Capitolo Sessantatré: Una Volta Lo Era

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"Qualsiasi cosa tu stia pensando, smetti di pensarla."

"Non ci riesco," Gli dico. "Ci sto ancora pensando."

"Posso spiegare," Mi assicura.

Mi appoggio allo stipite della porta. "Illuminami allora. Esattamente, perché sei nella mia stanza?"

Bennett sospira, poi si gira e va verso la finestra. All'improvviso la apre e mette un piede fuori.

"Aspetta, hai intenzione di buttarti? No, non farlo! Sei troppo giovane!" Esclamo.

Mi guarda. "Cosa? No, non ho intenzione di buttarmi. Perché hai pensato una cosa simile?"

"Mi dispiace dirtelo, ma l'uscita è da questa parte," Dico mentre indico la porta.

"Ti faccio vedere una cosa."

Salta giù dalla finestra. Corro aspettandomi di sentire il rumore del suo corpo che si sfracella al suolo, ma lo vedo fuori, in piedi, sulla scala antincendio. Per un secondo penso che sia in piedi su un tappeto volante come Aladdin. Conoscendolo, avrebbe potuto tranquillamente comprarne uno.

"Smettila di pensare che stia per buttarmi," Mi dice prima di tendere la mano verso di me. "Adesso muoviti, penso che ti piacerà."

Contenendo a malapena l'emozione, gli chiedo:"Vuoi mostrarmi il mondo?"

Batte le palpebre. "Cosa? No."

"E questo, Bennett, è il modo per distruggere tutte le speranze di qualsiasi persona," Dico mentre gli prendo la mano.

Mi aiuta a scendere sulla scala antincendio. È lo stesso punto da cui Bennett ha sparato Declan e Jordan con la pistola da paintball. Non sapevo che fosse collegata a camera mia, pensavo che fosse collegata a quella di Declan, che è proprio accanto alla mia. Bennett mi fa salire le scale per prima e poi mi segue. Una volta salito l'ultimo gradino, arrivo sul tetto dell'edificio.

Resto sbalordita dal panorama, vedo la città come la vedevo quando ero insieme a Jordan sul cartellone pubblicitario. Mi prendo un momento e faccio un respiro profondo, poi sorrido alla brezza leggera. Mi giro verso Bennett, che fa un piccolo sorriso. Ci sediamo sul cornicione dell'edificio, sicuri di non cadere per sbaglio e morire, e in grado di poter godere della vista.

"Mi sono reso conto che non parliamo molto, intendo da soli io e te," Dice Bennett.

Ci penso su. "Sì, hai ragione. Sei sempre stato quello silenzioso tra i tre." Mi fermo e rido.

Mi lancia uno sguardo. "Che c'è?"

Provo a trattenere un sorriso. "Stavo solo pensando che molte persone quando ti incontrano per la prima volta potrebbero pensare che tu sia un Avox."

Non ottengo la risata che speravo. Al contrario, mi guarda e basta.

"Hunger Games? I muti?"

No, niente.

"Lascia stare." Dentro mi sento una completa idiota, ho sprecato un riferimento ad Hunger Games che Jordan avrebbe capito di sicuro. "Non parli tanto e fai tanto quello calmo e distaccato."

"Distaccato," Ripete. "È una cosa brutta?"

"No, certo che no. Vorrei solo che ti aprissi di più con me- con noi."

Resta un attimo in silenzio prima di parlare. "Ci penserò su."

Sorrido.

"Scusa se non ti abbiamo parlato di questo posto," Mi dice. "Suppongo che volessimo tenerlo per noi finché sarebbe durata. La tua stanza era vuota e la usavamo soprattutto per salire quassù." Mi spiega. "Da quando abbiamo dato la stanza a te, in genere la usiamo quando non ci sei."

The Good Girl's Bad Boys: The Good, The Bad, And The Bullied (traduzione italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora