pane alla banana

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quel giorno, jackson amava la sua vita. sua madre aveva finalmente deciso di comprargli un cucciolo per ricompensare i suoi ottimi voti scolastici, durante il tragitto per raggiungere la scuola aveva trovato dei soldi ed una donna gli aveva detto quanto fosse bello mentre sorrideva.
non poteva andare meglio di così perchè anche quando arrivò al suo istituto, non successe nulla di brutto. i bulli semplicemente lo ignorarono, addirittura mark lo salutò con la mano e si avvicinò per chiedergli come stesse.
quel giorno, la sua vita era perfetta. 

in realtà, non era necessario che entrasse a scuola così presto; mancavano alcuni insegnanti e ciò significava che la sua prima lezione fosse cancellata. ma al ragazzo non piaceva stare a casa perciò usciva sempre in anticipo, passando il suo tempo libero nella biblioteca. e anche se sapesse che pepi gli aveva sicuramente preparato qualcosa, non si aspettava di trovarlo nella biblioteca stessa. c'erano come al solito una lettera, una scatolina e..uno zaino?
jackson si accigliò e camminò verso il tavolo, sedendosi e prendendo il romanzo in inglese che avrebbe dovuto leggere per la lezione successiva. doveva essere un compito per casa ma dato che ormai sapeva quel libro a memoria da cima a fondo, stava solo sfogliando le pagine leggendo qualche frase qua e la. anche se, ad essere onesti, le lettere di pepi erano molto più importanti del tragico romanzo di romeo e giulietta. doveva solo considerare le priorità. 
essendo il bambino curioso che era, jackson aprì lo zaino misterioso, rivelando un gatto nero imbacuccato.

ridacchiò. non sapeva perchè pepi lo avesse portato con sè ma era comunque tenero. il cinese spostò leggermente tutto e aprì la scatola colorata. pane? pensò e si guardò intorno, prima di abbassare la testa per annusare. banana. pane alla banana! sorrise smagliante, prendendone un piccolo pezzo e mangiandolo lentamente. ovviamente aveva un buonissimo sapore, pepi era un cuoco fantastico.
finalmente prese la lettera, aprendola più lentamente di quanto avesse fatto con le altre cose. non aveva ancora dimenticato ciò che aveva scritto il giorno precedente. "è tutto un insegnare e capire." non aveva dimenticato nemmeno la conversazione con jinyoung. jackson sospirò ed aprì il foglio; non poteva comunque arrabbiarsi con pepi.

'jackson wang, ti amo.
per favore prendi il gattino e prenditi cura di lui. il mio migliore amico bambam lo aveva dato a me dicendomi che gli somiglio.

goditi anche il cibo.

e mi dispiace di averti fatto arrabbiare ieri, ti prego perdonami.

ho sbagliato.

accetterai le mie scuse? 

a presto, 
pepi.'

jackson sospirò. pepi era sicuramente arrabbiato con se stesso più di quanto non lo fosse lui. sì, quello che aveva fatto non era stato molto carino ma non poteva odiarlo. non ci riusciva. 
perchè forse, forse stava iniziando a provare qualcosa per il ragazzo delle lettere. senza che se ne accorgesse, ovviamente. 

il cinese prese il gattino e lo ispezionò. era tenero, molto tenero. se pepi gli somiglia davvero allora dev'essere molto tenero, sorrise. provò ad immaginare il volto del ragazzo. capelli neri? sicuramente. occhi marroni. o forse indossava le lenti a contatto? pepi aveva sicuramente anche una voce calma e profonda. e una dolce ed adorabile risata. magari aveva le fossette?
jackson voleva saperlo ad ogni costo.
voleva sentire la sua risata, voleva vedere il suo sorriso, voleva sentire le sue mani. e forse, dico forse, voleva baciarlo. sentire le sue labbra sulle sue.
erano soffici e carnose? o sottili? erano a forma di cuore? di cosa sapevano? fragole? di che colore erano? rosa o di un colore più scuro? scosse violentemente la testa e mise la lettera nel suo zaino. si alzò, prendendo la scatolina e la borsa di plastica, e lasciò la biblioteca. sentendo già l'urgenza di andare in bagno, cambiò direzione e lo raggiunse; dopo aver fatto i suoi bisogni ed essersi lavato le mani, alzò lo sguardo.

un enorme sbaglio.

da quando pepi aveva iniziato a prendersi cura di lui, jackson ignorava come la peste solo una cosa.
gli specchi.
e quando vide il suo riflesso, era scioccato. perchè ciò che vedeva, quella cosa, non era lui. 
quel ragazzo aveva due guance piene, il suo volto stava lentamente tornando ad essere rotondo. ed il suo corpo? la maglia non era larga come al solito, era quasi..perfetta.
i suoi jeans non erano più cascanti, fasciavano le sue gambe dolcemente. le cosce erano..erano più grandi. non erano più magre come degli stecchini, sembravano quasi..normali.
guardò il suo polso, non era più pelle e ossa. e quando jackson lo circondò con le dita, vide che il grande spazio che c'era fino a qualche settimana prima, era sparito. 
il suo labbro inferiore iniziò a tremare e gli occhi si inondarono di lacrime.

aveva preso peso.
era tornato ad essere il ragazzo grasso.

tutto sembrò crollargli addosso, tutti i pensieri, le parole che le persone dicevano, le risate che sentiva, il dolore che provava.

si lasciò cadere sulle ginocchia, posando a terra la scatola, ed iniziò a piangere. l'atmosfera silenziosa si riempì del suono dei suoi singhiozzi disperati. jackson sentiva il fiato mancare.
di nuovo, si guardò le mani.

le sue dita grasse.

"sono così grasso, perchè sono così stupido?" piagnucolò. 
si portò le mani alla testa ed iniziò a colpirsi. non avrebbe mai immaginato di pensarlo, ma in quel momento sperava che i bulli fossero lì in quel momento.
lo avrebbero picchiato.
lo avrebbero punito, dandogli ciò che meritava.
perchè jackson era così debole e stupido, doveva essere punito per aver permesso a se stesso di diventare così. 

continuava a singhiozzare, tirando con forza le ciocche dei suoi capelli, finchè non sentì le sue gambe bagnarsi lentamente. aveva dimenticato di chiudere il rubinetto ed ora l'acqua stava gocciolando dal lavandino, cadendo sulle ginocchia del ragazzo. 

era così stupido da dimenticarsi anche una cosa futile come quella. non c'era da meravigliarsi se tutti lo ignoravano, era solo stupido e debole.
ed ora era anche di nuovo grasso.
patetico.

e mentre se ne stava seduto lì, piangendo disperatamente, tremando e cercando di respirare correttamente, mentre i suoi pantaloni si stavano inzuppando d'acqua, mentre si stava procurando dolore in ogni modo possibile; tirandosi schiaffi, mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare, graffiandosi le mani e le braccia.
mentre lui cercava di punirsi, come se lo meritasse.

qualcuno entrò nella stanza.

il ragazzo chiuse il rubinetto e si sedette accanto a jackson.
"è tutto okay, jackson. sono qui per te." sussurrò e lo avvicinò al suo petto, stringendolo tra le sue braccia. il cinese lo abbracciò come se la sua vita dipendesse dall'altro. 
ed in quel momento, era davvero così.

come se jackson stesse annegando ed il ragazzo fosse la sua ancora, lo stava salvando dall'oceano di lacrime, da tutto il suo odio e dai suoi pensieri suicidi, diventando lo spiraglio di luce alla fine del tunnel. l'angelo che, mano nella mano, lo avrebbe accompagnato al paradiso.

"sono qui." disse jinyoung.

ed il pane che era stato preparato per il cinese era a terra, inzuppato d'acqua ed ormai diventato immangiabile. 

love bites » j.young + j.sonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora