Chapter 20 - Go get her, miss.

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"A voi lettori, che siete arrivati fino a qui, che avete fatto parte del mio viaggio, fino alle viscere dell'inferno, piangendo e gioendo insieme a me ad ogni minimo cambiamento, siete le uniche persone che non hanno mai avuto coraggio di giudicarmi. Non so per quanto altro tempo riuscirò a reggere questo strazio, non so per quanto tempo resisterò nelle mani di un pazzo. Perciò per quanto possa contare, adesso, vorrei solo dirvi grazie, per essere rimasti con me,e non avermi abbandonata mai."

Kath.





*12 ore prima*

Los Angeles.

Nella città degli angeli, in un palazzo quasi regale circondato da ragazze bellissime e colori sfarzosi, se ne stava un Tip nervoso che non riusciva più a dormire, ne ad essere sereno. Il suo umore peggiorava di giorno in giorrno,e piano piano se ne accorsero tutti. Lasciava il telefono squillare senza accorgersi che suonasse, il locale allo stato brado, senza un supervisore che si accertasse del funzionamento delle cose. La testa era altrove, il punto era che, non sapeva nemmeno lui dove fosse. E non perche l'avesse persa, ma perché si trovava nel punto esatto in in cui ero io,perché non potermi rintracciare lo stava facendo impazzire.

Il suo ufficio era incasinato, con le carte buttate a terra, non si faceva più la barba, passava ore davanti al computer a cercare un modo per rintracciarmi. Andava alla cieca, non sapendo come muoversi.

Gli serviva un aiuto, e sapeva esattamente a chi chiederlo.

Organizzò una riunione, lasciò la porta aperta e radunò l'intero staff, dicendo che tutti gli sforzi fatti fino a quel momento erano stati vani, e che tutti erano distrutti da qquesta situazione, tanto da non riuscire più a rendere nemmeno sul lavoro. Perciò li indusse a continuare le attività, lasciando a se stesso il compito di ritrovarmi, avrebbe fermato anche il tempo per farlo. Ma meno persone coinvolte, maggiore efficienza nel raggiunger il risultato.

"Chiamerò la polizia. Non posso fare altro. Ho questa sensazione che mi attanaglia lo stomaco,come se ci fosse qualcosa di terribile in corso, e non riesco più a dormire. Credetemi, è l'unico modo per..."

Non potè continuare il discorso perché, improvvisamente, qualcuno entrò dalla porta già spalancata, e senza presentarsi, esordì con una semplice frase.

"No. Non serve chiamare la polizia. Non vi saprebbero aiutare nel trovarla. Io si. Perché so esattamente dove si trova."

Fu un fulmine venuto ad illuminare la notte scura. Come una lampada accesa in mezzo ad un bosco buio. La conosceva quella donna, non di persona ma la conosceva molto,molto bene.

E anche volendo, nessuno avrebbe potuto affermare il contrario.

Susan Downey.

"Signora Downey, come fa a sapere del..."

Era talmente incredulo. Si alzò dalla poltrona di scatto con lo stupore e la speranza dipinti negli occhi. Avrebbe voluto riempirla di domande, sul perché fosse lì, su come avesse fatto ad arrivare lì, sul perché sapesse tutte quelle cose... Ma forse sarebbe stato meglio lasciarla parlare.

"Non preoccuparti, ho passato tanti anni accanto a quel pazzo di mio marito, e ho impararto acapire tutte le sue debolezze. E' talmete impulsivo che tutto questo sarebbe stato inevitabile. Mi dispiace solo che sia stata coinvolta la ragazza... Ma possiamo fermarlo in tempo, se ci muoviamo subito. All'istante".

Tip fece fatica a deglutire.

"Vuol dire che sa dove si trova Katherine?"

Lei annuì convinta.

Con la luce negli occhi, capì di aver trovato la sua pista da seguire. E non se la sarebbe lasciata sfuggire per niente al mondo.

"Come faccio a sapere che non l'ha mandata lui qui per creare un diversivo?"

"Non vedo mio marito da tre settimane. Non posso portagli i miei figli perché non so cosa arriverebbe a fargli. Ho...ho p-paura di lui." La voce della donna tremava a malapena, ma era decisa sul da farsi.

"Le basta questa come motivazione?"

Ora fu Tip ad annuire leggermente imbarazzato.

Passarono attimi di silenzio tombale.

"Andiamo a prenderla, Susan".

Radunò le sue cose, e in due minuti era pronto sull'uscio della porta, con una sacca tra le mani, pronto ad andare a prendere sua figlia.

La donna gli fece strada fino alla sua auto. Una ranger over di colore grigio metallico,immensa, e straordinariamente bella e forte. Come la sua personalità.

La donna mise in moto, vedendo Tip tenere la borsa in mano in maniera troppo meticolosa.

" Ha una pistola la dentro, non è vero?"

Si sentì spiazzato, non si aspettava quella domanda, non fatta dalla moglie del figlio di puttana che teneva in ostaggio la sua Kath.

"Non ho intenzione di usarla signora, ma se è veramente lui a tenerla segregata, non so se riuscirò a controllarmi quando me lo ritroverò tra le mani. "

"Mi guardi. Non lo faccia. Ci sono tanti altri modi per farlo spaventare. Tolga il proiettile. Glielo chiedo per favore. La porti con se ma la tenga scarica. Entrerò con lei, posso calmarlo. Ma la prego, tolga il proiettile."

Di fronte alla richiesta della donna, Tip non potè fare altro che ascoltarla. Aveva due bambini, e un marito che aveva perso la ragione. E di certo non voleva avere un assassino sulla coscienza. Voleva solo mettergli paura.

"Grazie. Sarà un viaggio molto lungo, si metta comodo. E qualsiasi cosa succeda, mi deve giurare che non si volterà indietro. "

Lo sguardo freddo di Tip sulla strada, deciso, senza ripensamenti, aveva già parlato per lui al posto della sua bocca.









Spazio Autrice.

Ragazze, ragazzi, ci siamo. Il prossimo capitolo sarà il finale di questa storia. Credo di doverlo dividere in due parti, perchè è uscito troppo ma troppo lungo. Grazie per essere arrivati fin qui, e grazie per, come i lettori di Katherine, non avermi abbandonato in questo viaggio.

Alla prossima, un abbraccio.

Gevs.

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