La luna non è sempre magnanima con i suoi figli.
Essi vengono al mondo per sua volontà; la notte ammirando la sua splendida luce con occhi da lupo e il giorno aspettando la sua ricomparsa, i loro occhi e corpi umani in fermento.
Taehyung e Jungkook...
"Fortis est ut mors dilectio" L'amore è forte come la morte. (Cantico dei Cantici)
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660 d.C. Regno di Silla, dinastia del Re Muyeol di Silla
Le stelle ti guardano dal cielo fin dal momento in cui vieni al mondo.
Sono come dei fari nel mare infinito e tenebroso quale è il cielo, sono raggi di speranza per i dispersi nell'immensità del mondo. Spiccano nell'etere, illuminando l'oscurità Ti guidano nella strada della vita, illuminano il tuo cammino quando è tenebroso e sono compagne fedeli anche quando dimentichi la loro esistenza. Le stelle ti leggono dentro, esplorano la tua essenza, conoscono il tuo presente, passato, futuro. Le stelle stanno in silenzio, eppure vedono tutto. Le stelle sono gli occhi di Madre Luna.
E in quel momento stavano osservando quel giovane percorrere un solitario percorso, consapevoli del destino infausto che lo stava già aspettando.
Egli correva sul sentiero montuoso, l'aria bruciava nei suoi polmoni ad ogni contrazione del diaframma. Correva non prestando attenzione a dove poggiava i piedi, sentendo il rumore di piccoli rametti che si spezzavano sotto il peso del suo corpo. Forse era istinto di sopravvivenza, forse il lupo sta prendendo il sopravvento sul suo gracile corpo.
I suoi occhi cercarono qualunque tipo di appiglio su cui focalizzarsi all'interno della grande area boscosa in cui si trovava, ma l'unica luce che i suoi occhi riuscivano a percepire era quella della luna che, leggera ed elegante, sfiorava gli alberi su cui si rifletteva formando miliardi di ombre.
Il vento sfiorò i suoi lunghi capelli castani mentre il freddo torturava le sue articolazioni. I suoi piedi, invece, rivestiti da piccole scarpe di tessuto, sembravano avere diretto contatto con la neve che ricopriva la fitta e verde vegetazione.
"Hwarang, ritirata!"
Rinfoderò la sua spada con un sospiro, che subito si trasformò in una nuvoletta di vapore. Continuò a correre nonostante la sua fragile corporatura non fosse predisposta a questi grandi sforzi, sentendo come se i muscoli delle sue gambe dovessero cedere da un momento all'altro. Il tessuto del mantello gli sfiorò le gambe mentre correva incontro al vento freddo; il lupo chiedeva pietà dentro di sé, ma si costrinse a rimanere lucido. Come se le sue dita fossero guidate da una forza invisibile, la sua mano raggiunse la manica del suo hanbok e si strinse attorno ad un piccolo pugnale decorato di giada e d'argento. Il metallo freddo contro il dorso della sua mano era rassicurante, come se la sua sola presenza gli ricordasse una promessa che aveva fatto ad un dio onnipotente.
La notte era calata già da un pezzo e non sentiva più le voci dei suoi compagni Hwarang, probabilmente doveva essersi allontanato fin troppo. Non gli restava che ripararsi in una caverna nei dintorni e attendere le prime luci dell'alba per raggiungere il resto delle truppe.
Sospirò, aguzzando la vista in cerca di una cavità fra i piedi frastagliati della montagna che si trovava davanti.
Rabbrividì all'interno del suo pesante mantello, continuando a camminare per il sentiero scosceso. Il freddo invernale intorpidiva le sue membra, ma l'atmosfera era ancor più gelida per via della tensione bellicosa che si riusciva a percepire anche a chilometri di distanza.