5. BONSOIR PARIS

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The Breach

Dustin Tebbut

Era proprio l'appartamento adatto a me.

Era l'essenza di tutto quello che stavo cercando... una stanza dove raccogliere i miei pensieri e fare le mie considerazioni passate e future.

Ma procederei con ordine. Sono stata accolta molto calorosamente da Lucie e Denis, due signori che mi ricordavano tanto i miei genitori per modi e simpatia. Il criterio di selezione del B&B era il retrò, anche se al momento della ricerca sono stata colpita da un altro fattore fondamentale: La colazione. Si leggeva infatti sulle recensioni di TripAdvisor – vittima anche io dell'infame mondo dell'informatica, lo ammetto – che preparavano uno dei pani più buoni di tutta Parigi. È strano che tutte le storie mi riconducano al pane. Chissà come starà George...

Divago di nuovo.

Insomma, dopo una serie di luoghi comuni sul tempo e i complimenti sulla struttura, venni introdotta quasi come ospite d'onore nella saletta da pranzo adiacente alla reception per bere un buon tè. Proprio in quella sala ci raggiunse la figlia dei proprietari, Marie, la quale non mi sembrava esattamente l'emblema della simpatia. Mi scrutava quasi fossi un caso clinico e ricambiava ai miei sorrisi non perché lo volesse, ma per necessità di ruolo. In teoria sarebbe dovuta essere la mia concierge, ma per fortuna di entrambe lo scopo del mio viaggio prevedeva solo accompagnatori occasionali, per cui declinai l'offerta. Il che rese Marie visibilmente più leggera. Ma sempre poco simpatica...

Terminate le presentazioni, fui accompagnata nella stanza in cui mi trovo ora. Sulla porta d'ingresso c'è scritto "Bonsoir Paris" e l'interno non delude le aspettative che avevo dall'iscrizione sulla porta. Pareti bianche e una grande vetrata seguita da un balconcino che affaccia su un cortiletto interno dove sono disposti con minuziosa geometria dei tavolini rotondi in ferro battuto e qualche piantina di fresia qua e là. Un letto king size e un bagnetto semplice e raffinato.

Tutto questo bianco mi ricorda un sogno ricorrente nelle mie notti milanesi. C'è una stanza immensa con tante tende bianche e io sono seduta all'angolo a fare parole crociate mentre ascolto musica anni '50. La sensazione di serenità di quel sogno è la carica giusta prima di affrontare il grigio inquinato del cielo di tutti i giorni. Ma questo non è il mio sogno. Questa è una fuga dalla realtà che mi mette di buon umore contro la mia volontà generalmente molto schematica e calcolatrice. Riesco quasi a percepire le chiacchiere dei miei colleghi che confabulano qualcosa circa la mia assenza sul lavoro, cosa che non succede mai generalmente.

«E quindi qualcuno ha ricevuto l'ennesima proposta di viaggio a Londra eh? Lo sai che tutte queste trasferte possono significare solamente due cose? O ti vuole portare a letto, cosa improbabile dato che è vecchio come un nonnino e credo abbia tendenze più simili alle mie... oppure al mio paese questa cosa significa promozione bella mia... E pensare che sei arrivata solo un anno fa! Cosa non fai a questi ragazzi tu! ...eppure ti vedo di un male stellina, tutto bene?»

« Vai tranquillo Ale, sto solo scaricando lo stress dell'incontro di stamane e l'idea di preparare un'altra valigia mi urta a dir la verità.»

« Sempre con questa faccia scontenta... Te lo dico io che questa sera hai bisogno di festeggiare e quindi andiamo a farci un bel sushi pratico e poi vinetto su da me dai cocca...»

 « Facciamo quando torno da Londra? Stasera ho contorsion e ho già detto di no a quella... Che poi fa storie e io non ho voglia sinceramente. »

« Me lo prometti che stai più tranquilla però? E poi vieni da me a dormire da me? Ti devo raccontare un sacco di cose riguardo quel Riccardo della palestra... che praticamente poi alla fine quella sera mi ha seguito in spogliatoio e mi ha chiesto che prof...si arrivo! »

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