Capitolo uno

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Liberamente tratto da una storia vera


Mario ha visto Claudio in tutte le situazioni del mondo.

L'ha visto piangere – e poche persone possono dire di averlo fatto – e l'ha visto ridere. Gli ha asciugato il sudore dalla fronte quando aveva la febbre alta. L'ha accompagnato a fare il suo primo esame all'università, quando finalmente ha deciso di mettersi in gioco, l'ha sentito imprecare, l'ha visto bere fino a star male e l'ha aiutato a riprendersi, dopo. E l'ha visto persino innamorarsi, anche se lui ancora non lo sa.

È a questo che Claudio sta pensando mentre intinge i biscotti nel tè e aspetta di veder comparire la sua figura fuori alla caffetteria come ogni lunedì.

Tutti i loro amici sanno di questa abitudine, e nessuno osa romperla. Da quando si conoscono, poco più di due anni ormai, non manca un lunedì sera che si vedano. Può succedere qualsiasi cosa, ma i loro lunedì non possono saltare.

Quando Mario arriva, Claudio si rende subito conto che il suo umore non sia dei migliori. Lo capisce nell'immediato, come sempre ormai, anche se a volte fa finta che non sia così. Ha paura di quanto empatico e condizionante sia il loro rapporto, e spesso si finge un amico come un altro anche se sa di non essere questo.

Lo vede avvicinarsi in silenzio al tavolo e sedersi proprio di fronte a lui per poi lasciarsi andare sulla sedia.

"Ciao eh!", gli dice con un tono quasi piccato. Non se l'è presa sul serio. Sa che Mario è fatto così, quindi non bada tanto ai suoi atteggiamenti, talvolta strani. Eppure non riesce a non notare che stavolta c'è qualcosa di diverso nei suoi occhi.

"Ciao, scusa.", dice soltanto l'altro abbassando lo sguardo.

Gli sorride debolmente. A volte Mario si lascia condizionare dai suoi stati d'animo. Se Claudio si mostra felice anche lui sembra star meglio. Sa che non è molto, che i problemi del suo amico restano, ma si sente importante per lui quando si rende conto di riuscire a migliorare il suo umore anche senza volerlo.

"Non ti preoccupare. Mi ero già accorto che fossi strano."

"Non sono strano.", si difende subito Mario. "È tutto ok."

Se Claudio non lo conoscesse così bene potrebbe anche credergli. Il problema è che lo conosce. Lo conosce come le sue tasche: sa cosa si cela dietro quel sorriso tirato, sa che quando gli occhi guizzano nella stanza evitando il suo sguardo c'è qualcosa che non va, sa che quando si tormenta le unghie con i denti sta succedendo qualcosa di strano. Lo sa, e vorrebbe farglielo presente se non fosse che probabilmente Mario si chiuderebbe ancora di più.

"Vuoi ordinare?", chiede sorridendogli.

"Non ho molta voglia di tè, credo che prenderò un caffè."

Si alza per avvicinarsi al bancone e richiedere il caffè che desidera, per poi tornare subito al tavolino sedendosi di nuovo in quel modo strano e scomposto.

Claudio vorrebbe star zitto, ma proprio non ci riesce.

"Me lo puoi dire, Mario."

È a quel punto che le sue difese crollano. Lo vede dai suoi occhi.

"Io e Giuditta ci siamo lasciati."

Quelle parole cadono tra loro così, come un fulmine a ciel sereno. Un fulmine che Claudio non si aspetta.

"D-davvero?", chiede incredulo. "E quando?"

"Mercoledì. Quando sono uscito con lei."

"Ma che dici?! È passata quasi una settimana, perché non mi hai detto niente?"

Amore sottovoceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora