X - Amans quid cupiat scit, quid sapiat non vidit

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"Amans quid cupiat scit, quid sapiat non vidit"
Un amante conosce ciò che desidera, ma non vede ciò che è saggio.
(Publilio Siro)

(Publilio Siro)

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660 d.C,
Regno di Silla
8 giorni prima della morte di Jungkook

La calma impaludiva l'atmosfera pomeridiana, attaccandosi ai sospiri di taluni, agli sbadigli di talalti. Galleggiava quieta tra le teste degli umani, si infiltrava tra le loro membra e intorpidiva i loro muscoli.
Il sole picchiava alto sui tetti in legno degli edifici, sbucava tra le travi e si rifletteva sul pavimento.

Quel momento era uno dei più quieti per il Palazzo Reale.
Si vedevano comparire solo le ancelle tra i viottoli che dividevano un appartamento reale dall'altro.
Passavano tranquille, a passo industurbato, le lunghe gonne dalla stoffa celeste balzavano sui loro fianchi mentre le loro risate fendevano l'aria.
Parlavano del più e del meno, della sospetta relazione tra l'ufficiale degli uffici interni e la cameriera reale, del thè al crisantemo che quella notte la regina aveva voluto.
Le loro sottili braccia erano contratte nello sforzo di sostenere le enormi ceste di canapa intrecciata, dentro le quali erano depositati gli indumenti dei reali, prossimi alla lavanda.
Le loro mani erano rovinate dall'acqua fredda della fonte del palazzo, le loro ginocchia scorticate per il numeroso tempo cui passavano a ginocchioni sulla pietra dura del lavatoio, le loro risa erano quelle cristalline delle fanciulle innocenti che sperano di trovare il principe azzurro.

Una di loro sghignazzò, indicando con gli occhi il tempio da sopra il quale si potevano scorgere le figure di una buona parte dei cavalieri in fiore*.
Risero, toccandosi le spalle a vicenda, mentre la speranza sbocciava nei loro petti come uno splendido fiore che però avrebbe avuto vita breve.
Quando qualcuno dei giovani cavalieri si girò verso di loro, esse trattennero il respiro, mentre i loro cuori pompavano il sangue che andava a colororare le loro graziose guance e a decorare i loro floridi visi. Sorrisero, i loro occhi vispi e i loro cuori rigogliosi, mentre con passo lento si dirigevano verso la lavanderia.

Ma l'orlo delle loro vesti era sporco di terra, come simbolo la bassa casta a cui appartenevano.
Jungkook, guardandole, mentre il sole gli accecava gli occhi ogni qual volta sbattesse le lunghe ciglia, però pensò che fossero le più agiate.
Appartenevano ai bassifondi della società, dei quali d'altronde faceva parte anche lui, dove la gente pur di portare a casa un tozzo di pane si mischiava nelle azioni più illecite e clandestine.
Lui, ad esempio, non era stato fortunato come loro; forse perché non era una donzella, forse perché non aveva il loro limpido viso.

Aveva compiuto i primi passi nello sterco di cavallo, e fino a quel momento, pensava fermamente che avrebbe compiuto anche gli ultimi lì in mezzo.

Le ancelle scoccarono un ultima occhiata civettuola ai giovani, prima di scomparire dietro la pietra battuta di un muretto.

Jungkook volse nuovamente gli occhi verso l'interno del tempio, mentre gli due ragazzi dietro di lui si scambiavano occhiate maliziose, indicando il punto in cui pochi istanti prima erano scomparse le fanciulle.

Lo Sguardo è nelle Stelle || TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora