A Little Life [Parte Prima]

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Coppia: Choi JongHo x Kim HongJoong

Tema: Libero!

Rating: Verde 💚

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Jongho's point of view

La mia vita cambiò drasticamente in una notte di novembre, ma onestamente non poteva succedermi niente di meglio.

Ricordo ancora come mia sorella, dopo quasi due anni che non la vedevo, irruppe in casa mia con un fagotto tra le braccia, il viso inondato di lacrime e un'infinità di borse al seguito.

"Devi aiutarmi" mi aveva implorato singhiozzando, poi mi aveva lasciato in braccio il fagotto. Quello si era mosso e io per un pelo non lo avevo lasciato cadere a terra. Scostando un lembo della coperta che lo avvolgeva non credetti a quello che videro i miei occhi. Un bambino.

"Non ho tempo di spiegarti, devo andare" e senza darmi la possibilità di capire uscì dalla porta, lasciandomi scioccato e confuso, con una piccola vita tra le braccia.

Subito, nel panico più totale, chiamai il mio migliore amico, San, che da poco aveva avuto una sorellina. Mi aiutò, passandomi tutto ciò che era necessario o utile con un neonato: potevo anche non volerlo, ma non avrei mai lasciato un bambino così piccolo al suo destino.

Mia sorella tornò due giorni dopo.
Ci sedemmo al tavolo, il piccolo stava dormendo beatamente nel mio letto al piano di sopra ed io guardavo la ragazza, impaziente di avere spiegazioni.

«Chi è questo bambino?» Domandai, rompendo il silenzio per primo.

«Mio figlio.» Sgranai gli occhi e scossi la testa.

Subito dopo la morte dei nostri genitori e la vendita della casa di famiglia, due anni prima, lei era sparita nel nulla con la sua parte di eredità. Non aveva lasciato nessuna traccia di se ed io ero rimasto totalmente solo.
Mi raccontò di aver conosciuto un uomo, di essersene innamorata e di esserne rimasta incinta, ma a pochi giorni dal parto lui se n'era andato. Tre mesi dopo eccoci lì.

«Non posso tenerlo con me, Jongho. Non troverò mai nulla da fare nella vita con un bambino sulle spalle a ventidue anni.»

Non sapevo cosa dire, ero costernato ogni minuto che passava un po' di più, sopratutto perché avevo capito che lo stava scaricando a me. Non si sprecò nemmeno troppo per dire un misero "grazie" o chiedermi se avessi la possibilità di accoglierlo in casa mia.

«Verrò spesso a trovarlo.» Promise, ma evidentemente "spesso" significava "per una settimana".

Mia sorella sparì di nuovo da un giorno all'altro, e tutt'ora non ho idea di dove fosse finita.

A due settimane da quella notte, mi trovavo nel soggiorno della casa che mi ero comprato con l'eredità e i miei risparmi due anni prima. Il bambino era sdraiato sul divano, davanti a lui San si divertiva a fargli boccacce e coccole, io li guardavo pensoso. Allungai una mano verso l'esserino e gli sfiorai una guanciotta, lui sembrò come sorridere e mi afferrò la punta del dito con la sua manina, poi strinse forte.

In quel momento capii che quel bambino non sarei stato capace di lasciarlo a nessun altro. Decisi che lo avrei tenuto con me e fu la decisione migliore della mia vita.

***

Dichiarai di averlo trovato in strada e di volerlo tenere con me. Quando dissi di avere vent'anni mi guardarono male ma ero determinato  e questo non passò inosservato. Comunque, il mio reddito piuttosto elevato e il fatto che avessi già una casa intestata convinse gli assistenti sociali a lasciarmi il bambino.

𝘼𝙏𝙀𝙀𝙕 𝙊𝙉𝙀 𝙎𝙃𝙊𝙏Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora