Torno a casa con la frase "mi fa piacere rivederti" impressa in testa.
Appena metto piede nel mio appartamento mi ricordo che non avevo pranzato e il mio stomaco iniziava a brontolare. Così riprendo in mano le chiavi, esco, metto in moto la enjoy e cerco un supermercato per comprare qualcosa da cucinare per cena.
Non sono brava con le strade. E mi sono ovviamente persa. Dopo 20 minuti buoni di strada inizio ad impanicarmi. Era già buio, e vedevo i negozi chiusi, vedevo le strade isolate, sembrava di essere arrivata in periferia. Entro in un parcheggio, e vedo una comitiva di ragazzi con delle birre in mano che ridevano e scherzavano. Mi avvicino timidamente con la macchina a loro, abbaglio. Uno di loro si avvicina e mi chiede di cosa avessi bisogno. Dico che cerco un supermercato. Ride.
"Ormai è tardi per un supermercato, è tutto chiuso, sono già le 21:45"
Gesù, non mi ero resa conto che fosse già così tardi. Ringrazio.
Arriva un altro ragazzo correndo.
"Ehi zuccherino"
Non ci potevo credere. Ero incredula.
Era Niccolò.
"Che fai? Mi segui? Devo chiamare la polizia?" Dice ridendo.
"No... mi sono persa, non sono di Roma. So che può sembrarti una cazzata ma..." dico tutto d'un fiato fino a che non mi ferma "ehi frena, non ti preoccupare, che ti serve?"
"Un supermercato!" Esclamo io.
Ride anche lui. "È tardi. Puoi andare in qualche ristorante. Sennò io giuro che so fare una buonissima carbonara"
Ma che stava succedendo? Ci stava provando con me o me lo stavo immaginando? Mi aveva appena invitata a mangiare da lui o avevo frainteso?
Lo guardo per un attimo stranita.
"Eh... forse dovrei tornare a casa".
Mi guarda "scendi, vieni con me".
Accettavo? Non accettavo? Cosa dovevo fare?
"Dai, anch'io devo cenare, vieni con me, non ti mangio giuro."
Mi fido. Spengo la macchina, prendo la giacca e la borsa e salgo in macchina con lui. Saluta i suoi amici e ci dirigiamo a casa sua. Resto in silenzio, anche se avrei voluto fargli mille e mille domande.
Si accende la sigaretta, lo seguo. Mi accorgo che fumiamo entrambi le stesse sigarette.
Esordisco <<anche tu fumi le Marlboro touch?>>.
Mi fissa mentre butto fuori il fumo dalla bocca.
Risponde <<Si>>. E ritorna in silenzio.
Che freddezza. Mi sentivo troppo a disagio.
Finisco la sigaretta. E finalmente arriviamo. Posteggia. Scende dalla macchina, scendo anch'io.
<<Seguimi>>
Lo seguo. Apre un portone nero. Entriamo, andiamo in ascensore e saliamo fino al settimo piano. Che coincidenza, anche io al settimo piano sto.
Apre la porta di casa e ci viene incontro un meraviglioso Labrador. Niccolò lo coccola, e il cane inizia ad odorarmi e a farmi le feste. Io amo i cani.
Posa il giubbotto di jeans sul divano in salotto e si dirige in cucina. Osservo tutto.
Ero davvero a casa di Ultimo?
Vedo subito un pianoforte a coda bianco, e i vari premi e riconoscimenti appesi al muro. Vedo un foglio sopra il pianoforte. Mentre mi avvicino per vedere cosa c'è scritto, sento la sua voce che grida "cazzo".
Così vado in cucina e vedo lui, un piatto frantumato a terra e la sua mano sanguinante. Mi avvicino.
<<Menomale che sapevi cucinare. Lasciati aiutare>>
Ride.
Menomale. Quel silenzio assordante mi stava dando fastidio.
Mi indica il bagno, prendo del cotone da uno sportello e l'acqua ossigenata e inizio a tamponare sulla ferita. Grugnisce dal dolore.
Lo guardo, sempre più incredula di quanto bello fosse.
<<Ecco fatto, sei stato bravo>> dico sorridendogli.
Prende una sigaretta dal suo pacchetto e la accende. Lo guardo scuotendo la testa e sorridendo, e mi metto ai fornelli.
<<forse è meglio che ci penso io>> dico ridendo.
Ride.
<<sei a casa mia ma non so il tuo nome>>
<<Chiara>>
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tra l'eleganza delle stelle
FanfictionRoma. Può un viaggio cambiarti la vita? Lei aveva bisogno soltanto di qualcuno che la guardasse come se fosse l'unica cosa bella al mondo, lui aveva bisogno di qualcuno che gli volesse bene aldilà della sua fama; erano perfetti per stare insieme.