Capitolo 10 ~ Colore Nero Rosso

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Mi fermai per qualche minuto nel bosco a riprendere fiato. Lo sentivo. Lo sentivo come se fosse dietro di me, pronto a saltarmi addosso senza pietà.
Appena sentivo il rumore della strada mi inoltravo un pò di più nel bosco, non potevo ritrovarlo, non sarei riuscita a scappare ancora.
Il buio mi avvolgeva sempre di più con il passare dei minuti. Era circa mezzanotte quando ero in macchina con Mike e i piedi mi facevano male ora, era da molto che camminavo ma della civiltà neanche l'ombra. Dovevo scegliere se continuare per il bosco fino a che non trovavo un segno di vita umana, oppure rischiare di andare sulla strada e fare l'autostop.
Optai per la seconda scelta. Non c'è la facevo più a stare al freddo e dolorante, le ferite che mi sanguinavano si erano probabilmente infettate, e per l'occasione il cellulare non prendeva.

- perfetto! Ci mancava solo questo!... Che giornata di merda.

Cammino fino alla strada e continuo per il bordo finché dei fanali mi accecano. La macchina si ferma. Il cuore mi batte all'impazzata, chi potrà essere?
Le gambe mi tremano dalla paura, sto sperando con tutto il cuore che non sia lui. Non riesco a non pensare al peggio dato che non riesco a vedere bene il colore della macchina. Socchiudo gli occhi per vedere meglio, qualcuno sta uscendo dalla portiera del guidatore, è una figura maschile. Lo sapevo, è la fine... Diventerò un articolo di giornale dove ci sarà scritto il mio nome con una foto del cadavere. Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Vorrei solo sparire, tornare indietro nel tempo e sistemare tutto, non cascarci, non rispondere a quel tipo.
La portiera del passeggero si apre e chi ne esce mi corre in contro.
Scoppio in lacrime che portano nel mio viso sia la disperazione, la stanchezza che il dolore e la felicità; mi lascio al suo abbraccio caldo e confortante. Non sono mai stata così felice di vederla, la mia Tessa.

Tessa:- Tesoro! O mio Dio che ti è successo?! Ti ho chiamato almeno cento volte ma non eri mai raggiungibile credevo ti fosse sucesso qualcosa, stavo pensando al peggio... Parlami ti prego Stef...

Non riuscivo a spiccicare parola, piangevo e basta, sembravo una bambina che ritrova la mamma al supermercato dopo essersi allontanata.
Indifesa, piccola, insignificante.
Tessa mi fa sedere nei sedili dietro e resta con me a cercare di calmarmi mentre suo fratello, l'uomo che avevo visto, guida verso casa mia.
Quando parcheggia ho ancora gli occhi mezzi annebbiati da quanto ho pianto, Tessa cerca di storcermi delle informazioni ma non ne ho proprio voglia di parlarne ora; voglio solo stendermi sul letto e lasciarmi andare alle tenebre. Tessa sospira e mi apre la portiera.

"Domani parliamo"

Queste sono le sue parole prima che mi lasci un bacio sulla guancia e un sorriso, scomparendo subito dopo.
Il cellulare inizia a vibrare un paio di volte. Lo prendo dalla borsa e guardo i messaggi mentre attraverso il vialetto di casa. Non scherzava quando diceva che mi aveva chiamato cento volte, c'erano anche dei messaggi sempre suoi. Scorrendo in giù ne vidi uno anche di Mike.

[Mike]
"Prova a dire anche una sola parola, e sei morta ragazzina. Cancella il messaggio perché lo saprò se non lo fai!"

Leggendo questo entro in casa. Appena chiudo la porta sento un odore di Alcool insopportabile. Di netto guardo l'orologio. Le tre di notte. Dall'odore e dal russare capisco che mio padre è già a casa, dovrò fare pianissimo per non svegliarlo e andare in camera mia. Tolgo i tacchi e inizio a salire le scale più piano e leggermente che posso; arrivo quasi a metà scala ed è li che uno scalino scricchiola. Mi mordo il labbro e guardo verso la sala, il russare di quell'uomo smette per qualche secondo e poi ricomincia. Tiro un sospiro di sollievo e faccio gli ultimi gradini senza intoppi. Raggiungo la mia camera e apro la porta. C'è l'ho fatta.
Faccio qualche passo e metto giù le scarpe; inizio a cambiarmi restando solo con il mio intimo di pizzo carne, apro l'armadio e appendo l'abito. Appena chiudo l'armadio sento una mano prendermi per la vita, mentre una va sulla bocca per ovattare il mio urlo. Un ladro? O peggio Mike?
Mi tira verso il suo corpo e capisco chi è... Mio padre si è svegliato.
Chiude la porta con il piede e mi butta sul letto. È completamente ubriaco, probabilmente non mi riconosce e crede che sia una puttana.

- papà sono io...

Alle mie parole lui chiude la porta a chiave. E si avvicina.

-lo so...

Il suo volto è malvagio, cattivo, ubriaco. Mi guarda come un Leone guarda una gazzella; prima che possa urlare e svegliare qualsiasi persona, anche solo mio fratello che dorme nella camera accanto, mi imbavaglia con la sua cravatta e mi lega al letto con delle fascette.
Mi dimeno ma l'unica cosa che mi prendo è uno schiaffo sulla mia debolezza. Urlo, ma non si sente.

-Statte zitta!... Sai, ho saputo quello che si dice di te piccola... Beh la mela non cade lontano dall'albero. Tale madre tale figlia... Avevo intenzione di farti un bel discorso quando saresti tornata a casa. In più hai sforato il coprifuoco di mezzanotte e sei tornata dopo ben tre ore pure con la mercanzia rovinata... Devo proprio punirti.

In mano ha una bottiglia quasi vuota, ne mette in bocca l'ultimo sorso e la getta contro il muro frantumandola irritato. Si avvicina a me togliendomi la cravatta, ma prima che riesca a chiedere aiuto mi bacia con forza lasciando passare alla mia bocca l'alcol ormai caldo e pieno di saliva. Tossisco e mi sento un pò sottosopra mentre si lecca le labbra. Non ho mai retto molto l'alcol, soprattutto quello forte di mio padre. Mi rimbavaglia e inizia ad accarezzare le mie curve con forza.

- sai... Mia bambola, non so neanche se sei mia figlia dato che quella puttana di tua madre si metteva più di un pene dentro a quella sua fica godendo come una porca!.... Quindi... Quello che sto facendo non è neanche incesto, è solo una punizione... Che ironia e?. . .

Accenna un sorriso languido mentre mi strappa via il reggiseno iniziando a leccarmi il seno senza tralasciare neanche un piccolo spazio. Non riesco a muovermi da quanta forza usa nella sua presa sui miei fianchi; sento le sue unghie a carne appena provo a oppormi. Non posso farlo continuare e lo so bene. Inghiotto il dolore e inizio a dimenarmi cercando di allentare le fascette. Cerco di urlare quando mi tira dei ceffoni ripetuti sui seni facendomeli diventare rossi. Mi tiene ancora di più quando inizia a lasciarmi dei segni sulla pancia, sulle clavicole.
Cerco di tirargli un calcio nelle palle ma riesce a fermarmi.

"Ora la paghi!"

Detto ciò mi gira tirandomi giù le mutande e mi incula con forza tenendomi per i capelli. Le lacrime scendono mentre continua; sto urlando ma la cravatta ovatta la maggior parte del suono che producono le mie corde vocali.
Per farmi stare zitta mi tira dei ceffoni sul sedere. Me ne tira così tante che credo sia diventato rosso dato che mi brucia.
Dopo circa più di una ventina di spinte mi rigira guardandomi in faccia iniziando a leccarmi le lacrime. Appena si allontana intravedo la sua espressione divertita, psicopatica con quei suoi occhi spalancati e il sorriso così tanto largo da far sembrare che tutta la faccia sia una matassa di rughe; Si prende in mano il cazzo masturbandolo mentre guarda la sua opera venendomi addosso. Intuisco subito cosa farà ora, mi penetra a forza infilandolo tutto di colpo. In quel momento diventa tutto Nero e le forze mi abbandonano mentre il rosso scorre portando via con se anche una delle cose più preziose della vita di una persona...

Quando mi riprendo è quasi l'alba, sento di essere ancora completamente nuda ma le fascette si sono allentate da quanto avrà spinto velocemente con foga e forza; nella stanza non c'è nessuna traccia di mio padre. La porta è semiaperta, i miei vestiti sono a terra e l'odore di alcool si sente ancora; giro la testa mentre strattono un braccio liberandolo, appena mi giro un pò col busto per liberare il suo gemello mi pervade un dolore allucinante. Mordo il labbro per non urlare e faccio uno sforzo liberando l'altro braccio e successivamente i piedi. Mi alzo e vado a specchiarmi, ciò che vedo è un campo di battaglia pieno di graffi e lividi che mi ha fatto mentre ero svenuta; alla sola vista mi verrebbe da vomitare ma quello che faccio è scoppiare in lacrime abbracciandomi.
È come se fossi stata travolta da un treno finendo in una pozza di fango, uscendone dolorante e sporca, contaminata da qualcosa che non si potrà cancellare.

Mi suona il telefono.

"Sono tornato. "

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