Capitolo 6

19 1 0
                                    

Ora che il mio corpo sembrava essere meno "sporco" mi sentivo meglio.
Avevo una strana compatibilità con quel luogo, mi sembrava familiare pur non essendo in grado di associare a nulla quella parola.
Decisi quindi di sperimentare ancora più a fondo quel meraviglioso posto incantato e disperso nel nulla.
Cominciai ad osservare le foglie e la terra, stranamente "pulita" nel senso che era come sabbia solo che più scura. Non c'erano formiche per esempio, l'unica cosa presente di tanto in tanto erano dei sassolini.
Mi sembrava di aver capito che avevo un buon senso dell'orientamento ed il territorio era tutto pressoché identico, non c'era un luogo dove era più sporco e un luogo dove era più pulito, anche il mare per esempio, non aveva stacchi di colore, era tutto dello stesso identico azzurro. Solamente in profondità era più scuro, come ovvio che fosse.
Beh, probabilmente ciò era dovuto al fatto che non abitandoci nessun essere vivente umano e animale non c'era inquinamento, di nessun tipo.
Io, a pensarci bene, ero colei che avrebbe potuto alterare la magia cristallina di quel posto. Ora che ci pensavo, buttavo i semi e gli ossi dei fruttini a terra, chissà se piantandoli sarebbero rinate altre piante.
Probabilmente si, ma quello che ancora rimaneva per me un mistero era il fatto che non ci fosse nessun tipo di forma animale.
A parte i gabbiani, parlo proprio di insetti.
Le zanzare per esempio, con il caldo soffocante che faceva, le api.. Era stra pieno di fiori di ogni tipo..
Ma queste domande per quale motivo me le ponevo? Ero per caso una qualche studiosa del campo? Perché erano argomenti al quale tenevo a dare una risposta e cercarla mi piaceva anche.
-Molto bene- mi dissi.
Perlomeno mi stavo ricominciando a conoscere, da qualche parte dovevo pur iniziare.
Fù quell'ultima parola a riportarmi indietro nel tempo:

"Iniziamo, il soggetto è pronto".
Chiusi istintivamente gli occhi, come se potesse essermi utile. Istintivamente l'uomo quando si deve proteggere da qualcosa o da qualcuno fa questa cosa per autodifesa ma in realtà non serve a nulla. Il dolore che stavo per provare era delirante.
Mi percorrevano ogni centimetro del corpo con delle scariche di corrente credo, per testare non so che cosa.
"Vi prego basta, io non ce la faccio più!"
Come se non mi avessero sentita mi bloccarono le mani e piedi e mi attaccarono quelle cose alle tempie.
Quegli aggeggi del quale disponevano arrivavano dritti dritti nel mio corpo, fin dentro al cervello e ogni volta era come se la mia testa faceva un reset di memoria per tutto.

E se fosse così allora? Non ricordavo nulla perché erano loro (chiunque fossero loro) a cancellarmi la memoria? Ma loro chi tra l'altro? E da quanto tempo?
Gli unici pochi ricordi che avevo di me non erano felici e non potevo non chiedermi la mia famiglia cosa ne sapesse di tutto ciò.
Ero tormentata dai ricordi di un qualcosa che non avevo vissuto, come un peso nel petto che non ti lascia mai.
Sapevo che quella tortura doveva avermi in qualche modo traumatizzata ed eliminato quello che non volevo ricordare ma era comunque devastante.
Avevo bisogno di ricordare perché quel vuoto che avevo nella mia testa insieme alla magone sullo stomaco non formavano un equilibrio e non sapere chi ero mi faceva sentire un'estranea di me stessa.
Guardai il mare davanti a me era infinito, ma la città dov'era? In che parte del mondo ero finita? Mi sarebbe piaciuto sapere almeno il percorso che ho fatto per scappare da lì e venire fin quaggiù, forse mi avrebbe dato un po' di pace.
Ad ogni modo non facevo altro che torturarmi, fin quando un'idea, probabilmente stupida, mi venne in mente.
Costruire una zattera e andare in mare verso la Terra ferma, verso la città, prima o poi sarei dovuta arrivare da qualche parte o no?
Ero veramente stanca di aspettare non si sa cosa, veramente stanca di parlare tra me e me e di pormi continue domande. Dovevo agire e fare qualcosa, in un modo o nell'altro dovevo capire e a mali estremi, estremi rimedi.
Mi misi subito a lavoro con un po' di ansia e titubanza, sapevo che non era sicuramente l'idea migliore del mondo, e sapevo che nelle condizioni in cui mi trovavo questa parte di mondo era più sicura del mare aperto sconosciuto ma, dovevo atterrare in un posto diverso e chiedere aiuto a qualcuno.  Avevo bisogno di vedere delle persone come me.
Detto ciò continuai la mia ricerca tra i boschi alla ricerca di pezzi di legno resistenti, e di un qualcosa che li legasse tra di loro e poi sarei partita.

***
Steven seppur titubante e disaccordo aiutò Mark e Gabriel alla realizzare di questo viaggio.
"Continuo a nutrire dei forti dubbi" disse.
"Ce li ho anche io ma, diamo un po' di fiducia a questo ragazzo".
Steven guardò Gabriel di traverso. Il nuovo arrivato si trovava sulla sua scrivania davanti al pc e sicuramente stava escogitando qualcosa per arrivare su quel pianeta.
Era minutino di corporatura per cui da quella distanza riusciva a vedere i capelli biondi che ogni tanto si tirava indietro (non aveva i capelli lunghi ma era giovanile con quel taglio sbarazzino che va di moda) e gli occhialetti da intellettuale che portava sempre.
"Certo che intelligente com'è, poteva anche dargli un nome un po' più figo. Tix ma che razza di nome?"
Entrambi risero, lavoravano insieme da anni.
A vederli vicino sembravano due persone totalmente opposte.
Il precisino Steven, con i capelli scuri sempre ordinati rigorosamente vestito in giacca e cravatta.
Il contadinello Mark, imprenditore e direttore della Nasa ben vestito nelle grandi occasioni ma per di più in jeans e polo per stare in ufficio con i colleghi.
"In effetti Tix fa un po' schifo". Rispose Mark.
In lontananza Gabriel stava progettando una navicella in grado di arrivare proprio lì sul Suo pianeta. Era entusiasta, certo un po' di strizza ce l'aveva, fondamentalmente si stava giocando il tutto per tutto, ma ne era felice.
"Allora Gabri come va il progetto?" Gli chiese Steven avvicinandosi.
"Per il momento bene, devo trovare qualcuno che mi sappia dare una mano per la realizzazione di questa nave. Saremo diversi suppongo, ci serviranno degli uomini che bene o male ci coprano su tutto, biologi, scienziati, astronauti ..."
"Per quello non ti preoccupare troppo. Mio cugino è architetto posso chiedere un consiglio".
Gabriel aggrottò le ciglia: "Architetto?"
"Si, lo so che costruisce case e non navi ma ne saprà sicuramente più di noi".
"Beh si certo, grazie comunque, pensavo che non ti interessasse questa cosa".
"Mi interessa molto. L'ho trovata solo molto azzardata, il tuo entusiasmo ha però coinvolto Mark che non lo vedevo così preso in qualcosa da anni e poi ci son dentro e farò del mio meglio".
Gabriel in tutta risposta sorrise. Non aveva capito molto bene il discorso che aveva fatto Steven su Mark ma non era abbastanza in confidenza con entrambi di conseguenza non disse nulla, magari avrebbe potuto approfondire il discorso più in là...
***

Si stava avvicinando la notte, la zattera era pronta ma non volevo partire con il buio.
So che prima o poi avrei dovuto affrontarlo ma preferivo ambientarmi salendo a bordo con il sole.
"Bene, ragazza senza nome, riposati che domani si parte" mi dissi prima di addormentarmi.

La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora