Incontro Scontro

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[LEXA]

Spengo il beep del cercapersone e corro trafelata lungo il corridoio per raggiungere la sala emergenza dalla quale è arrivata la chiamata.

Osservo per un attimo il corridoio pieno di paramedici, infermieri e medici che entrano ed escono dalle sale, mentre realizzo che nel poco tempo in cui mi sono assentata si è scatenato l'inferno.

Arrivo davanti alla porta della sala emergenza.

Mi fermo per un attimo e guardo attraverso il vetro il paziente che dovrò assistere.

Prendo un respiro profondo per allontanare il nervosismo che mi ha lasciato addosso quello che mi ha detto il Cancelliere.

Butto fuori l'aria e insieme ad essa anche la rabbia accumulata dentro di me, con un gesto deciso spingo le ante della porta, chiudo tutto il resto fuori, ed entro in azione.

Sono nel mio mondo, nell'unico luogo dove riesco davvero a staccare la mente, dove riesco a mettere tutta me stessa in quello che faccio.

L'infermiera Harper mi ragguaglia in modo puntuale sulle condizioni del paziente.

Quello che ho di fronte è un uomo bianco di 34 anni, che è stato colpito da una trave nel crollo di un palazzo. È privo di sensi, ha un esteso edema sul torace e respira a fatica. Le infermiere gli hanno già applicato la maschera dell'ossigeno.

Comincio a dare le istruzioni e a richiedere degli esami per capire meglio come intervenire, mentre inserisco un ago nel braccio del paziente per poter cominciare ad avviare una flebo.

In quel momento entra Lincoln, il capo sala, porta con sé un carrello con degli strumenti sterili.

"Dottoressa Woods mi scusi se non ha trovato tutti gli strumenti pronti, ma a causa del crollo di quel palazzo abbiamo avuto diversi casi in codice rosso e c'è stato poco tempo per riallestire le sale emergenza".

Lincoln cerca di giustificarsi, ma non ne ha alcuna necessità. È sempre così efficiente e preciso nel suo lavoro.

Distogliendo appena lo sguardo dal paziente, mi rivolgo a lui con un tono di voce rassicurante.

"Lincoln non ti preoccupare sei arrivato con gli strumenti praticamente insieme a me".

La sua risposta alle mie parole, è nel movimento appena accennato della testa e nei suoi occhi scuri e profondi che mi guardano e mi dicono che è tutto pronto, che faremo il nostro lavoro di squadra al meglio, come sempre, e che salveremo la persona distesa di fronte a noi.

In perfetta sintonia ci concentriamo sul nostro lavoro ed io lo sento dentro che in questo caso andrà tutto bene. Sono tranquilla e sicura delle mie azioni, so che finché sarò focalizzata sul mio paziente, il mio unico pensiero sarà questo e che tutto il resto tornerà a bussare ma non adesso, perché ora quella porta è chiusa.

Lincoln mi passa gli strumenti, anticipando le mie necessità prima ancora che io le esprima e le mie mani operano, come se non avessi bisogno di guidarle, sicure di quello che fanno.

Certe persone hanno dei poteri innati, e Lincoln è una di queste; lui è nato con la capacità di riuscire a tranquillizzare le persone ed era destinato a fare un lavoro nel quale potesse esaltare questa sua attitudine. Sono innumerevoli le volte che ho visto entrare in sala emergenza pazienti sotto shock, sofferenti, spaventati all'idea di dover subire un intervento, terrorizzati all'idea di non farcela, ritrovare la calma grazie al suo tono di voce profondo e sicuro e al suo modo delicato di parlare e accudire i pazienti, che potrebbe sembrare così in contrasto con il suo fisico possente, ma che invece rivela l'anima buona e gentile che c'è dentro di lui.

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