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Era una giornata fredda di mezzo autunno, e Jimin camminava tranquillamente per andare a scuola come ogni giorno, con la speranza che in quella fredda mattinata, ad accompagnarlo verso la sua prigione giornaliera, ci fosse soltanto quel cinguettìo...

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Era una giornata fredda di mezzo autunno, e Jimin camminava tranquillamente per andare a scuola come ogni giorno, con la speranza che in quella fredda mattinata, ad accompagnarlo verso la sua prigione giornaliera, ci fosse soltanto quel cinguettìo di passerotti quotidiano e il rumore del venticello fresco di mezza stagione.
Ma invece, anche quella volta, gli schiamazzi provenienti appena alle sue spalle gli fecero capire che non sarebbe rimasto solo e indisturbato per la strada.

«Ehy, Jiminie? Jiminiee, fermati!» una voce che purtroppo conosceva molto bene lo fermò con tono ironico, e lo fece voltare di scatto, pietrificato sul suo posto.

Davanti a lui stava retta in piedi la sua più grande paura, la sagoma della persona che aveva infestato i suoi incubi per tutto il liceo, e che lo aveva tormentato proprio fino all'ultimo anno.
E Jimin era così sollevato che quelli fossero i suoi ultimi otto mesi in quell'inferno, perché non ne poteva più di essere sbattuto contro i lavandini del bagno, di tornare a casa con le labbra sanguinanti e dover poi mentire spudoratamente ai suoi genitori, per evitare che la situazione peggiorasse.

Voleva finalmente iniziare a vivere come un ragazzo normale, senza rimanere sempre in fondo alla classe in disparte, o al suo tavolino nella mensa, e ascoltare gli altri che ridevano di lui.

Dopo gli esami si sarebbe finalmente liberato di tutti, e avrebbe cominciato la sua vera vita all'università, un mondo totalmente diverso in cui non vedeva l'ora di entrare.

Deglutì al sentire quel nomignolo con il quale avevano preso tutti a chiamarlo, sostanzialmente per dargli fastidio di proposito.
Detestava quella gente con tutta la sua piccola e fragile anima.
Ma in quel momento ne era accerchiato, e cosa avrebbe potuto fare per sopravvivere e giungere a scuola sano e salvo?

Semplice, come al solito avrebbe subìto tutte le cattiverie che gli avrebbero rifilato, forse anche qualche pugno, e poi sarebbe corso il più lontano possibile.
Sì, se ne sarebbe rimasto in pace e per conto suo fino all'intervallo.
Allo schiocco di quella campanella che tutti aspettavano tranne lui, avrebbe di nuovo sopportato tutti gli abusi che il suo gruppetto di molestatori si divertiva ad escogitare, e poi avrebbe atteso fino alla fine delle lezioni per un ultimo round, finché non se ne sarebbe tornato a casa sua, stremato, e con un finto sorriso in volto per compiacere la sua famiglia bendata che non capiva il suo dolore.

«Come mai in anticipo? Paura di perdere l'autobus? Oggi vai a piedi, mi dispiace piccoletto» rise il più terrificante tra tutti i presenti, che lo squadrava da capo a piedi come fosse la sua preda preferita.
Era involontariamente capitato nella fossa dei leoni.

«T-Ti prego Jackson, lasciami stare» implorò con la sua vocina, sperando di fare pena al maggiore in quel momento.
Era l'unica carta che gli era rimasta, pregare affinché un po' di bontà e compassione colpisse in testa quel branco inferocito che non vedeva l'ora di sbranarlo.

HEAVENLY ; vmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora