Capitolo 5

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Dopo 10 ore di viaggio finalmente mancavano 15 minuti e sarebbe arrivato a casa della madre a Hirschville, il cuore incominciò a battere più velocemente, ma aveva riuscito a prendere controllo del proprio corpo, doveva essere forte, doveva capire la situazione.

Il padre soffriva di Alzheimer, lo avevano scoperto un giorno in cui il padre si perse nella strada per tornare a casa. Gli avevano dato 2 anni, prima che la malattia avrebbe preso completamente le sue cellule celebrali e avrebbe dimenticato lui e sua madre. Ma qualcosa stava andando storto, erano passati solo 6 mesi e i sintomi più gravi dovevano iniziare a manifestarsi solo dopo un anno e due mesi.

Bussò alla porta di casa, passarono circa 20 secondi dopodiché la madre aprì la porta. Aveva delle occhiaie, gli occhi persi e la voce di chi sapeva che mancava poco alla fine.

"Mamma sei in condizioni pessime, dov'è papà?" Disse Thomas.

"È di là, stamattina non riusciva a capire chi sono, entra e vai da lui, prima che sia troppo tardi figliolo."

Entrò in quella casa dove aveva passato la propria infanzia e adolescenza. Era rimasta la stessa, erano cambiate solo il colore delle mura, che da un arancione lieve, passarono a un colore molto più chiaro, tendente al verde.
Entrò nel soggiorno, dove c'era il padre sul divano che stava guardando la televisione. Si avvicinò molto lentamente a lui, quasi come se avesse paura. Come se non volesse salutarlo, per paura che non riuscisse a riconoscerlo, sarebbe stata la cosa più brutta che potesse capitare.

"Ciao Papà..." Disse semplicemente Thomas. Il padre si girò e guardò con aria confusa il figlio, pensava che fosse finita, che avessevdimenticato suo figlio ed invece una lacrima rigo il viso vissuto del padre.

"Figliolo..." Incominciò a piangere, si alzò e lo abbracciò.

"Ascoltami Thomas, non so per quanto altro tempo mi ricorderò di te, del tuo viso dolce, della tua voce. Ma sappi che io ti voglio bene sopra qualsiasi cosa, che farei di tutto per te. Sappi che puoi amare chi vuoi, baciare chi vuoi, basta che sia una brava persona." Si fermò perché la sua voce incominciò ad essere strozzata dalle troppe lacrime.
"Non sai quanto dolore immenso mi ha portato sapere che tra poco non saprò più chi sei, non sapere più come vivi, quanti figli avrai, con chi, se sarà un maschio o una femmina poco importa, basta che sei felice."

La lucidità con la quale stava parlando meravigliò perfino la moglie, Thomas rimase incantato da quelle parole, per riprendere subito dopo lucidità.

" Papà, non sforzarti troppo con la testa, va a finire che ti fai male come quando ti sei scontrato con il tizio che vende i giornali fuori al bar."

"Mi sono già fatto male alla testa?" Aveva già dimenticato. Ma Thomas non poteva soffrire in quel momento.

"Ma no Papà, hai capito male, lascia perdere."

Intanto la mamma era in un angolo che cercava di rimanere serena almeno in quel momento. Thomas abbracciò il padre e andò in cucina a parlare con la mamma.

"Sta peggiorando velocemente?" Disse Thomas.

"Si, ieri aveva addirittura problemi a parlare, succede così, ci sono momenti in cui è completamente lucido, altri dove non sa nemmeno dove si trova. E io sono così disperata Thomas, piango ogni giorno, e mi dico che domani si sveglierà non sarà più così, lui è stato l'unico uomo della mia vita e io non posso perderlo."

"Non lo perderai, sarà sempre Papà, diverso, ma papà."

Non sapeva se stava convincendo sua madre o se stesso. Non poteva stare male davanti a lei, doveva cercare di aiutarla, non di distruggerla ancora di più.
Subito dopo squillò il telefono, era Newt e lui rispose subito.

"Dove cazzo sei, porca puttana sono le 7 e 20, quanto ci vuole ad arrivare?"

"Newt non potrò venire..."

"Mi stai dicendo che io sto aspettando da 20 minuti qui inutilmente? Vaffaculo Thomas."

Newt staccò la chiamata e Thomas si sentì uno stupido per non aver avvisato il biondo che non poteva assolutamente andare. Aveva dimenticato tutto ed era anche giustificato, il padre stava morendo mentalmente e non poteva tardare un giorno in più.

La madre gli chiese chi fosse, lui rispose che era un nuovo amico. Decise così di lasciare un messaggio spiegando il motivo per cui non si era presentato al loro incontro.

"Newt, mio padre non sta bene, ho dovuto fare 10 ore di macchina per arrivare fin qui, spero capirai.
Ciao..."

Passò la notte lì, era troppo stanco per tornare a casa. Quando si svegliò prese il suo telefono e vide le notifiche dei messaggi.

Teresa 22:38
Thomas siamo venuti a casa tua io e Minho a farti una sorpresa, ma non c'eri, siamo preoccupati, chiamami.

Minho 23:11
Fratello dove sei? Siamo in pensiero, se stai facendo sesso con Newt vogliamo saperlo, facci sapere...

Newt 01:22
Potevi ricordare che avevi un'appartamento però, pensavo fossi più simpatico e più educato.
Buona vita Thomas.

Rimase incredulo davanti al messaggio di Newt, sentiva ribollire le osse, strinse il telefono, serrò la mascella e chiamò Newt senza pensarci. Una voce stordita rispose...

"Ma sono le nove di mattina che cazzo chiami?" Disse la voce stanca di Newt, si sentiva che si era appena svegliato.

"Non mi interessa un cazzo che sono le nove di mattina, ho letto il messaggio. Pensavi che io fossi più educato? Ti devo ricordare che mi volevi picchiare? Ti devo ricordare che mi hai solamente insultato tutto il tempo? Ti ho detto che mio padre non sta bene, che ho dovuto affrontare un viaggio di dieci ore, perché non sapevo se mio padr..." Stava per piangere, non era un buon segno per Thomas, poteva fare guai.
"Mio padre tra poco non riconoscerà chi sono, non saprà più il mio nome e io che faccio? Mi preoccupo della tua faccia di cazzo che mi dice che non mi sono presentato ad un incontro. Vaffaculo tu Newt, non ti conosco, non so chi sei, che vuoi da me? Perché non rispondi? Che cosa vuoi? Se ti faccio schifo, fammi almeno il favore di non parlarmi più."
Staccò la chiamata. Era fiero di sé, aveva messo le cose in chiaro con Newt, era la cosa giusta da fare. Non riusciva a capire nemmeno in momento importante come quello.

Scese le scale velocemente, la madre aveva già preparato la colazione e per un attimo Thomas ripensò quando ogni mattina scendeva quelle scale per andare a scuola, di quando la mamma gli dava dei baci sulla fronte e gli diceva di comportarsi bene.

La mamma però quella volta non parlò, era girata verso la finestra che avevano in cucina, Thomas capiva che qualcosa non andava, fece un respiro e parlò.

"Mamma? Stai bene?"

"No, Thomas abbracciami, stamattina ho salutato tuo padre e non capiva chi fossi. Sto così male figliolo, non mi riconosce più, che senso ha tutto questo?"

Thomas corse verso la madre e gli diede un abbraccio forte, quelli pieni di amore, di abitudini, quelli di tra una madre e il proprio figlio.

Rassicurò la mamma e gli disse che adesso sarebbe andato lui dal padre. Aveva paura, paura che non riconoscesse neanche lui e se fosse così, sarebbe stato il colpo più brutto per Thomas, peggiore di un coltello al cuore, peggiore di morire annegato. Perché tra morire e non ricordare più chi sei è la stessa cosa. Vivi, ma rimani un vegetale, un uomo strappato dalla sua vita, strappato dai suoi ricordi.

Mentre pensava quelle cose, andò in giardino, dove c'era il padre seduto su una sedia.

"Buongiorno Papà." Fece un sorriso a 32 denti.

La figura sulla sedia si girò.

"Chi sei?"

Loving adjustment {Newtmas} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora