Capitolo 20

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"Non è così semplice" disse Ian quasi balbettando.
Non sapeva come spiegare a sua figlia tutto quello che era successo in quei mesi.
Maya era lontana, lontana anni luce. E chissà come stava.
"Cosa vuoi dire?" Stella pronunciava le parole quasi sospirando, con la disperazione nel petto.
"Tua sorella è lontana tesoro. L'ho portata davvero in un luogo inimmaginabile".
"E allora? Se l'hai portata via saprai anche dove si trova, di conseguenza possiamo andare da lei!"
Il silenzio caló improvvisamente in quella villa.
Sembrava come se una barriera protettiva fosse entrata a far parte di quelle quattro mura. Un silenzio assordante che pensava molto del casino che avrebbero fatto dei 15enni in una festa in discoteca.
Dolore. Ricordi. Dubbi. Ansie. Paure.
Il dolore di ricordare Maya che soffriva.
I ricordi della sua vita spensierata prima degli esperimenti.
I dubbi sulla scelta di averla portata lì in un pianeta nuovo, senza sapere se avrebbe potuto farcela.
Le ansie di come avrebbe potuto reagire.
La paura di averla definitivamente uccisa.
I brividi percorsero la schiena di Ian in quell'istante, deciso più che mai a raccontare tutta la verità a Stella, che si meritava più di chiunque altro di sapere che cosa fosse successo a sua sorella.
"Non possiamo andare da lei perché non si trova qui. Non su questa Terra. È complicato, ma è giusto che tu sappia perché avevo deciso che se fosse successo qualcosa anche a te, ti avrei fatto portare via".
"Dove papà?" Chiese Stella incredula e titubante. La confusione aveva invaso i suoi pensieri.
"Anni fa iniziai a fare delle ricerche, sugli alieni .."
"Nooo papà! Che centrano gli alieni adesso? Sapevo della tua mania ma è l'ultimo dei miei pensieri onestamente!" Urlò Stella.
Si mise le mani nei capelli disperata, pensando che anche suo padre fosse pazzo ma, quando rialzò il viso e incrociò i suoi occhi capii immediatamente che qualcosa non andava, e che le sue fissazioni centravano qualcosa.
"Ascoltami ti prego".
Una lacrime scorse il viso di Stella, che annui a Ian decisa a stare in silenzio ad ascoltare la sorte che era toccata a Maya e che sarebbe potuta toccare anche a lei.
"Dicevo ... Avevo iniziato queste ricerche con il mio amico Pietro. Ero scettico all'inizio, ero certo della loro esistenza o comunque sicuro di un'esistenza diversa da quella umana, ma mi son dovuto ricredere. Loro esistono ed hanno un loro pianeta molto simile al nostro".
Deglutii a fatica, guardò sua figlia che lo stava fissando con gli occhi ricolmi di lacrime e continuò:
"Quando tua madre ha iniziato a prenderla come soggetto per il suo stupido lavoro dentro di me sentivo una voglia matta di portarla via. Soffriva tanto, era distrutta dal dolore e ogni giorno vederla spegnersi mi uccideva. Ci ho messo un po' ma poi ho preso la mia decisione. Sapevo che qualsiasi posto lontano o vicino, con le conoscenze di Ellie al Governo e non solo ritrovarla sarebbe stato facile. Decine di comunicati stampe, polizia, guardie, spie ... Sarebbe stato il caso numero uno da risolvere. Io dovevo farla sparire".
Una lampadina si access nella mente di Stella che stava cercando, mentre suo padre parlava, di ricostruire tutto il percorso, tassello dopo tassello:
"Papà, hai portato Maya nel pianeta degli alieni?"

***

Come se non esistesse altro che un piccolo angolo di felicità. Immersa nei miei colori preferiti, nei sogni più intimi, con le creature più strane e magmatiche che avessi potuto incontrare. Un mondo parallelo e quasi surreale, il mondo di quelle disperse, che non si danno per vinte, mai.
Il mondo di quelle come me.
Ero sempre più convinta che in qualsiasi luogo mi trovassi, ero al sicuro. Lontana probabilmente dalle persone che amavo, ma anche da quelle che inevitabilmente mi facevano del male.
Cavolo, sarei potuta rimanere qui per sempre.

"Per sempre insieme, promesso?"
Una bambina mi stava parlando, ed io sembrava che la conoscessi.
"Promesso certo! Ma che domande fai Stella?" Le chiesi in quasi in tono di rimprovero.
Ci mettemmo a ridere e a correre nel prato, probabilmente il prato di casa nostra. Nostra?
"Ti voglio bene".
"Anche io tanto".

O forse no? O forse qualcuno mi stava cercando. Si ma chi? Stella? Allora Stella non ero io? Non era il mio nome?
Mi sedei a terra sulla sabbia bagnata e iniziai a metabolizzare quel ricordo. Erano più le voci a far da padrone che altro, ancora una volta i visi dei piccoli flashback che avevo erano lontani e confusi. Come se fossero sbiaditi.
Mi sentii di nuovo in confusione. Ero convinta di aver trovato almeno una risposta, almeno una certezza e invece no.
E se Stella non ero io, allora chi era. E perché la ricordavo sempre, più di me stessa?
Il nome di mia madre? No, ricordavo presso a poco una bambina.
Un'amica o una sorella?
Inevitabilmente sorrisi. Il pensiero di avere una sorella mi fece tornare il buon umore e speravo tanto che le mie supposizioni potessero essere il più vicino possibile alla realtà.
Nel frattempo uno di loro tornò. Era fermo davanti alla Sua capsula. Era quasi buio e lui indicando me fissò anche il cielo.
"Uhm no, mi sa tanto che mi sono sbagliata. Non mi chiamo Stella. E non so come mi chiamo".
"Aummm".
E no non aveva capito. Optai nel comunicare a gesti. Mi indicai e poi indicai il cielo e feci no con il dito indice.
Poi mi indicai di nuovo e feci spallucce, come per fargli capire che io non avevo idea di chi fossi. Adesso peggio di prima.
Mi fece cenno di avvicinarmi, il pensiero di rientrare in quella capsula con quel pavimento impossibile era davvero un incubo per me, ma avrei potuto lavarmi di nuovo.
Lo seguii e prontamente mi fece appoggiare al suo braccio per sorreggermi.
Mi portò in una stanza grigio - blu dove sembrava esserci uno di quei schermi giganti che fanno vedere tutto in tempo reale, come una telecamera.
Solo che era molto più bella.
Le immagini erano in alta risoluzione e da quello che di primo impatto capii era che quelle immagini che vedevo venivano dallo spazio.
Ingrandirono il tutto per farmi capire meglio forse, e girarono l'immagine che improvvisamente diventò in 3D e sembrava essere così reale che avevo l'impressione di poterla toccare e di essere nello spazio proprio in quel momento.
Con dei colori lineari e asciutti disegnarono un cerchio ⭕️  rosso, su una parte dell' immagine che aveva proprio l'idea di essere una navicella spaziale.
Dopo di che, rallargarono di nuovo la foto e tracciarono una linea dritta verso il luogo dove ci trovavamo noi. Sembrava come se quella navicella fosse diretta proprio nel nostro posto.
"Stanno venendo qui?"

***
43 giorni.
Erano partiti da poco più di un mese e le scoperte che avevano fatto di Tix li spaventava a morte o quasi. Non potevano tornare indietro, e non volevano nemmeno farlo ma il rischio diventava ogni giorno più pesante
***

"Si Stella, l'ho fatta portare proprio lì".

La ragazza senza nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora