suo corpo dannatamente vicino a quello dell'altro ed arrossì fino all'attaccatura dei capelli. Fece un vistoso passo indietro, sbattè contro il letto e ci cadde sopra, attirando così l'attenzione di Magnus.
"Che fai? Ti offri a me in segno di pace?" chiese ironico l'uomo, percorrendo il suo corpo con una lunga occhiata lasciva.
Alec arrossì, se possibile, ancora di più. Tentò di rimettersi seduto, racimolando tutta la sua dignità, puntò l'indice verso la porta ed ordinò perentorio "Fuori di qui!".
"Non abbiamo.."
"SUBITO!" esplose Alec, al limite della sopportazione.
"Ma ci sono ancora tutti i fogli per ter.."
"Signor Bane, le giuro che se non se ne va via immediatamente dalla mia stanza, userò tutte le mie conoscenze possibili ed immaginabili per farla buttare fuori dalla mia camera, dalla mia casa e anche dallo Stato!"
Magnus lo guardò a bocca aperta. Aveva sempre creduto di essere l'indiscusso re del dramma, tanto che le sue scenate esagerate erano leggendarie, ma a quanto pare aveva trovato qualcuno che riusciva tranquillamente a tenergli testa!
Mise il broncio, fece il giro del letto, prese il gatto ed uscì senza proferire parola.
Finalmente solo, Alec tentò di regolarizzare il respiro affannato.
"Al diavolo Magnus Bane!" pensò rabbiosamente, chinandosi per raccattare e rimettere a posto i fogli caduti.
Cosa aveva fatto di male per meritarsi un individuo del genere nella propria vita? Non si era sempre comportato bene? Era sempre stato un figlio e una persona esemplare, si era sposato con una perfetta sconosciuta pur di garantire la discendenza della stirpe Lightwood, aveva messo da parte tutto e tutti pur di seguire i sogni e le ambizioni paterne, non aveva grilli per la testa, lavorava sodo e aveva addirittura sistemato la fastidiosa storia del ragazzino.
Perchè, quindi, l'Universo si accaniva così sadicamente su di lui? Non era già stato punito a sufficienza?
Dieci anni prima il destino aveva sicuramente pareggiato i conti con il suo peccaminoso segreto, quindi cosa cazzo voleva ancora da lui? Perchè non lo lasciava in pace e non si riprendeva indietro Magnus Bane?
Sapeva di non poter biasimare se stesso perchè provava attrazione fisica per un bell'uomo, ma il signor Bane era irritante come la sabbia nelle mutande e, soprattutto, l'interesse che provava per lui contrastava ampiamente con i suoi piani per il ragazzino.
Quest'ultimo, tra l'altro, non era affatto come se lo aspettava. Aveva pensato di ignorarlo e di liberarsene mandandolo a scuola, perchè era certo che si sarebbe trovato a suo agio negli irreprensibili alloggi del Trinity School (insomma, quale ragazzo sano di mente non li avrebbe trovati di proprio gradimento?), ma il palese rifiuto del ragazzino e il suo evidente desiderio di indipendenza lo avevano sorpreso. Per questo, il giorno in cui era scappato, era sgattaiolato nella sua stanza, una volta che tutti erano andati a dormire. Voleva guardarlo in viso e rivedere, nei suoi lineamenti, qualunque cosa gli ricordasse Lydia, la sua viltà e la sua mancanza di onore. Gli sarebbe piaciuto disprezzare quel mocciosetto così come disprezzava sua madre, ma, in quel viso addormentato, non trovò alcuna traccia della moglie fedifraga ed Alec si era stupito di non provare astio nei suoi confronti. Il piano di farlo diventare un degno erede Lightwood, quindi, avrebbe potuto avere degli sviluppi migliori del previsto, ma non aveva fatto i conti con Magnus Bane.
Quell'uomo non solo si era messo inaspettatamente sulla sua strada, pronto a parare qualsiasi sua iniziativa pur di proteggere il suo adorato cucciolo, ma era anche incredibilmente testardo e difficile da gestire. Era sfiancante averci a che fare ed Alec, per la prima volta in vita sua, non aveva idea di come gestire l'intera faccenda.
Sospirò, mentre ficcava alla bel meglio i fogli dentro al fascicolo. Il pulsare incessante al piede e alla testa lo stavano facendo impazzire e se non si fosse fatto una doppia dose di antidolorifico avrebbe iniziato a dare di matto.
"Signor Lightwood, va tutto bene?" chiese Hodge, ricomparso sull'uscio della porta della sua stanza. "Non la vedevo arrivare ed iniziavo a preoccuparmi. Vuole che l'aiuti a scendere?"
No, Alec non voleva il suo aiuto perchè, in quel momento, sarebbero dovuti passare sul suo cadavere prima che si convincesse a scendere di sotto, di propria volontà, a mangiare ed ad intrattenere una forzata conversazione con il signor Bane ed il ragazzino.
Si massaggiò lentamente il setto nasale, inspirando a fondo, poi si girò verso il maggiordomo.
"Hodge, questa mattina ho intenzione di fare colazione a letto. Per cortesia provvedi a farmela recapitare qui e fammi portare anche degli analgesici, grazie."
Il maggiordomo lo guardò sorpreso per quell'insolita richiesta, ma, proprio come prima, non fece commenti e si limitò ad un cenno del capo.
"Oh! E Hodge.." continuò Alec, bloccandolo mentre stava uscendo. "Quello che hai visto poco fa non è mai successo. Intesi?"
Il maggiordomo annuì nuovamente, comprensivo, e se ne andò, pronto ad esaudire il desiderio del suo principale.
Alec sospirò di sollievo. Grazie al cielo era stato Hodge a beccare lui e il signor Bane in una situazione che, ad occhi esterni, poteva sembrare tutto tranne che innocente. Se ci fosse stata, ad esempio, qualche cameriera pettegola, al posto dell'uomo, poteva stare tranquillo che, in tempo record, l'avrebbe saputo tutta la casa! Rabbrividì al solo pensiero.
Il vecchio maggiordomo era l'unico a conoscere il suo segreto (tra gli essere viventi, almeno), ma sapeva che poteva fidarsi ciecamente di lui. In tanti anni, non solo non l'aveva mai tradito, ma l'aveva anche coperto tutte le volte in cui si era portato a letto qualsiasi essere di sesso maschile che respirasse.
Alec sorrise amaramente quando ripensò alla fase di ribellione acuta e totale che aveva avuto nei confronti del padre. Fu un periodo confuso, frenetico, ma soprattutto doloroso.
Robert Lightwood aveva scoperto, per puro caso, la sua omosessualità, e fu come scoperchiare il vaso di Pandora. Le aggressioni, verbali e fisiche, divennero una routine quotidiana e più il padre lo massacrava, più Alec cercava conforto tra le braccia di perfetti sconosciuti. Tutto cessò quando sposò Lydia, dando finalmente a Robert una parvenza di essere "guarito" dalla sua condizione.
Se solo avesse potuto prevedere lo scompiglio che sarebbe successo in seguito, si sarebbe fatto fustigare piuttosto che compiere quel passo.

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