I raggi del sole mi svegliarono.
Era appena l'alba ma faceva già caldo.
Mi stiracchiai per bene e rimasi ancora 5 minuti con gli occhi chiusi, come ogni giorno appena sveglia speravo che tutto si sarebbe concluso in un sogno e che mi sarei risvegliata a casa mia, ma a questo punto dubitavo anche di averne una.
Avevo provato a farmi mio quel posto, tra escursioni, caccia ai pesci, bagni.. non era neanche male tra le altre cose l'isola in se per se, un posto meravigliosamente straordinario ma, non c'era nulla da fare.
Avevo tentato di sopprimere la curiosità che sentivo verso ciò che non conoscevo ma non ci ero riuscita. Volevo assolutamente scoprire se c'era un modo per arrivare da un'altra parte, non dico a casa mia ma perlomeno su un territorio dove ad abitarci ci fossero delle persone.
E l'unico modo per scoprirlo era partire.
Mi ero ripromessa di farlo presto quindi aprii gli occhi, mi misi lo zaino in spalla (per così dire, mi ero creata una specie di cestino con dei rami) e partii.
Per fortuna ebbi la scaltrezza di portarmi dei trochetti come remi.
Non vi dico dell'afa che sopportai. In mare aperto non ci son modi per ripararsi dal sole, non ci sono tratti di ombra. Per fortuna di tanto in tanto mi bagnavo senza tuffarmi.
Prendevo un po' d'acqua con le mani e me la gettavo addosso. Per via delle meduse, ne ero terrorizzata.
Onestamente non ero nemmeno più motivata come prima, il non vedere nulla se non il mare mi stava facendo perdere fin da subito le speranze. Ovunque girassi gli occhi non c'era nulla e dico nulla di diverso.
Mi sdraiai sulla zattera, lasciai che la corrente mi trasportasse, qualunque destinazione andava bene, l'unica cosa che importava era arrivare da qualche parte. Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a ritrovare le mie origini, la mia famiglia.
Era sicuramente tanto tempo che mancavo da casa, tra esperimenti di non so cosa sul mio corpo e il mio arrivo sull'Isola ...
Sentivo un dolore sullo stomaco, istintivamente accovacciai le gambe al petto, e chiusi gli occhi. Era il mal di mare. Chiaramente non conoscendo nulla di me, questa cosa non l'avevo presa in considerazione. Sbirciai solamente un pochino per capire quanto fossi distante dal punto in cui ero partita ed evidentemente tanto perché non vedevo più l'orizzonte, di conseguenza scartai immediatamente l'idea di ritornare indietro.
Non mi restava altro da fare che rimanere lì, a dare di stomaco di tanto in tanto..
Mi accorsi subito che stavo anche dimagrendo, come ovvio che fosse in quella situazione, per altro buttare fuori anche quel poco che mangiavo non mi avrebbe aiutata a tenermi in forze.***
- Chiamala.
-Chi.
- Sua madre.
***Sussultai e mi alzai di colpo in piedi.
Un flashback.
Mia madre.
L'avevano chiamata.
Si ma chi?
"- Ah pessima idea ragazza senza nome".
3 secondi ci vollero. Il tempo di elaborare il ricordo e di riaprire gli occhi che iniziai a vomitare, ma non era quello il peggio.
Caddi in mare.
Di colpo senti il corpo gelarsi dalla vita in giù, riuscivo a malapena a muovere le braccia, il resto del corpo era paralizzato. Sembrava come un'indigestione ma non poteva essere perché ero a stomaco vuoto.
Tra il mal di mare e quel frammento di ricordo non riuscivo più a concentrarmi sul come ritornare in superficie.
Vedevo i raggi riflessi nell'acqua e man mano mi stavo allontanando da quell'immagine, segno evidente che stavo scendendo sempre più in basso verso gli abissi.
Mi ero allontanata di parecchio quindi la situazione era un completo disastro.
E poi eccole di nuovo: le meduse.
Se iniziavo a muovermi sarebbero venute verso di me ma, se non mi muovevo ad un certo punto sarei senza ombra di dubbio, affogata. Era inevitabile.
Mi concentrati, non avevo molta aria nei polmoni, non so come ma lo sapevo. Nel cadere in mare non mi ero preoccupata di farlo e adesso mi dovevo far bastare le forze che mi rimanevano per tornare a galla.
Iniziai a sbracciarmi, tra braccia e gambe, cercai di risalire nuotando a rana più o meno.
Sentivo dolore mentre pian piano tornavo su, ma cercai di non pensarci troppo.
Cercavo di concentrarmi sulle mosse da fare.
La mia paura si trasformò in realtà, non distante dalla superficie, ma nemmeno troppo vicina una medusa mi attorcigliò una caviglia.
Questo non ci voleva.
D'istinto tentai di strattonarla verso il basso, ma non fu proprio un'ottima idea, l'animale marino mi strinse ancora più forte.
Era orribile, così viscida e così come dire, passatemi il termine, "gelatinosa".
Di un colore biancastro e violaceo, esattamente come me le immaginavo, o probabilmente le avevo già viste da qualche parte nel mondo, chissà quando.
Mi fermai, stavo terminando l'aria, ero esausta.***
Ore 2.39 P.M
"Ok Mark. La navicella è pronta, lo staff anche, possiamo partire, scusa l'ora".
Il direttore non dormiva anzi tutt'altro, era ancora in ufficio a ragionare sul da farsi. Non faceva altro che chiedersi se aveva fatto bene ad approvare l'idea di Gabriel.
Senza ombra di dubbio quel ragazzo era in gamba, era notte fonda e gli aveva appena inviato un sms, anche lui stava passando la nottata dietro al progetto Tix.
Ci teneva davvero.
"Va bene Gabriel, domani alle 9 passa da me in ufficio, pensiamo ai dettagli e alla partenza. Buonanotte".
Avrebbe messo piede su un nuovo pianeta. Lui, il suo staff, la sua vita.
Un passo per la scienza importante, un'occasione irripetibile.
Si, aveva fatto bene a rischiare.
90 giorni.
- 90 giorni.
***Raggiunsi la zattera a fatica.
La caviglia sanguinava, alla fine la medusa mi aveva lasciato andare.
Tossivo, e sputavo acqua. Stavo malissimo.
Ebbi solo la forza di rompere parte della stoffa del famoso top bordò per fasciarmi la gamba.
Non stavo capendo più nulla.
Ogni particella del mio corpo delirava, mi sentivo andare a fuoco e nello stesso tempo il mio corpo era un cubetto di ghiaccio.
"No basta, non ce la faccio". Dissi prima di perdere completamente i sensi.
Non so quanto tempo più tardi il vento mi fischiettava nelle orecchie, il solito gabbiano volava nel cielo azzurro, e non sentivo più le onde del mare a trasportarmi.
Aprii con calma gli occhi accecati dal sole e dal sale delle acque, cercai di vedere lo stato della mia caviglia ma era esageratamente troppo lontana dalla mia vista in quel momento.
Ero di nuovo sulla terra ferma, alla riva di un paesaggio nuovo ma non così diverso dalla mia isola.
C'era una sabbia praticamente bianca, attorniata da ancora un verde meraviglioso.
Oh no di nuovo.
Ancora un nuovo posto.
Ancora da sola.
E la mia zattera era frantumata.
Cercai di alzarmi ma caddi a terra.
Dolore.
La mia gamba, faceva male.
In quelle condizioni non potevo ripartire.***
Che dite?
Cosa succederà adesso alla ragazza senza nome?
Scrivetemi nei commenti e seguitemi anche su Instagram, scrivo diversi estratti, la mia pagine è @book_scrittrice ❤️
Buona serata :)
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La ragazza senza nome
Science FictionUna ragazza dai riccioli color corallo si risveglia in un'isola apparentemente incantata dal verde degli alberi e dai colori meravigliosi dei fiori, non ricordando nulla di se stessa e della sua vita. Come è arrivata fin lì? Da quanto tempo si trova...