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«Oh Yoora, ti insegnerò io come cucinare degli ottimi mochi fatti in casa, Jimin li adora!»

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«Oh Yoora, ti insegnerò io come cucinare degli ottimi mochi fatti in casa, Jimin li adora!».

Un'altra cena di lavoro.
Un'altra serata in cui sua madre si era data da fare e aveva preparato tutto quanto da sola, un'altra serata a cui Jimin aveva dovuto prendere parte per non risultare scortese, nonostante avesse ancora tanto da ripassare prima della verifica di biologia che avrebbe dovuto affrontare la mattina seguente.

Sì, era vero che Jimin adorava le tortine di riso, ed era stato abituato a mangiarne spesso e in quantità industriale fin da piccolo, perché sua madre e sua nonna si divertivano insieme a preparargliele per merenda.

Le chiacchiere dei suoi genitori con la coppietta di futuri sposini erano sempre le stesse.
Suo padre e Taehyung erano ormai soliti parlare soltanto di affari e questioni che riguardassero esclusivamente l'azienda, mentre sua mamma e la bella ragazza trascorrerevano ore intere a ciarlare di cucina e di dolci vari.

E Jimin invece se ne stava al suo posto, con la faccia penzolante e quasi immersa nella zuppa di kimchi per quanto stesse cadendo dal sonno.
Non aveva fame, desiderava solo tornare in camera sua e finire di studiare gli ultimi capitoli, per poi buttarsi tra le sue calde coperte e dormire beatamente.

«...Ehm» con un colpo di tosse Jimin attirò l'attenzione, pronto ad annunciare che se ne sarebbe salito di sopra senza disturbare ulteriormente.

«La cena è stata buonissima mamma, e ho trascorso una bella serata in vostra compagnia... ma adesso dovrei proprio andare e finire i compiti per scuola» ovviamente si era annoiato a morte con tutti quei discorsi, ma a loro non lo avrebbe detto.
Sembrava però che il castano seduto vicino a suo padre lo avesse in un certo senso intuito, visto che emise un risolino nascosto alle parole del più piccolo, che lui notò.

«D'accordo tesoro, va' pure. Buonanotte» la donna lasciò un bacio sulla guancia del figlio, prima che questo scomparisse per le scale, diretto verso la sua meta.

Jimin non aveva alcuna voglia di rimettersi davanti a quella scrivania e memorizzare tutti i possibili quesiti che la professoressa avrebbe potuto far trovare nel test.
Era in generale stanco della scuola, dopo aver passato anni là dentro a soffrire, e non solo per qualche brutto voto ricevuto ogni tanto.

Ogni mattina non voleva alzarsi, perché camminare verso quell'inferno era la sua condanna a morte.
Un anno solo, si ripeteva in mente come mantra.
Solo un altro anno e avrebbe detto addio a quel mondo di dolore che lo aveva accompagnato per tutta la sua adolescenza.

Così si fece forza, e si sedette stavolta sul suo letto, con il libro sulle ginocchia e una matita tra le labbra, tentando di concentrarsi al massimo per terminare il prima possibile e godersi la sua meritata dormita.

E nel frattempo, di sotto si discuteva sempre della stessa roba, finché la mezzanotte scoccò e fu ormai tempo per Taehyung e la sua fidanzata di tornare nella loro villa a pochi chilometri da lì.

«È stato un piacere avervi qui stasera, vi aspettiamo presto per un'altra cena! Oh, e Taehyung caro... grazie per aver riaccompagnato a casa Jimin l'altro giorno, ce l'ha detto. Sei stato molto gentile» li ringraziò la padrona di casa, con un sorriso stampato sul volto.

«Si figuri signora Park, nessun disturbo per me. Si è fatto un po' tardi, penso che dovremmo proprio tornarcene a casa, non è vero tesoro?» Taehyung si rivolse alla sua ragazza, che annuì con un cenno e salutò adeguatamente i signori che li avevano ospitati, non prima di averli ringraziati per tutto quanto.

«Aspettami in macchina, voglio andare a salutare Jimin» aggiunse poi, dando una carezza alla signorina e sorridendole ampiamente.

E si incamminò per le scale di quella casa che non conosceva alla perfezione, deciso a voler dare di persona la buonanotte al figlio del suo capo.
Gli faceva tanta tenerezza.
Taehyung ormai considerava Jimin come suo stesso figlio, da quando l'aveva rinvenuto privo di sensi e traboccante di sangue sul ciglio di una strada.
Sentiva di avere il compito di proteggerlo, perché suo padre non poteva badare a lui personalmente, non essendo a conoscenza della situazione. Così, si era promesso che ci avrebbe pensato lui ad assicurarsi che Jimin stesse bene, da quel giorno.
Lo faceva per il suo superiore, ormai diventato suo grande amico, e lo faceva per il piccoletto stesso.
Nessuno si meritava di passare qualcosa del genere, sopratutto un ragazzino dolce come lui.

Una volta arrivato davanti ad una porta che riconobbe subito come quella della sua stanza, bussò delicatamente temendo di poter svegliare Jimin, magari già addormentato.
Invece non si era ancora messo a dormire. Non del tutto.

Taehyung non ottenne risposta, e nonostante ciò decise di aprire di uno spicchio il pezzo di legno, rivelando così un Jimin seduto a gambe incrociate, la testa retta dal suo braccio e gli occhi mezzi chiusi, in balìa del sonno.

Il castano rimase a fissarlo dalla soglia, imbambolato su quel piccoletto dai capelli color platino che gli ispirava tanto affetto.
Era carino, con le guance paffutte e schiacciate contro i palmi delle mani.
Assomigliava ad una piccola tortina di riso.

Si avvicinò cautamente, e si sedette sul suo letto, sussurrandogli appena qualche parolina all'orecchio.

«Jimin?».

Il ragazzo sussultò prima di riprendere conoscenza e accorgersi di chi gli stesse effettivamente affianco.
Che ci faceva il collega di suo padre nella sua cameretta?

«Mh?» si stropicciò gli occhi e cercò di mettersi impacciatamente a posto, pronto ad ascoltare cosa avesse da dirgli.

«Sono salito per darti la buonanotte, e beh, per dirti che è arrivato il momento di lasciare i libri e ficcarti sotto le coperte» rise il maggiore, trovando estremamente tenero il più piccolo.

«Mh, sì» Jimin sbadigliò, la bocca impastata e gli occhietti stanchi e socchiusi gli conferivano un'aria da bambino indifeso.
Taehyung non riusciva davvero a capire come si potesse arrivare a picchiare un esserino del genere.

«Riposati, domani andrà bene a scuola. Fidati di me.
Buonanotte» il maggiore si alzò, scompigliandogli leggermente i capellini sottili, per poi compiere un gesto spontaneo che colorò il volto di Jimin di viola, come le sue pareti.
Gli lasciò un piccolo bacio sulla guancia destra.

«B-Buonanotte» Jimin continuava a toccarsi il punto in cui aveva percepito il contatto con le sue labbra, sentendosi avvampare ovunque.
Era così strano, il fatto che gli avesse lasciato un bacetto come per augurargli una buona dormita?

E dopo che Taehyung uscì, lasciandolo in solitudine tra quelle quattro mura, Jimin realizzò quello che era accaduto.
Il sonno ormai se n'era completamente andato, e quella piccola azione che per il maggiore forse significava meno di niente, tenne sveglio il piccoletto per quasi tutta la notte, a pensare.

Improvvisamente, Taehyung lo stava trattando come se fosse il tesoro più prezioso del mondo, come se dovesse essere tenuto al sicuro a tutti i costi.

E poi, quel bacio?
Gli voleva davvero così tanto bene da dargliene uno?
Ma si conoscevano da appena una settimana, non era possibile.
No, non era minimamente possibile.

E allora, c'era davvero una spiegazione plausibile dietro tutte quelle paranoie?

HEAVENLY ; vmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora