Capitolo 7

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Venerdì mattina Natalie posticipa la sveglia di altri cinque minuti, si concede di restare al calduccio delle coperte ancora per un po'. Riesce a non arrivare in ritardo per un pelo, struccata e con la piega del cuscino ancora disegnata sulla guancia fa le scale tutte d'un fiato e si fionda sulla sua scrivania. Un minuto dopo, mentre Natalie stende una lista con le priorità della giornata, compare Scott che le ficca sotto il naso una tazza di caffè fumante.

"Mio eroe" gli sorride lei, sentendo gli occhi ancora stropicciati. Beve avidamente, sperando che la caffeina entri subito in circolo.

Scott è fermo in piedi davanti alla scrivania di Natalie. Vedendo l'espressione cupa sul suo viso Natalie percepisce un senso di disagio, come un presentimento.

"Haze ha chiesto di vederti dieci minuti fa" la informa "ti ho coperta dicendo che eri al telefono ma non credo che se la sia bevuta, mi dispiace". Natalie è confusa.

"Sicuro? Carol mi ha detto che sarebbe stato fuori ufficio tutta la settimana" mentre parla è in piedi e raccoglie il suo blocco appunti e la penna preferita, nera con il cappuccio un po' masticato.

"Quando sono arrivato io la macchina era già nel parcheggio" le risponde. Si appunta mentalmente di indagare su quale sia la sua auto.

Nel tragitto tra i due piani, pensa con rimpianto al vestito giallo senape che le piaceva tanto, rimasto appeso alla porta della sua camera. In jeans e camicetta blu, non potrebbe aver meglio interpretato il concetto di venerdì casual. Gli stivaletti con un po' di tacco la salvano. Valuta se ha il tempo di fermarsi un attimo in bagno per darsi una sistemata, ma è già in ritardo e non vuole peggiorare la situazione. Mette in bocca una mentina, si ravvia i capelli e si pizzica le guance per far affiorare un po' di colore. La scrivania di Carol è vuota, nota passandole a fianco.

Davanti alla porta di Haze si accorge che le tremano un po' le ginocchia. Non lo vede dallo scorso venerdì, e anche allora lo vedeva in maniera molto confusa a causa dell'alcol.

Un respiro profondo, poi bussa tre volte. Nessuna risposta. Non sa che fare, non vuole ripetere l'esperienza del primo incontro ma neanche restare lì come una scema. Appoggia l'orecchio alla porta e sente discutere piano.

Decide di bussare una seconda volta.

"Avanti" risponde subito la sua voce.

Natalie entra per la prima volta nell'ufficio di Haze e viene investita dalla luce: ci sono due enormi vetrate che illuminano tutto l'ampio locale. Quell'ufficio era anche più grande di quello del Sig. Morrison. Si aspettava che il Signore Oscuro preferisse qualcosa di più tetro, ma considerando il suo ego spropositato forse tutto quello spazio era necessario, pensa divertita dalla sua battuta.

Trova Carol vicina alla porta.

"Ciao Natalie, oggi niente pranzo insieme, mi fermerò qui in ufficio, ho troppo lavoro da sbrigare" la informa alzando la voce sull'ultima parte della frase. Haze sembra non averla sentita. Esce e si chiude la porta alle spalle. Vedendola andarsene Natalie si sente attanagliare dall'ansia. In maniera molto infantile, avere lì Carol la faceva sentire più al sicuro. Nessuno dei due finora ha aperto bocca. Lei lo guarda mentre serio scrive a computer, concentrato, una piccola ruga si forma tra le sopracciglia e la mandibola è contratta. Nota quei dettagli mentre si guarda intorno, l'arredamento è molto bello e accogliente, si aspettava tutto in bianco e nero, al limite grigio, invece sembra che al Sig. Oscuro piacciano anche gli altri colori. Scrivania e sedia marrone scuro, la parete dietro di lui un rosso molto scuro, che fa risaltare la sua figura evidenziando i tratti già marcati. Alla parete appeso c'è il diploma della Business School di Harvard, che Natalie guarda ammirata e due quadri, uno raffigurante una mano e l'altro uno scorcio di città in un giorno di pioggia. Gli si addice.

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