3. Aspettativa

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Draco aveva trascorso il fine settimana a lavorare allo stencil per il tatuaggio della Granger. In realtà ne aveva fatti ben due. Non sapeva perché, ma qualcosa, nella sua richiesta, nei suoi occhi, l'aveva colpito. Si era riconosciuto nella necessità di nascondere in qualche maniera un dolore che lui stesso provava. Guardò gli stencil: il primo era identico a quello del campione, il secondo aveva le rondini sul lato opposto, verso l'interno del braccio e non verso l'esterno.

Draco Malfoy viveva in uno dei quartieri più chic di Dublino. In fondo, il fatto di essere diventato quasi babbano non aveva cancellato il suo amore per il lusso e gli agi della vita.

Viveva in una palazzina molto retrò nella zona vip della città, ristrutturata secondo le sue esigenze. I piani inferiori, sempre di sua proprietà, venivano affittati tramite un'agenzia, sotto falso nome, mentre aveva tenuto per sé l'intero ultimo piano, dove godersi in pace il suo mega loft. Seppure all'inizio la solitudine gli fosse sembrata la cosa migliore a cui poter aspirare, col tempo era diventato alieno anche a se stesso.

Quella sera, dopo essere tornato a casa, il silenzio ininterrotto lo fece sentire profondamente triste. Non che di solito non lo fosse, però durante la giornata era concentrato sui suoi obiettivi, sullo studio. Laurearsi in biochimica e portare avanti il lavoro da tatuatore erano diventati la sua missione, tanto che gli mancavano pochi esami per farlo.

Quel pomeriggio passato con la Granger, però, l'aveva portato a riflettere, a volere forse qualcosa di meglio, per la sua vita. Era diventato semplice non essere notato ed essere integrato con i babbani, nascosto al mondo dei maghi, ma quando si era trovato sotto il faro luminoso degli occhi color nocciola di Hermione aveva avuto come la sensazione di squagliarsi, come se la sua invisibilità fosse stata in qualche modo compromessa.

Un moto di fastidio e di stizza lo travolse: non poteva rimuginare su di lei e sul loro incontro, senza pensare di nuovo a cosa aveva provato vedendola tra le grinfie di Bellatrix. Dopo il lavoro se ne sarebbe andata e lui non l'avrebbe più rivista. Era facile a dirsi, però la testa di Malfoy aveva sempre funzionato in maniera particolare e continuava a chiedersi che cosa ci facesse Hermione Granger da sola a Dublino senza amici o familiari. Nonostante fosse ben vestita e curata, Draco aveva notato la stanchezza nel suo sguardo e la tristezza dovuta a un qualcosa di profondo, probabilmente lo stesso qualcosa che logorava anche l'animo tormentato di Draco.

Arrivato il lunedì mattina, Draco andò a lezione con un senso di agitazione e aspettativa nelle ossa, perché continuava a pensare all'appuntamento con la riccia del pomeriggio. Aveva indossato dei jeans chiari e una camicia bianca, cosa che non faceva da tempo. Guardandosi nello specchio si era trovato strano, meno tetro del solito. Comunque nel pomeriggio si sarebbe dovuto cambiare, in quanto uno dei requisiti del negozio – anzi, di Ivan – era quello di vestire di nero e possibilmente di pelle. Ivan amava a dismisura nero e verde; se non fosse stato sicuro che fosse nato babbano Malfoy avrebbe pensato che fosse un Serpeverde in incognito.

Quell'uomo lo aveva accolto come un figlio, quando era entrato un po' smarrito nel suo negozio cercando una soluzione per quel tatuaggio di merda, come lo avevano definito più volte i babbani, che portava sul braccio sinistro.

Ivan non aveva chiesto perché e percome lo avesse; lo aveva solo spinto a disegnare da sé il proprio tatuaggio e poi aveva replicato l'Ungaro Spinato che Draco gli aveva presentato il giorno successivo. Malfoy era rimasto molto colpito dalla mano dell'uomo e dai suoi modi fare, tanto da accettare la proposta di frequentare un corso per tatuatore nell'ottica di lavorare con lui.

Da quel momento in poi il tatuaggio non era stato più un problema fra i babbani, perché il Marchio Nero non si vedeva, e in realtà anche Draco lasciava correre i suoi pensieri come se quello nuovo fosse stato veramente da sempre un semplice tatuaggio fatto di colore e non di sangue e dolore.

Arrivato in negozio dopo pranzo, si cambiò nel retro dello studio, indossando dei pantaloni di pelle nera e una canottiera a spalla larga, sempre nera. Guardandosi allo specchio pensò che quel colore gli donava: lo rendeva serio e cupo, ma gli esaltava la pelle chiara e i capelli platinati. Osservò la canottiera con aria un po' scettica. Non faceva esattamente caldo perché, pur essendo maggio, in Irlanda il tempo facevo ancora i capricci, però quando lavorava lui aveva caldo e quindi decise di mantenere questo tipo di abbigliamento.

Hermione arrivò puntuale all'apertura pomeridiana del negozio. Per tentare di calmare l'agitazione, una volta entrata cercò con lo sguardo quello di Draco, ma la situazione peggiorò.

«Granger, noto con piacere che sei puntuale!» disse il ragazzo con una certa ironia, anche se voleva solo rompere il ghiaccio.

Lei non rispose e gli regalò uno dei suoi sorrisi stizziti. Draco, dopo aver chiuso la porta del negozio e girato il cartello su occupato, le indicò dove lasciare il soprabito e le fece cenno di seguirlo nella stanza adibita a studio, che per l'occasione era in perfetto ordine. Draco le indicò il lettino su cui si sarebbe dovuta sedere e Hermione titubante si accomodò, non prima di aver posato la borsa ed essersi tolta la camicetta, rimanendo con stupore di Malfoy con una magliettina di raso smanicato verde bottiglia, molto, molto sexy. L'ex-Serpeverde cercò di dissimulare la sorpresa per quel capo così audace per la ragazza e anche per il colore scelto. Ripensandoci, anche per la piuma aveva preferito i toni del verde e del blu al solito rosso oro dei Grifondoro.

«Allora, Granger, sei pronta?» disse il biondo, scacciando i pensieri non appropriati. Doveva concentrarsi. Certo, non era semplice con il seno della ragazza ad altezza sguardo, che si alzava e si abbassava nervosamente, in attesa di una sua mossa. Draco, con fare imperturbabile, e per calmare i nervi e il cuore, recuperò lo zaino dell'università e tirò fuori gli stencil per mostrarli alla Granger. «Ne ho fatti due, vedi? In uno le rondini vanno verso l'alto e nell'altro invece puntano verso il cuore. Dimmi tu quale preferisci.»

Hermione li guardò attentamente e poi indicò quello uguale al campione che gli aveva mostrato il biondino qualche giorno prima, ossia quello in cui le rondini volavano verso il cuore. Poi allungò il braccio sinistro verso il ragazzo e si mise comoda.

Draco preparò gli attrezzi e iniziò col ricalcare i contorni dello stencil sul suo braccio, cercando di racchiudere in modo perfetto la cicatrice. Una volta completato quel lavoro preliminare, Draco accese la vecchia macchinetta per tatuaggi, che emise un ronzio sordo nella stanza. Hermione, nonostante fossero passati diversi minuti, non si decideva a guardarlo e sussultò quando lui le prese il braccio per iniziare l'opera vera e propria. Col nero Draco iniziò a segnare i contorni della piuma, cauto. Per il ragazzo significava molto il fatto che la Granger avesse creduto in lui al punto da affidarsi alle sue mani. Voleva andarci piano. Si era documentato molto sui tatuaggi magici, quando aveva deciso di coprire il Marchio Nero, inoltre durante il weekend aveva fatto qualche ulteriore ricerca sulle cicatrici magiche più nello specifico, perché lo preoccupava il modo in cui si sarebbe potuta comportare quella della Granger. In fondo era stata fatta da sua zia e, anche se la ferita non era stata inferta tramite la bacchetta, l'aspetto della cicatrice suggeriva che ci fosse dietro della magia, perciò non si potevano prevedere gli effetti. 

L'invisibilità della Serpe Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora