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La campanella dell'ultima ora suonò,E Jimin non fu mai più allegro di uscire da quel posto tremendo che tutti si ostinavano a chiamare 'scuola'

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La campanella dell'ultima ora suonò,
E Jimin non fu mai più allegro di uscire da quel posto tremendo che tutti si ostinavano a chiamare 'scuola'.
Per lui era diverso, perché lì non aveva amici, non provava piacere nel sedersi ogni mattina all'ultimo banco e venire ignorato e maltrattato da tutti.
Per lui era un incubo, ma gli altri non se ne accorgevano.

Aveva trascorso quelle cinque ore ad annoiarsi sulla sua sedia di legno scomodissima, a disegnare qua e là sul libro di storia senza ascoltare veramente neanche una parola di quello che stesse spiegando il professore. In generale, non si era interessato di nessuno.
Se ne era rimasto con la bocca aperta e gli occhi incantati, totalmente immerso in dei pensieri sconnessi tra loro.

Prima immaginava Jackson e la banda che lo avrebbero nuovamente preso a calci nelle ore successive, poi passava a quello che avrebbe mangiato per pranzo, fino a che nella sua mente non osava perfino infiltrarsi quella estenuante visione che lo aveva perseguitato per giorni: il ragazzo castano dagli occhi cerulei che aveva avuto il coraggio di sfiorare la sua guanciotta rosea con quelle labbra perfettamente delineate.

E ancora, Jimin se ne chiedeva il perché.

Una volta varcato il grande portone blu dell'edificio, respirò profondamente l'aria di un inverno che stava spodestando l'autunno. Si percepiva poiché fuori iniziava a fare più fresco, e la notte giungeva già sul primo pomeriggio.

Si affrettò a raggiungere il parcheggio dove solitamente suo padre lo aspettava quotidianamente alla stessa ora, ma al suo posto notò un'altra macchina, che gli parve di aver già visto, ma che però non ricordava dei dettagli.
E quando vide scendere il proprietario, il suo cuore perse un battito alla vista del ragazzo che non vedeva da un po' di giorni.

Che cosa ci faceva Taehyung davanti alla sua scuola?

Il castano lo salutò allegramente, e Jimin non poté fare altro che avvicinarsi lentamente poiché ormai lo aveva visto, e non si sarebbe potuto sotterrare come tanto avrebbe voluto.
Si vergognava a morte di riparlare con lui, non sapeva cosa dire.
Una cosa però era certa: non avrebbe in nessun modo accennato a quella serata assurda, e al momento che ne era conseguito. Magari era una sciocchezza, e si stava solamente facendo troppe fantasie.
Davvero troppe.

«Jimin!» lo richiamò il maggiore con un sorriso, e il nominato si sciolse al suo solo nome pronunciato dalle sue labbra.
Non ne era affatto degno, di essere considerato da un essere tanto bello.

Improvvisamente pensava che Taehyung lo fosse veramente, ma di una bellezza rara e unica che non si trovava spesso in giro.
Forse addirittura non aveva mai visto nessuno che possedesse tutte le sue qualità.

«Ehm, c-che ci fai qui? E mio padre?» domandò il minore, grattandosi la nuca imbarazzato.

«Contrattempo a lavoro, mi ha gentilmente chiesto di venire a prenderti» sorrise il castano, mostrando una dentatura bianca e luccicante.
Non aveva nemmeno un difetto, e seppur ne avesse trovato uno, Jimin era convinto che avrebbe soltanto contribuito ad aumentare in qualche maniera la sua bella presenza.

«Ah, d'accordo» annuì il più piccolo, salendo in auto senza proteste.
Aveva accettato il passaggio perché non gli andava proprio di tornare a piedi.
Forse sarebbe scampato all'imbarazzo se avesse scelto l'ultima opzione, ma la stanchezza in quell'istante prevalse su tutto.

Una volta seduti, Taehyung avviò il motore e sfrecciarono via da quel luogo.
Jimin osservava il paesaggio dal finestrino, senza aprire bocca, mentre ascoltava le varie canzoni che passavano in radio e che erano un perfetto sottofondo alla scena.
Palazzi su palazzi, poi il parco dove si erano fermati insieme quel pomeriggio, e negozi vari scorrevano davanti agli occhi del bianco.
Ma ci volle poco per arrivare a casa sua, poiché dopotutto non era così lontana.

«Grazie per avermi riaccompagnato...di nuovo» aggiunse Jimin, accingendosi ad uscire subito dalla macchina.
Taehyung era stato molto gentile, e ringraziarlo in quel modo forse da parte sua era risultato scortese, ma d'altronde ci avrebbero sicuramente pensato i suoi genitori, invitandolo nuovamente a cena per ricambiare il favore.

«Aspetta, in casa c'è qualcuno almeno?» chiese quello, prima di lasciarlo libero.

«No, sarò da solo... ma mia madre tornerà questa sera perciò non importa» affermò Jimin, con la mente già pronta a buttarsi a peso morto sul suo divano senza fare più nulla.

«Sei sicuro? Se vuoi puoi venire con me nel mio appartamento, potresti mangiare con me e Yoora. Mi dispiace che tu debba restare qui» si offrì subito il maggiore, mandando così in panico Jimin che si affrettò a trovare una scusa per saltare quella proposta.

«Non preoccuparti...sul serio, me la caverò benissimo» sorrise, cercando di convincerlo in qualche modo senza apparire sgarbato.

«Jimin...» cominciò il castano, con un tono abbastanza turbato.

«...Non ho la minima intenzione di lasciarti da solo, per nessun motivo. Sono l'unico a conoscenza di ciò che potrebbe succedere e ciò che è già successo, e se dovessi ritrovarti con la faccia spaccata in due non me lo perdonerei mai. Mi sono fatto una promessa, e intendo mantenerla... perciò se non vuoi venire tu con me, allora resterò io» affermò deciso, senza batter ciglio.

Jimin spalancò gli occhi a quelle parole, che mai si sarebbe aspettato di sentire, tantomeno da Taehyung in persona.
Non lo avrebbe lasciato in casa da solo perché aveva paura che quelli stupidi ragazzetti potessero tornare a tormentarlo?

Jimin non riusciva a spiegarsi la ragione di tanta premura nei suoi confronti.

«C-Come?» gli chiese, incredulo.

«Resterò con te finché i tuoi non torneranno» ripeté quello, deciso a portare a termine il suo dovere.

«Ti ripeto che non ho cinque anni, so cavarmela... davvero, non ce n'è bisogno».

«Ma sì, ed è per questo che ogni volta lasci che ti ammazzino di pugni senza reagire? Perché sei forte? Mi dispiace, ma se dovesse accadere qualcosa al figlio del mio capo ci andrei di mezzo pure io... per essere stato tanto irresponsabile» e Taehyung sembrava irremovibile.

Jimin si morse le unghie in ansia, guardando dovunque pur di non incrociare i suoi occhi.
Cosa avrebbe potuto fare?

Niente.
Non lo avrebbe convinto, non ci sarebbe mai riuscito.
Non era bravo, né persuasivo quanto lui.

«Beh, allora v-va bene... se proprio vuoi» si arrese,
aprendo di seguito la porta di casa e accogliendo il suo ospite con cui avrebbe passato tutto il pomeriggio, nell'imbarazzo più totale.

HEAVENLY ; vmin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora