Capitolo 8

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Nonostante tenessi gli occhi socchiusi le lacrime mi rigavano comunque in viso.
Non so se più per il dolore che provavo per la caviglia o per la delusione dell'aspettativa di arrivare chissà dove.
Avevo un groppo al magone, un macigno sullo stomaco, non si può spiegare.

*Ero di nuovo in balia di me stessa, rigettata in un luogo ancor più sconosciuto di quello di prima. Restare inerme su una spiaggia a cercare nel cielo una spiegazione a tutto quel delirio che era la mia vita*

Scrissi questo prima di urlare dalla disperazione.
Era come quando ero "atterrata" sull'isola il primo giorno, o perlomeno il primo giorno che ricordavo.
Non avevo quella stessa paura dell'ignoto ma sentivo molta più rabbia.
Se solo non fossi caduta in mare..
Se solo quel lontanissimo ricordo fosse ritornato in un altro momento.. Tanto cosa dovevo ricordare? Una famiglia che nemmeno mi veniva a cercare?
Stavo iniziando ad avercela anche con persone ipotetiche che non conoscevo.
La solitudine fa anche questo.
Il ragionamento comunque era chiaro e limpido come il sole. Lei sapeva. Per forza.
Me le ricordavo quelle frasi. Chiama Sua madre, ovvero la mia. Purtroppo ricordavo le voci ma non il luogo in cui mi trovavo in quell'istante di conseguenza non potevo dedurre se mia madre sapesse o meno degli esperimenti che facevano sulla mia pelle, ma qualcosa dentro di me mi diceva di si. E questa sensazione mi devastava di più di tutto il resto.
"Forza ragazza senza nome, alzati".
Mi massaggiai la caviglia per qualche secondo prima di darmi la spinta per alzarmi in piedi.
Zoppicavo ma riuscivo bene o male a muovermi.
Mi guardai intorno ma di primo acchito oltre ad alberi, e foglie non vedevo altro.
Era un pochino più triste dell'altra Isola.
Davo per scontato che fossero due luoghi diversi ma non potevo dirlo con certezza , magari mi trovavo a qualche centinaio di metri; ma non c'erano fiori, o cascate.
Andai verso il mare, mi lasciai accarezzare dall'acqua, avevo un assoluto bisogno di relax.
L'acqua del mare sulla mia caviglia era dolorosa ma sicuramente efficace, non avevo nulla con cui poterla bendare e curare per cui...

***
A livello tecnico era tutto pronto, ancora una notte e sarebbero partiti.
Quella sera c'era la classica cena dei saluti tra colleghi, amici e parenti di chi sarebbe partito.
Gabriel fece caso al fatto che per Mark non c'era nessuno.
Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma per la discrezione e la precisione che lo contraddistingueva non fece domande.
Tra spriz ,vino e pizza la serata si concluse con i soliti pianti delle donne che salutavano i mariti e le promesse di tornare più forti di prima e con delle novità pazzesche.
"Allora Gabriel ci siamo." Disse Mark mentre i due si salutavano.
"Si, son molto entusiasta."
"Anche io. Stamattina ho letto il tuo lavoro sulla navicella, non son riuscito a presentami in orario e discuterne con te perché avevo dimenticato di avere un appuntamento. Ci tenevo a complimentarmi in ogni caso, per i particolari e i dettagli precisi e minuziosi".
"Grazie Signore".
***

Avevo fame. Non conoscevo questo posto, non sapevo cosa offriva. Avrei dovuto ricominciare da capo. No non ero pronta. Non avrei mangiato quella sera, lo stomaco brontolava ma il senso di sconforto era più forte della voglia di cibo.
Non potevo ancora crederci, il mare mi aveva restituito ad un nuovo posto completamente desolato, ancora, ma era mai possibile?

- Datele da bere.
Una voce femminile  aveva detto così a qualcuno.
Legata mani e piedi una Signora, la stessa di sempre, avvicinò una bottiglia d'acqua alle mie labbra. Era calda, non mi dissetava.
Espressi un lamento di disprezzo
- O questo o niente. - mi disse la donna.
Bevvi , immaginando che da li a breve sarebbe ricominciata la tortura.
Avevo la gola talmente secca che non riuscivo nemmeno a parlare.

Decisi di non perdermi d'animo, e mi lanciai alla ricerca di legno per costruire una nuova zattera.
Non avevo nessuna intenzione di abbandonare il mio progetto di "fuga".
Non volevo a tutti i costi una famiglia ma volevo capire chi fossi, e volevo stare insieme alle persone e volevo scrivere. Scrivere qualcosa che qualcuno poteva leggere e magari immedesimarsi nelle mie storie.
Volevo ricostruirmi.
E lo avrei fatto, ricominciando da una zattera.
Questa volta l'avrei fatta più grande e più resistente e sarebbe andata bene, doveva andare bene.
Mentre riprendevo le forze vidi, nascosto nei cespugli qualcosa, una specie di cane o lupo, ma piccolino.
"Ehi, vieni qui".
Porsi la mia mano in segno di resa e amicizia ma l'animale sembrava essere diffidente.
Mi avvicinai con cautela notando che era di un colore rossiccio simile ai miei capelli e i suoi occhi erano scurissimi, dolci ma spaventati.
Tra l'altro era cicciottello quindi anche se solo, mangiava.
"Vieni, non ti faccio nulla".
Solitamente un animale lo conquisti con il cibo ma qui non c'era, apparentemente almeno, nulla.
Lui, pian piano sfregiò il suo muso dolcissimo alla mia mano, dandomi così segno della sua fiducia.
"Almeno non sono sola".
Lo accarezzai, felice come una bambina di aver trovato questo cucciolo. Finalmente almeno , non sarei rimasta da sola.
"Verrai con me, andremo via di qui insieme. Ho fame anche io, guidami tu, cerchiamo qualcosa da mangiare".
Sembravo una pazza a parlare con un cane da sola ma, sapevo che quel cucciolo di animale mi stava ascoltando. I suoi  occhi erano terrorizzati almeno quanto i miei. Magari anche lui come me, aveva provato una solitudine tale da non riuscir più a ritrovarsi.
Mi incamminai con lui verso il verde di quella foresta alla ricerca si cibo, legno, e un posto dove passare la notte.

***
Ore 6.35 A.M
Fu in quel momento che la navicella spaziale si staccò dalla terraferma e iniziò il suo viaggio verso Tix.
L'equipaggio contava 46 passeggeri, professionali, studiosi, scienziati e non solo.
C'erano anche medici e biologhi. Dovevano essere pronti a tutto e dovevano riuscire a darsi tutte le risposte alle domande che si sarebbero posti.
Il progetto era importante e le aspettative erano alle stelle, quello che non sapevano era la presenta della ragazza dai capelli rossi sul nuovo pianeta. Non potevano minima mente sospettare nulla di tutto ciò.
Eppure Gabriel dentro di se nutriva la speranza di trovare qualcosa o qualcuno. Aveva dimostrato che era un pianeta con una conformazione atmosferica che permetteva la
vita ma, la sua teoria era molto più vicina alla presenza di qualche forma vivente animale o al massimo extraterrestre, non umana.
***

- Ah, ma allora il cibo c'è.
Mi guardai intorno e insieme al mio nuovo amico mi accorsi della quantità di frutta varia, pinoli, e verdura, come pomodori verdissimi c'erano.
Quello fu il primo passo di ricostruzione di positività che feci prima di ripartire.

La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora