4. Aghi e ricordi

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Hermione si era affidata completamente a quella Serpe.

Non sapeva dire il motivo per cui avesse lasciato, con tanta facilità, che fosse lui e soltanto lui a eseguire quel tatuaggio su cui aveva rimuginato per così tanto tempo. Eppure quando se l'era trovato davanti in quel negozio talmente babbano da rendere impossibile la presenza di qualsiasi persona magica, aveva capito che il fato aveva deciso che fosse così, in una sorta di circolo catartico. Doveva essere proprio colui che aveva ignorato le sue urla durante l'incisione di quella ferita indelebile avrebbe posto fine allo strazio che la dilaniava, con un qualcosa di così bello ed etereo come una piuma di Fenice che si sgretolava in mille rondini libere.

Lei sentiva che la scritta sul braccio la ancorava al passato.

Da quando era tornata in patria, dopo un anno intero in Australia, speso alla ricerca dei suoi genitori nella speranza di potergli ridare la memoria e averli di nuovo nella sua vita, si era accorta che intorno a sé tutti erano andati avanti. Harry si era stretto sempre più a Ginny e ormai erano sulla strada del matrimonio e Ron... Anche lui aveva fatto le sue scelte, scelte che non comprendevano di certo Hermione.

Finita la guerra e i suoi strascichi, aveva frequentato l'ultimo anno a Hogwarts.

Mai avrebbe pensato dopo la scuola che le cose sarebbe a datate a finire in quel modo. Già, prima il dovere e poi il resto, e se avesse iniziato prima la ricerca dei suoi genitori forse li avrebbe trovati dove li aveva lasciati, ovvero a Sydney. Invece no; lei aveva prima fatto il suo dovere: si era diplomata.

Poi, finalmente, era partita per ritrovarli, insieme a Ron, e quel viaggio aveva messo in luce tutti i limiti dello loro relazione. Litigavano di continuo . Erano totalmente diversi, come il giorno e la notte, e purtroppo non c'era modo di far collimare due mondi che volavano come due bolidi impazziti.

Ron, tra le altre cose, non aveva superato il dolore per la morte di Fred e dopo neanche una settimana che erano in Australia voleva tornare a casa dai suoi genitori. Non aveva capito, o non aveva voluto capire, il dolore che provava Hermione di non averli trovati lì e la necessità di doverli ricercare per tutta l'Australia e forse per tutto il mondo, perché era colpa sua se loro non ricordavano più di avere una figlia.

Dopo l'ennesima furiosa lite Ron se n'era andato, lasciandola da sola.

Alla fine però si era dovuta arrendere ed era tornata in Inghilterra. Per mantenersi in Australia aveva fatto una cosa che mai si sarebbe immaginata: con i pochi soldi che aveva si era messa a giocare in Borsa, con destrezza, utilizzando alcune nozioni di Aritmanzia. Aveva comprato un pacchetto di azioni di una certa holding del Dragone Verde, che era esplosa sul mercato asiatico in maniera repentina e l'aveva resa ricca.

Quando poi era tornata a Londra, tutto le aveva ricordato la sua famiglia.

Oltre al dolore di non avere più nessuno, aveva dovuto fare i conti anche con il fatto di non trovare Ron ad aspettarla. Certo, era passato un anno e lei non gli aveva scritto con costanza, ma sicuramente non si aspettava di trovarlo fidanzato con una delle compagne di squadra di Ginny.

Tutti, dopo la guerra magica, sembravano aver ripreso la loro vita come se questo fosse stato la cosa più semplice del mondo, quando invece c'erano macerie ovunque, soprattutto nel cuore della Grifoncina.

Aveva quindi deciso di vendere la casa dei suoi genitori, perché in fondo loro non si ricordavano di lei e, se mai li avesse ritrovati, ne avrebbero acquistata un'altra.

Tutto ciò l'aveva fatta sentire rotta, come uno di quei vasi di pregiata porcellana cinese, che si crepano per un motivo o per un altro, ma che vengono tenuti insieme grazie all'oro colato al loro interno per far sì che sembrino ancora integri, ma in fondo non lo sono, non più.

Quei pensieri le si affollarono in testa non appena la mano ghiacciata del Serpeverde, anche se coperta da dei guanti monouso, le prese il braccio. Non credeva che quelle dita affusolate fossero così delicate al tocco, eppure, anche qualche giorno prima, quando le aveva afferrato il braccio per controllare la cicatrice, erano state lievi, ma allo stesso tempo decise.

Lui l'aveva trattata con cura, come se fosse una persona importante.

Malfoy, anzi, Draco, era diverso da come se lo ricordava. Era sempre tetro e cupo, come durante il loro ultimo anno, ma diverso, forse, e non per quello che mostrava al mondo. Era come vederlo per la prima volta. In quel negozio lui era se stesso, più di quanto non fosse mai stato per i corridoi di Hogwarts. Stava facendo, con precisione e premura, un lavoro estremamente complicato.

Era Draco, e solamente Draco, con i capelli dorati sparpagliati, tenuti insieme da una coda. La loro lunghezza poteva ricordare molto quella di Lucius Malfoy, ma, in realtà, gli occhi tristi e sofferenti del ragazzo facevano capire che dentro al suo animo si agitava qualcosa di profondo, che Malfoy Senior non aveva mai avuto in sé.

Persa in quei pensieri neanche si accorse del ronzio dell'ago che Draco aveva preso per iniziare il lavoro di fissaggio delle tracce della china nera sulla sua pelle.

Quando l'ago la pizzicò, Hermione sentì una scossa, come un brivido, e per un attimo si ricordò del dolore provato mentre Bellatrix incideva la sua pelle con quella dannata scritta.

Eppure era diverso: anche se doloroso era un dolore liberatorio, che portava via quello provato in precedenza, e poi c'era lui, che usava l'ago a mo' di piuma, come se stesse scrivendo su una pergamena pregiata. Stava incidendo sulla pelle di Hermione una storia fatta di rinascita e rivincita al tempo stesso. La ragazza avrebbe voluto chiedergli perché fosse finito lì a vivere come un babbano, invece di essere a Londra, oppure al Manor a godere degli agi da purosangue. Invece non chiese nulla e si lasciò incantare dalle mani del Serpeverde che davano forma all'inizio di un nuovo capitolo della sua vita.

L'invisibilità della Serpe Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora