3. IL TRENO

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Me in You

Kings Of Convenience

Cosa c'è di meglio di un viaggio, se non un viaggio vissuto al posto finestrino? È bello quando passa il controllore, ti chiede il biglietto e subito dopo puoi accendere la musica del lettore mp3, ruotare il tuo corpo verso l'esterno e scollegare il tuo cervello dal resto del mondo. Ed ecco che gli alberi iniziano a scorrere ad una velocità che nemmeno immagini. Come se anche loro stessero correndo insieme a te. Per non parlare delle siepi. Quelle sono ancora più affascinanti. Perché creano un fascio di colore continuo, intervallato da un palo della luce che ti ricorda che non stai viaggiando ad una velocità supersonica o verso un universo indefinito. Insomma. Sei solo seduto su un treno e stai vivendo il viaggio in una comoda prospettiva visione finestrino.

Tanto vale guardarsi intorno. Ci sono davvero tante persone attorno a me. Chissà se tutti stanno contemplando la situazione come sto facendo io oppure hanno qualcosa di più importante da fare e allora, proprio come dovrei fare in questo momento, ripassano la presentazione per la telefonata delle 11 con il cliente tal de tali che nel frattempo, in un altro punto dell'universo e in un'ora diversa dalla tua, sta ispezionando meticolosamente il caso, pronto ad incalzare con le sue domandine da esperto marketing, pronto ad interromperti in qualsiasi momento della videochiamata. Giusto per far si che tu perda la concentrazione e quindi fare la controproposta. Tutto al fine di strappare il prezzo che gli è stato commissionato dal capo.

Queste considerazioni iniziano a diventare davvero complicate e le 11 si avvicinano davvero velocemente. Esattamente come le siepi che corrono e vengono frenate bruscamente dal lampione.

Ma torniamo al nostro treno. E alle nostre persone. Non parla nessuno. O per lo meno, nessuno parla con nessuno. Ecco la situazione: posto a quattro, un tavolino a dividere il mio posto da quello di fronte. Ho sempre pensato che questa disposizione di posti è sicuramente la migliore per permettere a quanti più viaggiatori possibile di spostarsi ma allo stesso tempo avere di fronte uno sconosciuto è imbarazzante. Più o meno come incrociare lo sguardo del signore che racconta le barzellette alla stazione. Fortunatamente, io ho la prospettiva finestrino. Il che vuol dire evitare gli sguardi altrui con molta più facilità.

Ancor più bello il fatto di avere quella vetrata a disposizione. Come si trattasse di un personale specchio sul mondo. Una panoramica completa su quello che succede fuori e quello che succede dentro.

Per lo più, si tratta di persone che come me viaggiano sole. Fatta eccezione per quel gruppetto di ragazzi seduti ai quattro posti accanto alla mia fila. Tra le loro parole, riesco a scorgere un sacco di esaltazione per qualcosa. Ma per cosa?

E poi... si può essere più impiccioni di così? Insomma, cosa dovrebbe importarmene delle chiacchiere di quattro ragazzi con i quali non condividerò mai nulla?

Però loro viaggiano in compagnia. E sembrano felici. E quindi okay, sono costretta ad abbassare il volume della musica per capire a cosa devo tutta questa euforia. Chiacchierano delle cose i cui chiacchierano tutti i ragazzi: relazioni finite male, aneddoti di serate concluse troppo presto per un bicchiere di troppo e soprattutto l'attesa di vedere per la prima volta la capitale della moda e dell'arte. Progettano gli outfit e fantasticano sulle miriadi di cose che compreranno, finanze di mamma e papà permettendo.

Che bello vedere ancora qualcosa che unisce le persone. Che sia musica, un film, un evento mondano. In quel cappello, o in quelle scarpe non griffate ma che nel complesso danno l'idea di qualcuno che ci crede, scorgo la spensieratezza di chi ancora cerca di vivere la vita in maniera pura e carica di aspettative.

Mi piacerebbe potermi avvicinare a loro e scambiare due chiacchiere sulle ultime collezioni o su qualche aneddoto di vita vissuta, tanto anche io ero come loro fino a qualche anno fa. Ma temo che sarei fuori luogo.

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